19.FRAMMENTI DI UN LABIRINTO

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Igor amava il suo monolocale. Una quarantina di metri quadrati, non di più. Un salotto con angolo cottura, una camera da letto separata dalla sala da mezza parete, un bagno e un terrazzino. Tutto qui. Ma quando la sera si ritrovava lì, solo, dopo una lunga giornata di lavoro, con la televisione accesa e una birra in mano, si sentiva la persona più felice del mondo, in pace con tutti, pronto a godersi l'abbraccio affettuoso di quelle quattro mura. A volte cucinava, molto più spesso ordinava una cena già pronta o tirava fuori dal frigo un surgelato. E a volte dormiva vestito, badando soltanto a togliersi le scarpe. Se non era pace quella, se non era perfezione, Igor non sapeva che altro poteva essere.

Un giorno, però, conobbe CaterinaMaria.

Uscirono insieme un paio di volte. Al cinema, a un pub, poi a cena. Alla fine del quarto appuntamento lui la portò a vedere casa sua, il suo gioiello. Le mostrò con orgoglio le pareti che aveva dipinto da solo di un bel colore azzurro, e i quadri Pop che aveva appeso alle pareti. Il suo scaffale di Action Figures, e le lucette luminose che lampeggiavano a ritmo di musica.

– Bellino – disse CaterinaMaria. – Ci vorrebbe giusto un ripostiglio dove sistemare le cose che non ti servono.

E quando la mattina seguente Igor aprì gli occhi, il ripostiglio c'era davvero.

All'inizio Igor se ne rimase a osservare quella stanzina cubica, priva di porta, che era apparsa come per incanto da un lato del suo salotto. Poi si alzò e andò a osservarla da vicino. Possibile?, si chiese. Possibile che non me sono mai accorto prima? Ogni altra spiegazione gli pareva impossibile. Un ripostiglio non può apparire così, dal nulla, dalla sera alla mattina, no? Comunque, già che c'era, ci infilò dentro la scopa, la paletta, l'ombrello e qualche altro aggeggio che stava in giro a impicciare. Alla fine,  gli sembrò tutto sommato una cosa molto comoda.

Quella sera aveva di nuovo appuntamento con CaterinaMaria: le raccontò della magica apparizione, ma lei non sembrò troppo impressionata.

– Sono cose che succedono – si limitò a dire. – Certo che comunque con un ripostiglio solo ci fai poco. Servirebbe allora anche un'altra stanza, se per caso devi ospitare qualcuno.

E il giorno successivo, neanche a farlo apposta, l'altra stanza era lì, a fianco della sua camera da letto. Una bella stanza sei metri per sei, con addirittura un piccolo bagno annesso. Igor rimase a fissarla a lungo, del tutto disorientato. Va bene uno sgabuzzino, ma un'intera camera da letto? E poi, usando quale spazio, visto che all'esterno il suo appartamento pareva identico a prima? Telefonò subito a CaterinaMaria; ma nemmeno stavolta la ragazza sembrò impressionarsi.

– Di stanze non se ne hanno mai abbastanza – commentò. – Magari collegate da dei corridoi molto lunghi che dividono la zona giorno dalla zona notte, e magari con dei saloni per gli ospiti, altre camere, degli studi, una camera per i bambini, un....

E apparvero tutte, accidenti se apparvero, una dopo l'altra, nell'arco di un mattino.

Igor, stupito come non mai, si trovò al risveglio ad affacciarsi dentro a un corridoio lunghissimo, che pareva non finire mai, pieno di porte su entrambi i lati. Si mise a percorrerlo e trovò stanze nuove, dai colori sempre diversi, che davano su altre stanze, che davano su altre stanze ancora, tutte senza finestre e illuminate da lampade, lampadari o luci al neon, e dentro le quali delle scalinate a chiocciola, o vere e proprie rampe con larghi pianerottoli, portavano a lunghe sale che si dividevano in sale più grandi o più piccole attraverso le quali, tramite dei larghissimi terrazzi interni, si poteva avere una visione dei piani sottostanti e di quelli superiori, e così all'infinito, all'infinito, e ancora all'infinito.

In un piano trovò una bellissima piscina olimpionica che pareva affondare fino a profondità abissali. In basso un seminterrato di forma rotonda composto unicamente da porte scorrevoli. In alto uno stupendo salone dalle pareti ricoperte di specchi. Più avanti un lunghissimo corridoio che procedeva a zig zag, ora in discesa e ora in salita. E più avanti ancora un'immensa sala da pranzo con al centro un lunghissimo tavolo di legno scuro, circondato da sedie dall'alto schienale. Tutte quelle stanze erano deserte, e quasi vuote. Solo di rado appariva un oggetto d'arredamento, un armadio vuoto, un divano, un tavolino con sopra una televisione, un sofà, una lampada a stelo, degli abat-jour, letti a una, due o tre piazze (con materasso o senza), scaffali a non finire carichi di libri (veri o finti), e quadri astratti appesi alla rinfusa. Un grande camera da letto gli sembrò un incrocio tra un asilo e una sala giochi, un'altra gli parve una sala cinema, un'altra ancora una gigantesca cabina armadio piena di ante scorrevoli, di alcune altre era davvero impossibile capire lo scopo, e un'altra ancora...

QUARANTASEIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora