2.PERCHE' RIMANIAMO SEMPRE AL BUIO

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- Ma perché rimaniamo sempre al buio?

Stella sbuffa, scalcia via la pesante coperta imbottita e scende dal letto stringendosi nella maglietta bianca che le arriva alle ginocchia. I suoi piedi nudi battono piccoli tonfi morbidi mentre cammina veloce sul parquet freddo. Brrr, dice. Ennio, dal suo rifugio in mezzo alle lenzuola di flanella, la vede arrivare alla porta della stanza, accendere la luce, affacciarsi sul corridoio come a spiare la presenza di nemici misteriosi e poi sparire giù per le scale. Dopo qualche secondo arriva il suono di una sedia che viene spostata: Ennio immagina Stella che ci sale sopra e si sporge per raggiungere il quadro elettrico, appeso come un nido di rondini proprio sopra la porta. Si sente un forte clack, infatti, e la luce ritorna. Il televisore poggiato sopra la cassettiera si riaccende, e anche le lampade sopra i comodini.

Stella risale le scale. Rientra nella stanza e si tuffa nel letto lanciando un urlo da kamikaze. È stata giù pochissimo ma è già ghiacciata. Si sfrega contro le lenzuola e batte i denti. Ennio si allunga verso di lei e la stringe nel suo abbraccio, insinuando le gambe tra le sue per passarle più calore. Stella rabbrividisce, e gli poggia le piante gelide dei piedi sui polpacci.

- Ma sei morta? - le chiede Ennio. - Sembri una lapide di marmo.

- In una mattina di Febbraio - continua lei.

- In un cimitero di campagna - risponde lui.

- Dopo una notte di neve.

- Durante un inverno gelido.

- Nel paese più freddo del mondo - conclude Stella, e gli si stringe addosso affondandogli il viso nello spazio tra il collo e la spalla. Rimangono così, immobili, ad ascoltarsi respirare, finché lei lentamente si rilassa e smette di tremare.

- Ma perché restiamo sempre al buio? - dice.

- Mah. La casa è vecchia - sospira Ennio. - Bisognerebbe rifare l'impianto. E non so se a questo punto ne vale la pena.

Abitano lì da quasi due anni, e la casa è davvero vecchia. Prima apparteneva alla nonna di lui, morta a novantatré anni che lì dentro ci ha vissuto metà della vita, quasi sempre sola, senza riscaldamenti e - almeno all'inizio - con il bagno in cortile, da raggiungere tenendo alta una lampada, anche nelle notti di inverno come questa. La casa è anche grande, tre piani più cantina e soffitta, e fredda. Come una lapide, pensa Ennio. Ma è la sua casa, adesso. E per quanto malandata possa essere non gli ricorda mai, non gli ha mai ricordato, una lapide, una tomba o un cimitero. È un posto che ha sempre amato, fin da quando ci passava le estati da bambino. E ora che ci è tornato con Stella gli sembra di amarlo ancora di più. È come se tutto, improvvisamente e inaspettatamente, abbia trovato il proprio posto. Come se tutte le tessere che compongono l'universo abbiano trovato una collocazione. Come se il puzzle disordinato della sua vita si sia magicamente ricomposto. Quindi non importa se stanotte la casa è gelata, nulla importa davvero mentre lui stringe Stella sotto quelle coperte pesanti; e il bello è che Ennio sa che lei la pensa allo stesso modo. Per quanto riguarda il futuro, si vedrà.

- Ieri ho fatto un sogno - dice Stella. Tiene ancora il viso affondato tra il collo e la spalla di lui, e il calore e il soffio leggero del suo respiro gli solleticano la pelle. - Ho sognato che scendevo le scale per andare in cucina, e a metà corridoio c'era una porta.

- Che porta?

- Una che non c'era mai stata. Di legno. Che strano, ho detto. E ho fatto per aprirla. Ma quando stavo per toccarla ho capito che non dovevo farlo io, ho pensato che avrei dovuto aspettarti e fartela vedere. Perché nel mio sogno tu eri uscito, eri al lavoro.

- E come mai ti è venuto in mente adesso?

Stella fa spallucce. - Chi lo sa - risponde. - Forse perché sono scesa di sotto da sola. Proprio come nel sogno.

QUARANTASEIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora