Spezzare

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Non piansi neanche una lacrima,
ma mi allagai dentro.

Bukowski

Alastair

Non era da nessuna parte.
Quella cartellina era scomparsa nel nulla. Nick mi aveva richiamato una decina di volte come minimo. Mio padre, all'improvviso, si era fatto insistente. Voleva quella cartellina.

Io avevo sempre creduto contenesse vecchi documenti. E non sapevo perché adesso per lui fossero così importanti. Avevamo certamente altro a cui pensare.

«Allora? Trovata?» mi chiese Nick facendo il suo ingresso. Mi passai una mano stressato tra i capelli. «No, non c'è.» asserii rude. Nick scosse la testa impensierito.
«Questo è un disastro! Lo sai bene che non conviene metterci tuo padre contro. Soprattutto quando...», lasciò la frase in sospeso.

Ma io sapevo a cosa alludesse. Io c'ero dentro tanto quanto lui. Ero cosciente del fatto che se mio padre avesse scoperto tutto sarebbe saltato ogni nostro piano. E non potevo permetterlo. Non dopo tutto quello che avevamo fatto.

Sfilai una sigaretta dal pacchetto e me la portai alle labbra. Mio cugino mi guardò con gli occhi sbarrati.
«Ti sembra questo il momento di fumare?» mi rimproverò.

Gli lanciai un'occhiataccia. Fumare mi aiutava a calmare i nervi. Avevo scoperto che era l'unica cosa che riusciva a farmi calmare. Anche se adesso non era più l'unica. Ad ogni modo, fumavo di rado. Lo facevo solo quando sentivo la testa esplodere ed ero consapevole che non ero più in grado di controllarmi.

Osservai con disgusto il contenitore di pasticche sulla mia scrivania. E odiavo tutto della mia vita. Perché sapevo che continuavo a vivere solo per merito di quelle pasticche. Cercavo di prenderle il meno possibile ma il mio corpo cominciava a chiederne sempre di più.

Ma io dovevo resistere. Non dovevo abusarne. Perciò, avevo cominciato a non prenderle neanche più. Ma si era rivelato ancora peggio. Perché a quel punto i miei incubi mi assalivano facendomi svegliare nel cuore della notte sudato e affannato.

Sbattei le palpebre tornando alla realtà.
«Sono cazzi miei.» gli risposi. Nick sospirò rumorosamente e a quel punto entrò anche Dove nel mio ufficio. Le lanciai uno sguardo seccato.

«C'era una riunione nel mio studio di cui non ero al corrente?» Ma Dove ignorò le mie parole e incrociò le braccia al petto. Il seno pronunciato divenne ancora più visibile. Era oggettivamente una delle più belle ragazze che avessi mai visto.

Delle volte mi chiedevo perché non avessi mai ceduto alle sue lusinghe. Io che ero alla perenne ricerca di qualcosa avrei dovuto cascarci subito. Eppure, non era successo. Mi infastidiva soltanto quando cercava di provarci con me.

E io non sapevo davvero perché invece non avesse sortito su di me lo stesso effetto quella squilibrata che si era presentata da me con la pretesa di essere assunta e che era arrivata addirittura a ricattarmi per ottenere il lavoro.

«Mi hanno appena chiamata: la pubblicità è pronta. Ce la invieranno oggi pomeriggio.» ci informò. Per un attimo, mi si mozzò il fiato. Angioletto non era qui. Stavano ancora facendo i lavori sul suo piano. Mi affrettai ad afferrare il mio telefono per scriverle un messaggio.

'Vieni in azienda per le 18', le scrissi.
Sorprendentemente, mi rispose all'istante.
'No.'

Storsi la bocca in una smorfia nel leggere quel suo messaggio così secco. Non capivo perché fosse così restia con me. Eppure, con lei ero più gentile che con gli altri. O no?

Alzai lo sguardo su Nick e Dove che mi guardavano con la bocca schiusa e uno sguardo arreso. Ero consapevole che non mi avessero mai visto così. Come se me ne importasse davvero qualcosa. O, almeno, non mi avevano mai visto che mi importasse qualcosa in modo così evidente.

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