21. Everything I ever wanted

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Due settimane più tardi Johnny si presentò alla porta di casa in piena notte. Yael avrebbe riconosciuto i tonfi ovattati degli scarponi tattici all'ingresso persino in capo al mondo.

Si alzò di scatto, il cuore in gola per l'improvviso picco di adrenalina, guadagnando il fondo del letto a tentoni nel buio denso della stanza. Per poco non inciampò nelle lenzuola che le si erano aggrovigliate fra le gambe, ancora intorpidite dal sonno.

Barcollò nell'oscurità che avvolgeva il corridoio fino alla cima delle scale, il respiro rapido e la testa leggera, vagamente confusa.

Di spalle, la figura enorme occupava indiscreta l'intera cornice dell'ingresso, la t-shirt nera così attillata sul torace da lasciar intravedere ogni muscolo che si fletteva al di sotto della stoffa, sottile e sudata. Lo sentì imprecare in un ringhio basso, quasi sussurrato, mentre, alla luce del cellulare, sfilava gli scarponi.

La dottoressa quasi non trattenne una risata, curiosamente, quello che le uscì dalle labbra, somigliava così dolorosamente a un singhiozzo da stringerle il cuore.

- Johnny. – lo chiamò piano, il tono dolce ancora impastato dal sonno.

MacTavish si voltò di scatto, drizzando il corpo massiccio, un lampo di sorpresa sul volto giovane e attraente. Le iridi blu trovarono le sue nella penombra falciata appena dalla luce obliqua del cellulare, sfavillanti, intense e Yael credette che l'aria fosse d'improvviso scomparsa dalla stanza.

- Leannan, ti ho svegliata? – grugnì, le sopracciglia scure che si avvicinavano sulla fronte in un piglio seccato e atterrito al contempo, le dita grandi che s'intrecciavano nervose alla cresta mohicana.

- Va tutto bene. – sorrise la ragazza di rimando, le braccia che d'istinto circondavano la vita, quasi a voler trattenere l'emozione: - Dio, quanto mi sei mancato. – ammise poi in un sussurro che s'infranse lieve fra le pareti strette delle scale.

Per un attimo, pensò che Soap non l'avesse sentita perché esitò per un tempo che parve lunghissimo. D'istinto si fece più vicina, abbastanza da captare il respiro cadenzato e profondo che rotolava nell'aria elettrica.

Un battito di ciglia, nient'altro. Non ebbe neppure un momento per pensare più lucidamente che le labbra del sergente coprirono le sue, sottraendole l'aria dai polmoni, quasi da quel respiro dipendesse la sua intera esistenza. Il corpo statuario, bollente che la schiacciava indiscreto alla parete ruvida dell'ingresso.

Con un respiro incastrato nella gola e il cuore in subbuglio, Yael cercò a tentoni il torso solido e umido di Johnny.

I polpastrelli s'insinuarono audaci sotto la maglietta, all'altezza della cintura, sfiorarono appena la peluria densa sui muscoli dell'addome e un gemito sfuggì di colpo alle labbra del sergente, un ringhiare basso, profondo.

Una singola mano ruvida trovò i suoi polsi e, da sola, li appuntò sopra di lei, forse lasciando un livido, l'altra cercò appiglio sui suoi fianchi, disperatamente. Poi sempre più in basso. Le labbra del sergente premute nell'incavo del collo, le ciocche più lunghe della cresta mohicana a solleticarle il viso.

L'odore familiare e terreno di carburante per aerei, polvere da sparo e tabacco rischiò di farla impazzire.

John MacTavish la faceva impazzire. 

Con ogni frase che le sussurrò ringhiando all'orecchio nelle ore che seguirono, Soap non fece altro che mostrarle quanto a fondo avesse sentito la sua mancanza.

Era incredibile come fosse capace di accostare delle plateali sconcezze alle parole più romantiche che qualcuno le avesse mai detto in vita sua. Soprattutto se mormorate fra le sue cosce madide di sudore, in un lampo delle iridi di quell'azzurro sfolgorante e sfacciato che, da solo, riusciva a fendere persino le ombre dense della notte.

Wait for me || John "Soap" MacTavish (Call Of Duty) x OCDove le storie prendono vita. Scoprilo ora