24. IL PRETE

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Si ammalò, peggiorò, iniziò a ricoprirsi di piaghe e bubboni, a parlare lingue sconosciute e comportarsi in modo sempre più strano. Chiamai un medico, ma non venne a capo di nulla. Provai con l'ospedale, ma non ci capirono niente. Allora andai a chiamare un prete.

Il prete si presentò un lunedì pomeriggio. Volle vederlo, si chiuse in camera da letto con lui e vi rimase per più di un'ora. Alla fine ne uscì in punta di piedi, si fece accompagnare in salotto, si sedette su una delle poltrone, trasse un lungo sospiro e mi guardò.

– È vivo – sussurrò il prete, e le mani gli tremavano. – Ma nello stesso tempo non lo è, o non del tutto. Cambia il suo stato materiale rimanendo sospeso ai bordi delle due condizioni, mai completamente presente alla vita e mai totalmente concesso alla morte. Sembra che prima di manifestarsi nella sua interezza aspetti qualcosa che solo lui sa. Un incrocio di pianeti, un'eclisse, un'onda di marea, un sortilegio, un'evocazione o la benedizione di un Dio blasfemo, o di un demone, o di Lucifero incarnato.

– Assomiglia a un uomo – disse il prete. – Ma a guardarlo con attenzione, se lo si studia, se si cerca di guardare oltre la superficie, si può vedere che in realtà non ha nulla di umano, né nella forma del corpo che si trasforma in continuazione, impercettibilmente, e neppure nei suoni che emette, imitazioni di una vera voce. Anche il suo respiro, artimico, confuso e raschiante, non ha nulla a che spartire con quello che di solito si sente avvicinando l'orecchio a un corpo. E la sua pelle ha una consistenza diversa, un'elasticità inquietante, un odore dolce e acidulo nello stesso tempo. Anche i capelli sono diversi, anche se non saprei descrivere in che modo. E i suoi occhi... oh, i suoi occhi, poi... quando ti guardano sembra che ti entrino dentro, che ti esplorino fino in fondo all'anima, che ti mastichino e ti sputino dopo averti assaggiato.

– Si muove, anche – aggiunse il prete, confuso. –Ma dirlo è nello stesso tempo giusto e sbagliato, perché non lo fa come noi: scivola invece attraverso lo spazio come se la realtà fosse una barriera sottile e lui fosse in grado di strapparla, di bucarla, di lacerarla coi denti e con le unghie. Si sposta lentamente, ma sembra farlo in tutte le direzioni nello stesso tempo, e anche dentro e fuori dalle nostre coscienze. Come un verme in una tana, come un ragno al centro di una tela. Se lo si fissa sembra immobile, ma non appena si distoglie lo sguardo per meno di un secondo appare in un posto diverso, in una posa diversa, con un'espressione diversa.

– Vede – borbottò il prete. – Ma non lo fa solo con gli occhi, e non parla solo con la bocca e non sente solo con le orecchie. E quello che sfiora, non lo tocca certo usando solo le mani.

– Cerca – aggiunse il prete. E questo era vero, sì. Lo sapevo. Cercava sicuramente qualcosa.

– Mi vuole! – tremò il prete. Ma in questo caso forse era esagerato, o troppo pieno di sé, convinto che lui e la sua religione fossero più importanti di quello che erano in realtà.

– È malvagio! – strillò il prete. Ma anche questo lo sapevo già. Si poteva capire facilmente e io lo avevo fatto fin da subito, al primo sguardo, nell'attimo esatto in cui i suoi occhi, che conoscevo così bene, avevano iniziato a cambiare.

– È un abominio! – concluse il prete. – È figlio del demonio! È il male incarnato! La follia che prende forma! La fine della vita! Il peccato! L'abisso! L'orrore! E per questo va STERMINATO!

Quindi mi toccò ucciderlo.

Il prete. 

FINE

❤️♠️❤️♠️❤️♠️❤️♠️❤️

NOTE

Mai fidarsi dei sacerdoti. 

Ma a volte neppure dei genitori.

In questo racconto convivono echi di Harlan Hellison. Non perché ce li abbia coscientemente inseriti, ma se penso a questa storia è proprio quel nome che mi salta in testa. Anche lui ha avuto a che fare con "bambini" abbastanza terribili. Sempre che il mio lo sia, un bambino. Ma non ne sono tanto sicuro. Certe storie si scrivono da sole, e quello che non viene scritto,a volte, anzi credo spesso, neppure l'autore lo sa. 

QUARANTASEIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora