11. ƙᥲɩɾo⳽ᥴꙆᥱɾo⳽ɩ⳽

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kairosclerosis: desiderio che il momento felice che stai vivendo duri per sempre.*

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C'era qualcosa in quella giornata, che non era andato bene.
Mi ero svegliato di buon umore, la giornata precedente l'avevo passata con Hyunjin, il nostro primo appuntamento e, quel giorno, l'avrei visto di nuovo.
Quindi non potevo assolutamente svegliarmi di cattivo umore.

Il mio pantalone preferito. Ecco cosa non andava.
Nonostante ci fossimo incontrati già un milione di volte (alcune di queste in vesti abbastanza discutibili, altre quasi completamente nudo) volevo apparire quantomeno attraente.

E l'outfit che avevo pensato la sera prima era perfetto, quei baggy jeans che facevano sembrare il mio sedere più grande e la larga maglia che mi dava un aspetto più esile. Avevo anche aggiunto quel filo di trucco, che non aggiungevo da quando avevo iniziato a frequentare...Jackson. A lui non piaceva che mi truccassi.

Era tutto perfetto, se non fosse che non trovavo più i pantaloni. Questo perché mio padre, quando io non ero in casa, entrava nella mia stanza e "metteva in ordine" le mie cose, toccando e sbirciando qua e là.

Odiavo così tanto quando metteva le mani sulle mie cose che, ogni volta che uscivo, mi assicuravo di chiudere a chiave la stanza.
Ma, se i continui lamenti e "rimproveri" da parte mia di smetterla non lo fermavano, di certo non l'avrebbe fermato una porta chiusa.

«Pa' dove sta il mio pantalone?»

«E io che ne so?» roteai gli occhi.

«Sei tu che tocchi la mia roba!»

«Io?? Io non ho fatto niente!» bugie su bugie.

Narcisista del cazzo.

«Ah no? E i vestiti si sono buttati in un buco nero e sono magicamente spariti?»

Non aveva mai ammesso l'evidenza. Anzi, non avevo mai sentito mio padre dire "scusa, hai ragione tu", né con me né con altri. Era fatto così, aveva sicuramente un disturbo narcisistico non diagnosticato. Mentiva continuamente, nonostante gli sbattessero la verità sotto gli occhi.

«Stavo cercando il mio caricatore.» mentì ancora.

«Nella mia stanza? Dentro il mio armadio? Devi smetterla di toccare la mia roba!»

Lui girò gli occhi al cielo, smettendo di parlarmi e intimandomi di andare via (o a quel paese, cosa molto più probabile) con un gesto della mano aperta e dita chiuse facendo piccoli scatti dal basso verso l'alto.

Che nervi.

Avevo fatto tardi, dovevamo pranzare insieme a breve, mi stava venendo a prendere e invece di essere già pronto, stavo ancora cercando quel maledetto pantalone. Non potevo mettermene un altro, doveva essere quello e basta.

[Hyunjin] Bimbo sono giù.

«Cazzo!» sussurrai.

Presi un altro pantalone sbuffando e, mentre saltellavo per infilarmelo, caddi a terra.
La testa era rivolta sotto al letto e, miracolosamente, trovai i baggy jeans che avevo programmato di indossare.

Li misi velocemente, scendendo subito le scale e uscendo di casa.
Entrai nella macchina, salutandolo con un "hey" e allacciandomi la cintura.

Hyunjin
«Hey? Che modo di salutare è "hey"?»

Mi prese il volto con una mano e mi lasciò un bacio a stampo, facendomi avvampare. Mi faceva sempre lo stesso effetto.

Hyunjin
«Così si saluta.» si allontanò soddisfatto.

Basorexia. [hyunlix]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora