31. Everything to me

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Le ombre notturne, dense e profumate, si allungavano oltre le creste degli Urali, carezzavano il cemento insieme alla nebbia fitta della brughiera, quando Yael attraversò la pista diretta alle docce comuni.

Respirò l'umidità tagliente, si lasciò ferire dal suo odore terreno e, per un attimo, le iridi chiare si persero in un cielo stellato che sembrava impossibile.

La sua speranza era che il getto duro e impietoso dell'acqua, insieme ai residui di sangue e polvere da sparo, lavasse via dal suo cuore anche quel senso di amara nostalgia.

Si spogliò con calma nel bagno deserto, l'odore di sapone industriale e muffa che le solleticava le narici, mentre piegava con cura la divisa tattica e copriva il corpo con un asciugamano. Lasciò l'antibagno con un sospiro incastrato in gola e gli occhi d'ambra che evitavano accuratamente il lungo specchio nudo sopra la fila di lavabi in cemento.

Fu quasi sul punto di tornare sui suoi passi, quando lo scroscio improvviso di un sifone invase l'aria umida. Non era nei suoi piani incontrare qualcuno, tantomeno scambiare due chiacchiere, non senza vestiti.

Poi, di colpo, un rantolo basso, roco, il ringhio esausto e pesante di un animale in ambasce, risalì le pareti di piastrelle bianche, le vibrò dolce nel torace insinuandosi nello spazio fra i battiti. Lo riconobbe immediatamente, quasi quel respiro profondo e provato le avesse detto tutto ciò che aveva bisogno di sentire.

Il cuore le batteva un miglio al minuto, mentre raggiungeva l'unica doccia in funzione, le dita così strette all'asciugamano da sbiancare le nocche. Si fermò, stordita, a un passo dal cubicolo.

Sotto il getto bollente dell'acqua, nel vapore biancastro che si scioglieva in spirali fra le piastrelle e imperlava il corpo denso, Soap MacTavish le parve di una bellezza irresistibile.

Lo sguardo esitò con dolcezza sulle ciocche più lunghe della cresta mohicana sulla nuca rasata, languì leggero sui contorni tesi e possenti della schiena ampia, riconobbe ogni cicatrice che imperlava le scapole, le vene gonfie sulle braccia, il torace che si spandeva come un mantice ad ogni respiro, la vita stretta, il fondoschiena definito.

Non sembrava essersi accorto di lei e, d'altro canto, Yael non riusciva a muovere un passo.

L'osservò respirare per un tempo che le sembrò breve e lunghissimo insieme, in una stasi dolce, scandalosamente romantica.

Avrebbe voluto chiamarlo, confessargli cosa si agitava sotto la pellicola fine che avviluppava il suo rimpianto, ma le parole morirono nella gola impastata dal silenzio.

Invece, senza averle autorizzate, le dita fredde si allungarono verso la schiena umida, la pelle ruvida, sotto i muscoli tesi, scossa da un sussulto che le vorticò indiscreto sotto i polpastrelli.

Avvenne tutto nello spazio esiguo di un respiro, un paio dei battiti che le frullavano in gola.

Quasi senza averne registrato il movimento, Yael si ritrovò schiacciata sulle piastrelle sbeccate del cubicolo dal corpo piazzato, il braccio bloccato a mezz'aria.

Avvertì la nuca impattare contro la superficie smaltata in un tonfo sordo, una scintilla di dolore, e un gemito strozzato scappò alle labbra, mentre una mano enorme di Soap afferrava rapida il suo collo. La pressione dei polpastrelli le bloccò l'aria nei polmoni, forse lasciando un livido, riempì gli occhi di lacrime.

Nelle iridi blu Yael riconobbe lo sguardo affilato di un predatore, la mascella contratta, il petto che ansimava contro il suo e l'asciugamano che s'inzuppava lentamente ai loro piedi.

Forse avrebbe dovuto esserne spaventata, eppure, semplicemente, non lo era. 

Mentre la carotide pulsava frenetica sotto le dita ruvide del sergente, attese che i contorni attraenti del viso si ammorbidissero, la presa si allentasse quel tanto che bastava a farla respirare.

Wait for me || John "Soap" MacTavish (Call Of Duty) x OCDove le storie prendono vita. Scoprilo ora