23. Made to feel joy

178 16 1
                                    

Nello statico ovattato e impercettibile della radio che gli ronzava nelle orecchie, la realtà sospesa dell'interno spoglio dell'aereo cargo sembrava quasi irreale.

Soap guardava distratto le ombre dense di fronte a sé, senza vedere realmente nessuno dei contorni, sfocati dalla turbolenza, della parete rivettata e delle cerate che avvolgevano il loro equipaggiamento.

Nel silenzio teso, l'aria rarefatta odorava della combustione dolciastra del sigaro del Capitano Price, mista al sentore metallico e pungente del carburante per aerei.

Le dita ruvide, protette dai guanti, saldamente ancorate al gilet da combattimento, la schiena distesa sull'acciaio che gli vibrava fin nelle ossa, ascoltava il ritmo lento del proprio cuore rimbombare nella scatola cranica costretta nell'elmetto rinforzato. In attesa.

Una volta raggiunta l'altitudine sufficiente, avrebbero ricevuto il via libera per saltare e, allora, forse, il fischio prepotente del vento avrebbe livellato i pensieri.

Fino a quel momento, però, era difficile distogliere il cervello dai ricordi. Fluivano in ordine sparso, come da una ferita aperta, accavallati, vividi.

Di colpo, Johnny, avvertì il battito accelerare nei timpani, ottusi dalle cuffie, e l'immagine di Yael apparve così chiara ai suoi occhi distanti da indurlo a cercare un appiglio più saldo sulle cinghie del gilet.

Doveva essere un giorno come un altro, il sergente era appena tornato da una missione e aveva sorpreso la dottoressa al bancone della cucina, le dita incollate alla tastiera del portatile e una tazza di caffè premuta alle labbra.

Non gli aveva dato neppure il tempo di salutarla, tanto velocemente era corsa da lui e, altrettanto rapidamente, le labbra della ragazza avevano incontrato le sue in un bacio disperato e commosso. Johnny si era sciolto in quel contatto come neve al sole, un sorriso irrefrenabile che si allargava sul viso ancora sporco di grasso e fuliggine.

Aveva strofinato il naso contro quello della ragazza in un'intimità difficile da spiegare e le aveva offerto il rifugio che cercava nel piano ampio dei suoi pettorali.

- Batte davvero forte, sergente. Non ti facevo così timido. – aveva sussurrato Yael, il respiro lieve a scaldare la stoffa della maglietta contro il suo cuore in subbuglio e le dita tiepide che vagavano sulla sua schiena.

Una risata roca, quasi nervosa, gli aveva risalito il torace in uno sbuffo sfacciato.

- Beh. Non è che sia stato baciato esattamente da chiunque, leannan. – aveva borbottato MacTavish sulle sue, ma bluffava, mentre le mani la attiravano ancora più vicina gli era sembrato che il mondo potesse collassare su quel momento di vicinanza istintiva e totale.

Sotto la pelle bollente, d'improvviso, il tremito, per quanto leggero, della ragazza gli era parso inequivocabile.

- Possiamo restare così ancora per un po'? – aveva sospirato, la fronte premuta al suo sterno e le onde morbide dei lunghi capelli scuri a solleticargli gli avambracci nudi.

- Per tutto il tempo che vuoi, bonnie. –

Forse era lì che Soap avrebbe dovuto riconoscere in lei i segni della paura, captarli con la cura maniacale con cui maneggiava un ordigno, con cui tratteneva il respiro prima di sparare, invece aveva scelto di ignorarli.

Far finta non le stessero scavando dentro con la stessa perseveranza del suo amore.

- Trenta secondi alla zona di lancio! –

La luce verde del segnale di via esplose sul tetto della carlinga, insieme al richiamo dell'istruttore di lancio, e la rampa si abbassò in un familiare stridio di pistoni. Il fischio assordante del vento invase l'ambiente, coprendo la violenza dei suoi ricordi.

Wait for me || John "Soap" MacTavish (Call Of Duty) x OCDove le storie prendono vita. Scoprilo ora