28. LA RAGAZZA INVISIBILE

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Sì, sono sempre stata invisibile.

Finché sono stata bambina non è mai stato un grosso problema. La mia mamma era come me, il mio papà era come me, mio fratello maggiore era come me, e nel condominio in cui abbiamo sempre abitato venivano trattati bene. Certo, ogni tanto c'erano delle prese in giro, ma mai niente di serio. Eravamo benvoluti e rispettati, e mia madre mi ripeteva sempre che essere invisibile mi rendeva speciale. Era una specie di superpotere, come nei fumetti; e a me piaceva l'idea di essere una supereroina, anche se in realtà non combinavo mai niente di speciale.

Poi però sono cresciuta. E lì sono iniziati i problemi.

A scuola, lo vedrai, puoi far parte solo di tre categorie: i Vincenti, i Perdenti e i Simpatici. I Vincenti di solito sono belli, ricchi, popolari, ma spesso anche cattivi e stupiti. I Perdenti sono le vittime, e la loro vita è un inferno. Invece i Simpatici sono quelli che a forza di scherzi, battute simpatiche e comportamenti strani riescono a farsi accettare almeno un po' dal gruppo migliore. Certo, non saranno mai dei Vincenti, ma perlomeno non se la passeranno troppo male. Ed ecco: quando i miei compagni hanno iniziato a guardarmi male, a prendermi in giro... per evitare di diventare una vittima io sono diventata proprio una dei Simpatici. Indossavo vestiti strani (perché ovviamente i vestiti non scompaiono quando li indosso, e sono l'unica maniera che ha il mondo di vedere dove sono), parrucche assurde, trucco pesante, e mi impegnavo a dire cretinate e a fare scherzi buffi. A volte mi buttavo addosso del borotalco, così gli altri potevano più o meno vedere che faccia avessi. Una volta, uno dei Vincenti mi ha tirato addosso un barattolo di vernice bianca: ci ho messo una vita per togliermela di dosso, e quando sono arrivata a casa ho pianto; ma lì per lì non ho detto niente, e anzi ho finto di esserne divertita, e che fosse proprio una bella idea. Non prendertela con me: volevo solo essere accettata.

C'era un ragazzo nella mia classe che certe volte mi guardava da lontano. Parlavamo, di tanto in tanto, ed era sempre gentile, anche un po' timido. Non mi prendeva mai in giro, non faceva battute stupide, e anzi sembrava davvero incuriosito e un po' ammirato della mia condizione. Mi faceva domande serie, mi chiedeva della mia famiglia, e cercava di capire come mai fossimo così. Pensavo che il suo fosse un interesse "scientifico", diciamo così. Credevo volesse diventare uno scienziato, e mi vedesse come un soggetto da esperimento. Non ho mai pensato che potesse essere interessato a me come persona; e anche se a volte mi sentivo lusingata delle sue attenzioni, e andavo a cercarlo se vedevo che rimaneva troppo a lungo lontano, non mi è mai passata per la mente l'idea che per lui potessi essere davvero, prima di essere una Ragazza Invisibile, una Persona Affascinante. Ma un giorno, così, di punto in bianco, disse che gli piaceva la mia voce. È stato quello a far cambiare la percezione che avevo di lui: di colpo ha smesso di essere un qualsiasi ragazzo ed è iniziato a diventare importante. All'inizio, le rare volte in cui lui allungava la mano per stringere la mia, stupendosi del fatto di toccare della carne invisibile, io ridevo. Da quel giorno in avanti, invece, quei contatti hanno iniziato a farmi battere forte il cuore, farmi venire le farfalle nello stomaco e farmi arrossire... almeno credo, visto che non potevo vedermi allo specchio; ma mi sentivo le guance scottare, e in quei momenti ero proprio contenta di essere invisibile, altrimenti mi sarei vergognata a morte.

Il suo nome era Carlo, e anche se non era mai entrato nel gruppo dei popolari non era nemmeno una vittima, ma neppure un Simpatico. E quando la mia percezione di lui ha iniziato a cambiare, anche io ho lentamente smesso di esserlo. Ho iniziato anzi a vergognarmi dei miei comportamenti sguaiati, dei miei scherzi cretini, del mio modo di parlare a voce alta, delle stupidate che dicevo per farmi ben volere. Ho smesso di buttarmi il talco in faccia e di riempirmi le labbra di rossetto color fuoco. Ho iniziato a fregarmene di tutto quello che non era lui. I Vincenti erano dei cretini, tutto sommato: perché doveva importarmi di quello che pensavano di me? Perché ci tenevo così tanto a far parte del loro gruppo? Dopo aver conosciuto Carlo mi ero resa conto di non sapere più la riposta a quelle domande. Anzi, forse di non averla mai saputa.

QUARANTASEIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora