Maori ci si nasce, non si diventa.
Leigh
Dire che odiavo mia madre era sbagliato.
Non la odiavo, piuttosto ero costretta a sopportarla. Sentirsi parte di una società che tua madre disapprova... Be', non credo che qualcuno volesse essere al mio posto.Papà da piccola mi aveva sempre mostrato le tradizioni di cui per generazioni la mia famiglia faceva parte. Ero stata poi io a decidere che quel mondo mi appartenesse. E papà era felice di questo.
Al contrario, mamma aveva da sempre cercato in tutti i modi di allontanarmi da queste "sciocche e frivole idee", come sosteneva lei, e di avvicinarmi il più possibile al mondo del lavoro.
Perciò mi ero ritrovata a studiare pubbliche relazioni per entrare in un'azienda che, a detta di mia madre, reputava la migliore opportunità lavorativa per me.
Proprio per questo motivo, non avevo chiuso occhio tutta la notte. Papà era via per lavoro e non sarebbe tornato a casa prima di tre mesi. Lo avevo sentito poco prima per telefono e aveva alzato un pollice all'insù per poi dire con voce profonda e melensa:
«Ce la puoi fare tesoro. Conosci tua madre, è fatta così.»
E io lo sapevo che era fatta così. Ma papà mi aveva lasciato da sola nelle sue grinfie e non avevo idea di quanto l'avrei sopportata. Infatti, quel giorno stesso avrei dovuto avere il "colloquio della mia vita".
Mamma, in realtà, era più in ansia di me. Lo avevo capito dalla porta della sua stanza che, di notte fonda, non ne voleva sapere di chiudersi. Sentivo costantemente i passi di mia madre vagare fuori dalla mia camera.
E anche se avessi voluto dormire non avrei potuto. Perciò, ero più ansiosa del solito. Avevo fissato tutta la notte la parete della mia camera dove era dipinto uno dei soliti simboli maori.
Io non lo volevo fare quel colloquio. Non volevo entrare in quell'azienda. Io avrei voluto fare la biologa marina. Ma per mia madre non era tollerabile che non impiegassi le mie forze per il bene dell'economia.
Per lo stesso motivo, anche mio padre si era ritrovato costretto a rinunciare al suo sogno di tatuatore e dedicarsi ad un classico e noioso lavoro di ufficio. Aveva divorziato da mia madre troppo tardi per riprendere in mano la sua vita.
Quando i miei scoprirono del mio tatuaggio a forma di rosa ricamato dietro la schiena poi... Mio padre era felicissimo mentre mia madre riuscì a non parlarmi per un mese e mezzo.
Diceva che l'avevo delusa e che non mi riconosceva più. Per dirla tutta, diceva che non mi riconosceva più quando non facevo quello che voleva lei. Ma sapeva essere anche gentile...
A volte.
Per esempio, una volta mi aveva permesso di partecipare ad una di quelle feste maori che si facevano di tanto in tanto. Sapevo quanto le costava dirmi di sì ma, d'altronde, sapeva anche che ci sarei andata in ogni caso. Con il suo consenso o meno.
Perciò mi ritrovavo nel mio letto con lo sguardo puntato al soffitto e gli occhi gonfi ed esausti. Qualche fievole raggio solare varcava la serranda. E proprio in quel momento decisi di chiudere gli occhi e prendere sonno. Ci stavo riuscendo ma proprio in quel momento la porta si aprì di scatto.
«Sveglia! È tardissimo, sei in ritardo come sempre!» sbraitò mia madre iniziando ad alzare la serranda. Con la poca forza che avevo, sbirciai con la coda dell'occhio l'orario dalla sveglia.
Erano esattamente le 5:59 del mattino. Io avrei avuto il colloquio alle 11:00. Grugnai qualcosa e mi portai il cuscino sulla faccia. Volevo sotterrarmi. Improvvisamente, mia madre mi tolse di dosso le lenzuola.
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Kairos
RomanceLeigh è una ragazza di origini maori, suo padre le ha insegnato tutto riguardo la sua tradizione sin da quando era una bambina. Ma, frutto di un matrimonio travagliato, Leigh ha vissuto con una madre che si è sempre opposta alle sue tradizioni. Obbl...