22. Ꙇ'ᥲρρᥱꙆ ᑯᥙ ʋɩᑯᥱ

752 49 16
                                    

l'appel du vide: ovvero il "richiamo del vuoto": è un'espressione francese che indica quella strana sensazione di chi avverte per esempio il desiderio di saltare sui binari mentre sta aspettando la metropolitana.*

——————————

Nel passato

Tic tac...il mio salotto era deprimente. Ci passavo ore intere e pensavo. Pensavo tanto, troppo.

Due anni. Due deprimenti anni passati in quel deprimente salotto.
Facevo sempre la stessa cosa quando tornavo da lavoro, mi stendevo sul divano e guardavo il soffitto. Solo il soffitto, nient'altro.
Poiché alla mia destra c'erano le foto del mio matrimonio. Orribili, non sorridevo nemmeno in una di quelle.

Alla mia sinistra foto della mia..perfetta famiglia.
Il soffitto era l'unica cosa che potevo guardare, la vernice era un po' sporca e consumata, aveva una piccola macchietta di muffa nell'angolo, ma non avevo voglia di riverniciarla.

Tic tac...odiavo il venerdì. Odiavo tutti i giorni della settimana in realtà, ma il venerdì era il giorno in cui loro tornavano presto a casa e avevano tutta la giornata libera.
Il venerdì era anche il mio giorno libero, che avrei tanto voluto passare con qualche amico, tipo Chan.

Okay lo ammetto, "qualche amico" è esagerato, avevo solo lui come amico. E la sua giornata libera era il mercoledì.
Quindi non era credibile dire che sarei uscito con lui. E avevo finito le scuse.

"Devo comprare le sigarette" l'avevo usata già 5 volte.
"Devo fare la spesa" l'avevo usata 7 volte e aveva funzionato grande, ma poi all'8 lei decise di iniziare a ordinare la spesa tramite un app, disse che odiava vedermi sempre fuori casa per qualcosa che si poteva anche fare in casa.

Allora la soluzione era una, non dire proprio niente e uscire direttamente.

Avevo sempre la stessa routine, alle 13:45 prendevo le chiavi di casa e uscivo, poco prima del loro arrivo.

Ma quel giorno era diverso. Quel giorno il peso che sentivo dentro era più forte, più pesante.

Tic tac....Mi alzai di scatto e controllai l'orario: 11:34.
Dovevo uscire, stavo impazzendo.

Non portai le chiavi, non perché le dimenticai. Semplicemente non avevo intenzione di tornare.

Camminai verso la stazione, volevo andare via. Ma dove? Dove potevo mai andare?

Il vento freddo mi spostava i capelli, mentre entrai dentro l'edificio senza idee su dove andare.
La confusione della stazione dei treni mi faceva stare bene, perché non pensavo. Tra le voci sommesse la mia mente si rilassava.

Non avevo niente con me, nemmeno il mio telefono. Nessuno doveva trovarmi.

La panchina su cui mi sedetti per aspettare il treno era stretta, c'erano troppe persone sopra.
Tra cui una donna una po' paffuta, che emanava una puzza nauseante. Sapeva di cipolla.
Così mi alzai e feci qualche passo in avanti.

"Non oltrepassare la linea gialla"

Quel giorno lo ricordo benissimo, ricordo tutte le emozioni che stavo provando. Ricordo la confusione nel mio cervello. E ricordo che improvvisamente tutto smise di fare rumore.
Un silenzio assurdo, quasi stordente.

Ci fu un momento, quando ero sui binari. Un  momento che avrei voluto non avere, ma che fu così vivido e reale che non avrei mai dimenticato.

Un pensiero fisso. Riuscivo a sentire solo quello.

Buttati.

Sembrava così lontano, ma era vicinissimo. Come se qualcuno me lo stesse sussurrando all'orecchio.

Basorexia. [hyunlix]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora