Capitolo II

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Un vento freddo e pungente soffiava da Nord. I rami secchi degli alberi si spezzavano sopra di lei come fossero grissini e spazzati via nel buio più oscuro. La pioggia scendeva copiosa e non si riusciva a intravedere nulla davanti a sé. Era completamente bagnata. Sola, in mezzo al bosco, in mezzo a quella tempesta. Il vento ululava tra gli alberi e non le permetteva di sentire se qualcuno la stesse cercando. Si mise a camminare, passi lenti e timorosi, ma tutto le sembrava uguale e ben presto si rese conto che stava camminando in tondo.
Era buio e aveva perso la cognizione del tempo. Non capiva se stesse andando nella direzione giusta. Ma qualunque sentiero prendesse, alla fine, si ritrovava sempre al punto di partenza.
" Dove sono? Perché non riesco a trovare la strada?" Pensò. " Perché lasciarmi qui da sola? Sono troppo piccola per cavarmela da sola."
Piangeva. Gridava. Nessuno la sentiva.
Guardava davanti a sé, nel buio più assoluto. Tra gli alberi vide un paio di occhi gialli, poi quattro, sei e man mano andavano ad aumentare.
Scappò via, impaurita. Cadde a faccia a terra immergendo il volto nel fango. si alzò sulle ginocchia e si guardò le mani; erano sporche di sangue.
- Mamma, papà, dove siete? - urlò singhiozzando.
Davanti a sé vide una figura che giaceva morta. Aveva gli occhi aperti, spalancati, fissi su di lei che la osservavano. Riconobbe la madre in quella figura.
Andria allungò il braccio e afferrò la figlia.
- È tutta colpa tua se siamo morti. Sei solo una figlia ingrata ed egoista. Tuo fratello è morto a causa della tua negligenza.- sbottò.
Eiwen riuscì a divincolarsi e a scappare. Dietro di sé, Andria continuava a gridare " È solo colpa tua."

Si svegliò di scatto. Seduta sul letto fissava il buio attorno a sé. Aveva il cuore in gola che le batteva forte come se volesse scappare via da quell' incubo. Aveva il respiro affannoso come avesse appena fatto una folle corsa.
Il corpo intriso di sudore e le lenzuola umide appiccicate al suo corpo come se fosse stato un secondo strato di pelle.
" Era solo un sogno. Un brutto sogno." Pensò.
La porta si aprì lentamente ed entrò una giovane donna sai capelli castani. Un viso gentile e roseo. Era Tyara, la sua migliore amica. Da quando la sua famiglia era stata trucidata dagli gnomi, nei boschi, non l'aveva mai lasciata sola.
- Di nuovo un brutto sogno?- le chiese preoccupata.
Eiwen annuì facendo un cenno con il capo. Non aveva tanta voglia di parlarne; negli ultimi tempi era molto silenziosa e nervosa.
Tyara le aveva preparate gli indumenti per l'addestramento. Erano molto leggeri, di un colore verde scuro. Li guardava, poggiati ai piedi del letto. Aveva deciso di intraprendere quel cammino contro il volere dello zio, solo per poter vendicare la morte della sua famiglia.
Il dolore che provava era immenso, ma la voglia di vendetta era maggiore. Non le avevano solo rubato l'infanzia, ma era stata anche sfregiata. La avevano tolto la femminilità, facendola assomigliare ad un mostro, un mostro riluttante come loro.
Con occhi ostili guardò Tyara e la fece uscire.
Si alzò dal letto e si avvicinò alla finestra accanto al letto. Tirò via la tenda e il sole, già alto nel cielo, entrò con violenza nella stanza.
I suoi uomini erano nei giardini, che si allenavano con le spade, capitanati da Hurian, il suo secondo in comando.
Ormai erano giorni che non usciva da palazzo, saltando gli allenamenti e facendo infuriare il re.
Il re era preoccupato per il suo atteggiamento tanto scontroso e più di una volta era stata ripresa. Ma lei non gli dava retta, lasciandolo parlare invano.
Si vestì e si avvicinò allo specchio per lavarsi il viso. Osservando il suo aspetto tirò un pugno contro il vetro dello specchio, frantumandolo. Lentamente, iniziò a sanguinare. Ma non le importava nulla. Dentro di sé, si sentiva distrutta, arrabbiata. Vedersi in quello stato la faceva soffrire, ma soprattutto, vergognare di sé stessa. Tre lunghe cicatrici le attraversano il volto. Si sentiva un mostro. Una vergogna per il popolo elfico.
- Dovevo morire anche io.- si disse allo specchio, guardandosi negli occhi.
Si fasciò la mano con un lembo di tessuto strappato dal lenzuolo e uscì dalla stanza. Camminò lentamente nei corridoi incrociando gli sguardi increduli di coloro che dubitavano di lei. Le era giunta voce che il re volesse sollevarla dall' incarico di capitano dell' esercito a causa del suo comportamento inadeguato e per il cattivo esempio che trasmetteva agli altri. La rabbia era tutto ciò le restava e la vendetta era diventato la sua unica ragione di vita.
Entrò come una furia nella sala reale. Era immensa. Ampie finestre permettevano alla luce di illuminare completamente la stanza e sulle pareti bianche erano appesi gli innumerevoli trofei di caccia.
Il pavimento era di marmo nero. In fondo alla sala, il re era seduto sul suo trono di legno pregiato, decorato dai più famosi falegnami del regno. Il suo volto Incrocio quello della nipote.
- Eiwen....- iniziò con tono dolce.
- Perché volete farmi questo? Perché volete sollevarmi dal mio incarico? - disse lei con tono infuriato.
- Lo sto facendo per te, tesoro. Stai perdendo il numero della ragione. Da quando hai ripreso a fare quei sogni, il tuo animo è tormentato dalle anime del passato e non hai la mente lucida. Non sei in grado di proteggere il regno.-
In effetti, il re aveva ragione.
- Datemi un' altra possibilità, zio!- disse più calma. - È la verità quella che mi dite. Mi incolpò per la morte dei miei genitori, perché io sono la causa. Se non avessero avuto timore che scappassi nuovamente, saremmo tornati a palazzo e sarebbero ancora vivi.- la sua voce era strozzata e a stento tratteneva le lacrime.
Euris si alzò dal suo trono e con passo elegante si avvicinò alla nipote. Era un uomo alto, dai capelli color biondo chiaro, quasi tendenti al bianco. Il suo viso era giovane e dolce, ma i suoi occhi erano saggi, di chi aveva visto molte battaglie nella sua lunghissima vita. La strinse in un forte abbraccio e lei si lasciò andare.
Un uomo in fondo alla sala grattò la voce per ricordare al re della sua presenza. Indossava indumenti di colore scuro. Era alto e snello e portava in anello d'argento a forma di serpente sull'indice della mano sinistra. Lo aveva già visto in passato, ma non ricordava dove. Un brivido le scese lungo la schiena, facendola sussultare, non appena si accorse che l'uomo la stava osservando. Deglutì, quasi spaventata. I suoi occhi di ghiaccio la osservavano intensamente, come se volesse leggerle dentro, penetrandole l' anima.
- Lui è Kairi- disse il re - il druido della Torre di Ganrio. Uno dei più potenti al mondo.-
Spalancò gli occhi. " Ganrio." Lo aveva già sentito nominare quel luogo. Pensò. " Padre." Era il luogo in cui viveva il suo amato padre.
Eiwen gli si avvicinò. - Voi conoscevate mio Padre?-
- Perdonatela. Ma molte volte non ricorda le buone maniere.-
Lui sorrise. - Non importa- disse al re - Sì, conoscevo vostro padre. Era un grande uomo, uno dei più valorosi. Era anche il mio migliore amico.- disse rivolgendosi ad Eiwen - In effetti, gli assomigliate un pochino. Soprattutto per il carattere schietto e diretto.-
La sua voce era profondamente, quasi la ipnotizzava.
- Cosa avete fatto alla mano? - disse Euris.
Non si era resa conto che aveva stretto i pugni facendo così sanguinare le ferite.
- Negli ultimi giorni è sempre nervosa l, inquieta. Non dorme e quel poco che lo fa, sogna la morte dei genitori. Si tormenta. Crede che sia sua la colpa per la loro morte. -
- Se fossi stata una figlia degna, non sarebbe successo. - rispose secca - Zio. Ho il viso segreto da queste orrende cicatrici. Sono un mostro, ma l'udito funziona ancora. Ed ora perdonatemi.-
Chiuse la porta dietro di sé e poggiò la schiena contro il muro. Fissava il soffitto con sguardo perso nel vuoto.
" Forse sono stata troppa dura con lui. Lo zio non merita tutta questa arroganza da parte mia." Pensò.
La sua mente spostò i suoi pensieri verso l'altro uomo. Chi era e cosa voleva?  Non lo aveva mai visto nel regno. E se non fosse chi dice di essere? Non si fidava molto, anche se indossava lo stesso anello anche indossava suo padre quando era ancora un Druido. Aveva abbandonato quasi del tutto le arti magiche dopo la nascita di Elian. Stare troppo tempo lontano dalla famiglia gli faceva perdere la concentrazione. 
Si diresse verso il giardino reale dove Hurian addestrava gli uomini. Uscì dall' enorme portone e rimane qualche istante immobile ad osservare. Il sole splendeva scaldandole la pelle rimasta chiusa per giorni nel buio della sua stanza. Prese un bel respiro e si diresse verso di loro. Passò vicino alla fontana dove alcuni bambino giocavano, rincorrendosi. Le vennero in mente i momenti felici passati con Elian a giocare. Il suo sorriso e le sue risate svanirono in meno di uno schiocco di dita. Scacciò via i brutti pensieri che le stavano assalendo la mente. Lo voleva ricordare, o almeno ci provava,  felice e con tanta voglia di vivere.
Sospirò e proseguì. Appena la videro, si fermarono ad osservarla: fiera ed orgogliosa come sempre. Eiwen lo osservava in silenzio.
Hurian le si avvicinò, poggiandole una mano sulla spalla.
Hurian era un ragazzo poco più grande di Eiwen, dai capelli biondo paglia e dagli occhi azzurri come il cielo limpido di un giorno d'estate. Sin da quando lei aveva intrapreso la strada della guerriera ed aveva iniziato ad allenarsi, i due divennero ottimi amici, facendosi spalla l'un l'altro.
Si dalla gioventù, i due divennero complici anche per i più piccoli scherzi a scapito dei loro coetanei, ma anche, di tanto in tanto,  del povero zio.
Qualche volta, quando il vecchio capitano li portava nel bosco per gli allenamenti, sparivano per ore, costruendo trappole o preparando qualche scherzo divertente. Ci fu un giorno,  che Hurian corse a palazzo per cercare aiuto, gridando che Eiwen era scomparsa.  Le guardie reali si precipitarono a cercarla, e quando arrivarono al luogo indicato dal ragazzo, non trovarono altro che fantocci appesi agli alberi.
Non passò molto tempo che il re scoprì ciò che i due avevano combinato. Lin convocò a corte e per un ciclo interminabile di Lune, i due amici furono sospesi dagli allenamenti ed Eiwen fu costretta a restare a palazzo. Ma tutto sommato, nonostante gli scherzi e i comportamenti inadeguati, Eiwen divenne capitano dell' esercito elfico ed Hurian il suo braccio destro.
- Come vi sentite, mia Signora?- chiese Hurian
Lei gli fece un cenno con il capo. - prendi la spada e te lo dimostrerò-  rispose sguainando la spada.
Hurian abbozzò un sorriso e sguainò la spada. Gli uomini si allontanarono facendo spazio ai due duellanti. Scese un silenzio di ghiaccio mentre i due si studiavano a vicenda cercando di capire chi avrebbe fatto la prima mossa.
Lei era impassibile e sicura, a lui invece gli iniziarono a sudare le mani. Alla fine lui attaccò per primo. Eiwen parò il colpo con estrema facilità. I suoi attacchi erano forti, ma non precisi. Così Eiwen decise di giocare di difesa. Sapeva che la forza sarebbe venuta meno e avrebbe ceduto.
Infatti, così accade. Quando vide che il suo avversario era allo stremo delle forze, iniziò ad attaccarlo senza pietà, facendolo  cadere a terra, poggiandogli la punta della spada alla gola.
- Sempre gli stessi errori, Hurian.- sbottò Eiwen - Mai attaccare il nemico con tutta la forza. La forza la devi trattenere per affaticare il nemico e non il contrario. Il tuo braccio deve saper sostenere sia la spada che i colpi che ti vengono inflitti. Questo discorso vale anche per voi, sono stata chiara?-
Gli uomini la guardavano con estrema ammirazione. Una ragazza senza infanzia, senza adolescenza, troppo presto divenuta donna, guerriera al cuore d'oro, nonostante le cicatrici che porta con sé dentro l' anima.
- Mi hai molto delusa, Hurian. In questo periodo di mia assenza, pensavo di aver lasciato in buone mani i miei uomini. Ma mi sbagliavo.-
- Il re la pensa diversamente.-
- Il re ha capito di essere in torto.- rispose lei, guardando lo zio e l' uomo misterioso che la osservavano dalla finestra. - Il re si sbaglia a dare a te il comando di un esercito quando non sei nemmeno in grado di insegnare loro come combattere. Hai praticamente dimenticato le basi del combattimento. Se continui così, non potrai più essere il mio vice.-
Lei si allontanò andandosi a sedere sul bordo della fontana, con le ginocchia al petto e gli occhi fissi sull'acqua.
Si sentiva triste, delusa da ciò che era accaduto. Aveva deposto troppa fiducia in quel ragazzo e si promise che non sarebbe più accaduto. A causa della sua arroganza, aveva quasi perso il suo posto da capitano, ma con altrettanta arroganza aveva dimostrato che lei era la più valida.
" Ma a quale prezzo" pensò amareggiata. Lo aveva messo in ridicolo davanti a tutti.
Vide un riflesso dietro di lei e si voltò di scatto prendendo il pugnale del padre che teneva alla caviglia.
- Posa il pugnale piccola furia.- disse Kairi
- Cosa Vuoi? - disse mettendo via il pugnale. Il manico era in ferro battuto ed aveva inciso lo stesso simbolo dell' anello del viandante misterioso.
- Niente! Solo complimentarmi con voi. Siete stata magnifica.-
- Grazie -
- Penso che abbiate ragione. Vostro zio sbagliava a dare il comando a quel ragazzino. Non è pronto!-
- Credo di essere stata troppo severa con Hurian.-
- Severa, ma giusta.-  disse lasciandola da sola e dirigendosi verso la città.
" Chi era e cosa voleva dallo zio?" Questa domanda la tormentava, ma prima o poi lo avrebbe scoperto.
Il sole stava tramontando regalando in cielo rosso-arancio e uno splendido panorama sulle montagne. Era rimasta nel giardino segreto della madre per tutto il pomeriggio, contemplando i fiori e prendendosi cura di essi. Il silenzio si quel luogo la faceva sentire la madre vicina e con il canto felice degli uccellini, si sentiva in pace con sé stessa.
Si trovava dietro a palazzo, molto appartato e lontano da occhi indiscreti. Quando era triste o si sentiva arrabbiata o angosciata, si rifugiava lì. Era il luogo preferito della madre. Nelle notti di fine maggio, quando arrivavano le lucciole, le piaceva pensare che fosse Andria che tornava dal mondo dei morti per stare con lei, cercando di farla sentire meno sola.
Si alzò dal verde prato e si diresse a palazzo. Si sarebbe dovuta preparare in fretta per la cena; il te aveva organizzato una festa per l'esercito e i cadetti.
Si chiuse nella sua stanza insieme a Tyara che, prontamente, le aveva già preparato un bagno caldo e l'abito per la cerimonia.
- Siete stata tutto il pomeriggio nel giardino, mia signora?-
- Sì, Tyara-
- Se posso permettermi di chiedere come state...?- chiese dolcemente, ma con tono quasi intimorito.
Eiwen sospirò. - Ad essere sincera, non molto. Questi incubi mi stanno tormentando ed oggi ho trattato male Hurian-
- Lo so. Ne parlano i soldati tra i corridoi delle mura. - disse facendosi scappare in sorriso. - A mio avviso, avete fatto bene. Ultimamente era diventato un gradasso e scorbutico. E poi dovevate vederlo mentre si pavoneggiava davanti alle ragazze.-
Le due scoppiarono a ridere.
- Tyara, tu si che sai come farmi stare meglio.- le disse sorridendo - grazie -
- Non dovete ringraziarmi. Siamo amiche e vi sono vicina.-
- Mi sei sempre stata accanto dopo la morte dei miei genitori. Sei sempre stata al mio fianco e hai dovuto crescere in fretta per me, rinunciando alla tua adolescenza per stare a palazzo.-
- Le amiche fanno questo e molto più. E poi non è vero che ho dovuto rinunciare a molte cose. Siamo cresciute assieme, insegnandoci molte cose l'un l'altra e combinandone di ogni.-
Eiwen l'abbracciò forte. Si diresse verso il suo armadio e prese un abito tra le mani e lo guardò. - Questo dovrebbe andare- disse porgendo un elegante abito rosa a Tyara. - Questo è per te. Lo indosserai questa sera alla festa.-
Tyara lo guardò meravigliata e con gli occhi che le brillavano.
- Siete fantastica, Eiwen.-
Le due amiche si preparano insieme ridendo rumorosamente.
Intanto la grande Sala si stava affollata. Erano presenti tutti, dai capitani delle altre città elfiche ai nuovi cadetti. Anche Kairi era stato invitato alla festa.
La porta bianca si spalancò, ed Eiwen fece il suo ingresso, cercando in ogni modo di avere atteggiamenti regali.  Quelle cicatrici e la rabbia che portava dentro si sé, la facevano sentire poco aggraziata.
Indossava un lungo abito blu senza maniche, con un leggero strascico in pizzo. Dalla scollatura scendeva una collana di pietre rosse ed era la collana preferita di Andria.
Aveva i capelli raccolti che mostravano la rosea morbida schiena.
Si avvicinò allo zio e a Kairi facendo un inchino per rispetto al re.
- Siete molto bella- le disse il druido
- Kairi ha ragione. Sei un fiore Eiwen.- disse il re
Lei sorrise molto imbarazzata da tutti quei complimenti. - Con permesso.- disse allontanandosi.
C'era molta gente che non vedeva da molto tempo e cercava di intrattenere un discorso da brava padrona di casa.
Cominciò a sentirsi stanca e quasi a fine serata decise di ritirarsi nella sua stanza, e dopo aver salutato lo zio se ne andò. Era quasi alla porta quando Hurian la bloccò per il braccio, fermandola.
- Mi fai male.- disse scrollando il braccio.
- Non credete mi dobbiate delle scuse?- disse lui con tono secco.
- E per quale motivo?-
- Siete stata scortese oggi, facendomi fare l figura dell' idiota.-
- Sei cambiato molto negli anni. Sei troppo pieno di te, commenti errori di cui non ti rendi nemmeno conto, insegnandoli agli altri e mettendo in pericolo la vita dei soldati. Non è questo che ci hanno insegnato. Non è questo che hai imparato da me.-
Le si avvicinò si scatto cercando di baciarla, ma lei lo respinse tirandogli uno schiaffo.
- Perché mi respingi? Io vi amo...-
- Sei ubriaco Hurian.- disse lei - Stammi lontano.-
Uscì furiosa, sbattendo la porta alle sue spalle.
" Ma come ha potuto fare una cosa del genere. Baciarmi? È solo un amico e un compagno d'armi."  Scosse la testa e si mise a dormire.

Hurian furioso dal rifiuto di Eiwen, se ne andò da palazzo dirigendosi verso casa sua. Aveva in mente qualcosa di terribile, ma avrebbe dovuto attendere che tutti si addormentassero.
Non appena sentì silenzio, uscì dalla sua abitazione. Non c'era bisogno di accendere la fiaccola; la luna era piena e la sua luce illumina la via davanti a sé. Si diresse verso i giardini reali, dove c'era la fontana. Tra le pietre era nascosta una chiave che assomigliava ad una piccola piuma. La infilò nella serratura, invisibile ad occhi che non conoscono il suo segreto, tra le incisioni reali e la aprì. Una luce azzurrina lo abbagliò e si dovette coprire gli occhi con il braccio. La fontana custodiva una pietra di colore bianco. In alto era inciso un occhio con la pupilla rossa e al centro un serpente verde-argento dalle ali azzurre.
Era stata sottratta anni prima agli gnomi ed era un talismano magico che poteva risvegliare il Rendam, un demone del mondo antico.
Si chiamava Dukas, il talismano della morte.
- Ve la siete cercata. Tu te la sei cercata mia cara principessa.- disse guardando verso il palazzo. - Mi hai respinto, ferendo i miei sentimenti. Morirai soffrendo, agonizzando tra gli artigli della bestia.- 
Corse via tra gli alberi lasciando così il terrore negli occhi di chi avrebbe visto la fontana vuota alle prima luci dell' alba.

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