Capitolo VI

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Era poco prima dell' alba quando Hurian uscì dalla stanza. Non provava alcun risentimento per ciò che aveva combinato la sera precedente. Non si curava affatto di come si potesse sentire quella povera ragazza. È vero, lei ci stava provando, lo aveva provocato. Ma lui l'aveva praticamente aggredita. Consumando l'azione in modo violento. Si sentiva soddisfatto. Ad essere sincero, pensava ad Eiwen. Avrebbe voluto fosse lei in quel letto. Ma non ne sarebbe uscita viva. Quel sentimento misto ad odio e amore, si stava trasformando in odio vero e proprio.
Scese le scale silenziosamente. Un passo alla volta, in punta di piedi. L'oste dormiva ancora e il suo intento era quello di uscire senza essere visto. Non voleva pagare. Anzi, in un certo senso aveva già pagato tramite la figlia.
La porta di ingresso cigolò prepotentemente. Tese l' orecchio per captare se qualcuno lo avesse sentito. Calma piatta. Tutti sembravano ancora nei propri comodi letti. Uscì lasciando l'ingresso aperto e incustodito.
Il giorno precedente aveva notato stalla dietro la locanda. Si incamminò verso la struttura di legno e trovando la staccionata aperta si intrufolò furtivamente. Si avvicinò al primo box dove si trovava un bellissima stallone nero. Era giovane e anche un po' irrequieto con chi non conosceva. Si guardarono negli occhi, studiandosi a vicenda. Non presentava alcuna minaccia. Allungò la mano accarezzandogli il muso e avvicinandosi gli sussurrò qualcosa all' orecchio.
Sellò lo stallone ed entrambi sfrecciarono via, veloci come il vento.
Uscì dalla cittadella travolgendo un contadino che stava andando a lavorare nei campi. Non si guardò indietro ma procedette verso Nord, dove lo attendeva Walyh, il re degli gnomi. Aveva voglia di riscuotere la sua ricompensa e diventare il re del suo nuovo regno, dove avrebbe regnato per tutta l'eternità.
Ci avrebbe messo almeno un paio di giorni per arrivare ad Andura, la città sepolta degli gnomi. Si era ripromesso di fermarsi per riposare il meno possibile. Voleva e doveva arrivare a destinazione il giorno prefissato, altrimenti non sarebbe servito a nulla. La luna piena era vicina.
" Ricorda ragazzo elfo, se vuoi ottenere ciò che desideri, mi devi consegnare il talismano prima che la seconda luna piena di mezza estate raggiunga il suo massimo splendore. Solo lì potrai esprimere il tuo desiderio".
Queste furono le ultime parole del re. Ricordava ancora la voce gracchiante con cui le aveva dette.
Raggiunse un fiumiciattolo a quasi pomeriggio inoltrato. Era tutta la mattina che cavalcava e il cavallo era allo stremo. Lo fece rifocillare, lasciandolo libero di mangiare e bere. Poteva essere il suo ultimo pasto decente da lì a qualche giorno.
Ne approfittò per rilassarsi sdraiato nell' erba a guardare il cielo. Le mani conserte dietro la testa con il venticello estivo ad accarezzargli la chioma bionda e con uno stelo di un fiore in bocca. Il cielo azzurro attraversato da qualche nuvoletta bianca e gli uccelli che volavano, si rincorrevano e giocavano tra loro spensierati. Una volta anche lui si sentiva così, allegro, spensierato. Aveva in mano un' amore che lo avrebbe portato in paradiso; o almeno così pensava. Sognava...sognava ogni giorno ad occhi aperti. Arruolandosi l' aveva conosciuta, e crescendo assieme a lei si innamorò. Ce la mise tutta per essere al suo livello. E così diventò il suo secondo. Da uomo avrebbe voluto aspirare ad essere al comando, ma lei era molto più brava e intelligente. E poi era la nipote del re.
Nonostante i loro ruoli, si divertivano insieme; giocavano e scherzavano tra loro ma anche facevano i burloni.
Ma cosa era cambiato tra loro?
La risposta era semplice. Lei era diversa negli ultimi tempi. Era cambiata con lui. Era più fredda e distaccata e ciò che prima la divertiva, ora la annoiava.
Così per farsi notare andava con altre donne ed evitava gli addestramenti. Quando Eiwen cadde nei suoi periodi più bui, il re decidette di dare il comando temporaneo a lui. E li perdette definitivamente il controllo. Si pavoneggiava davanti a tutti e soprattutto con le sue conquiste. Fu proprio in quel periodo che incontrò Walyh. Aveva assaporato ciò che significava comandare e non voleva più lasciare la sua posizione.
Ma quando Eiwen tornò e lo umiliò davanti all' intero popolo, prese la sua decisione.
Vendetta.
Una luce lo avvolse e vide avvicinarsi Eiwen. Così bella, splendente e con sorriso smagliante. Camminava lenta verso di lui. Indossava un abito bianco quasi trasparente e con una scollatura che lasciava poco all' immaginazione. Passi nudi e leggeri, pestavano l'erba sotto di lei. I capelli sciolti al vento e gli occhi emozionati.
Hurian si alzò in piedi ed Eiwen gli si mise davanti.
- Mi sei mancato Hurian. Ho pensato molto a noi. - gli disse sfiorandogli le labbra con l'indice
- Perché sei qui?-
- Non hai ancora capito! Sono qui per te. Per darti ciò che hai sempre desiderato. - gli prese la mano e se la mise sul seno prosperoso.
Hurian rimase senza fiato. Non sapeva come comportarsi. Non si aspettava un gesto del genere da parte di Eiwen. Era sempre stava restia nei suoi confronti.
- Perché solo ora vedi il mio corteggiamento?-
- Perché sono stata un'ingenua a lasciarti andare. Ti ho sempre voluto, ma ho avuto paura. Ora baciami -
Hurian non se lo fece ripetere. Appoggio le sue labbra e assaporò il dolce sapore delle sue labbra. Iniziò ad accarezzarle la morbida pelle.
Si sdraiarono per terra e lei salí sopra. Gli iniziò a leccare il collo e l'orecchio. Un alito nauseabondo gli pervase il naso.
Si destò di scatto e si accorse che il cavallo era sopra di lui.
- Va via. - disse spingendo via l'animale - Stupido cavallo-
Si alzò e andò verso il fiumiciattolo. Si lavò il viso ma aveva bisogno di buttarsi nell' acqua gelida.
" Dannazione. Mi sono addormentato. Perché l'ho sognata? Io la odio...."
Ma chi voleva prendere in giro. Non convinceva nemmeno se stesso. Non sarebbe mai stato in grado di provare un sentimento così orrendo verso di lei.
L'unica cosa di cui poteva esserne certo, era quello di volere vendetta per il male subito e per il male che ancora subiva.
Sospirò e guardò davanti a sé. Aveva perso troppo tempo e Walyh lo stava aspettando. Iniziava a dubitare delle sue azioni; forse per paura. Non poteva tornare indietro. Avrebbe ricevuto una dura punizione dal re. Sicuramente lo avrebbe esiliato dal regno e non poteva permetterlo.
Il danno ormai era stato fatto e non poteva tornare indietro.
Riprese il cavallo e continuò il suo cammino verso Nord.
Man mano che si avvicinava ai confini gnomici il clima cambiava radicalmente. Il cielo, dapprima di un azzurro vivo, ora di un grigio scuro. L'aria estiva era svanita, lasciando spazio al gelido inverno.
Iniziò a piovere a dirotto e il vento soffiava forte. Si strinse il più che poté al mantello ormai fradicio per ripararsi dal freddo gelido che gli tagliava la pelle.
Andò avanti imperterrito trascinando il cavallo con sé, finché non scese la notte. Trovò una piccola rientranza tra le rocce. Aveva freddo, ma non poteva accendere il fuoco; la legna era troppo bagnata per essere utilizzata.
Mangiò un po' di carne secca e sorseggio un po' d'acqua dalla borraccia. Le mani erano rosse dal freddo e tremavano. Provò a scaldarle strofinandole una contro l'altra. Si accovacciò, rannicchiato il più possibile alle rocce, e provò a riposare. Non poteva fare altro al momento. Doveva aspettare la luce del giorno, sperando che il maltempo cessasse almeno un po'.
Durante gli addestramenti, gli avevano sempre detto che questi luoghi erano freddi come ghiacciai e spesso il maltempo regnava sovrano. Raramente si poteva intravedere il sole. Ed era questo motivo che gli gnomi abitavano in quei luoghi inospitali.
Chiuse gli occhi e si addormentò, tra gli sbuffi del vento e della pioggia mentre il povero stallone sgranocchiava qualche legnetto secco che fuoriusciva dalle rocce.
Passò la notte tra dormiveglia ed incubi. Si strofinò gli occhi, per tentare di svegliarsi. Cercò il cavallo con gli occhi ancora spenti dal sonno, ed era dove lo aveva lasciato.
Ma dove voleva anche andasse? In un luogo così malandato, perso nel nulla e con poco cibo.
Tagliò un pezzo di pane secco e lo lanciò al cavallo. Lui invece si accontentò di una mela ammaccata. Consumò una colazione veloce per poter approfittare della tregua che il tempo gli concesse. Il cielo era grigio come la pece, ma per fortuna non pioveva più e anche il vento aveva limitato la sua potenza.
Si alzò , prese il cavallo dalle redini e si incamminò verso Andura. Cavalcò per qualche miglio e si imbatté in un sentiero che saliva su per la montagna. Era impervio e poco percorribile a cavallo.
Doveva decidere se provare a portarlo con sé, oppure mandarlo indietro. Guardò il sentiero e il cavallo un paio di volte, ma alla fine dovette prendere una decisione. Non poteva di certo stare lì tutto il giorno.
Gli si avvicinò all' orecchio e come fece alla stalla, gli sussurrò qualcosa e gli diede una pacca sul sedere per farlo andare via. Lo fissò allontanarsi sempre più, finché non scomparve nella nebbia.
- Addio amico mio! - sussurrò.
Sospirò e senza indugio proseguì per il sentiero. Era fangoso per via della pioggia del giorno precedente. Più di una volta era scivolato.
Man mano che saliva, la situazione peggiorava. Il sentiero sì era fatto più stretto e le rocce più affilate come rasoi da un lato, e il burrone dall' altro. Come se non bastasse, aveva ripreso a piovere. E il vento aveva ripreso a soffiare.
- Ma perché non la smetti di sbuffare, stupido vento. Adesso mi hai stancato. Sono io quello che deve sbuffare.-
Franarono qualche roccia che mi travolsero. Scivolo giù per il dirupo, ma riuscì ad aggrapparsi ad un ramo sporgente. Si tastò in fretta e furia la tasca del pantalone per sentire se il talismano fosse ancora lì o se lo avesse perduto.
C'era. Tirò un respiro di sollievo. Studiò la situazione intorno a lui. La cima non era troppo distante e gli appigli su cui poteva contare non mancavano. Cercò di fare presa con le mani e iniziò a scalare.
Un' impresa non molto semplice. La pioggia rendeva tutto molto scivoloso e in più alcune fessure erano ricoperte di muschio viscido. Rischiò di scivolare giù più di una volta , ma l'agilità da elfo e la buona presa , lo avevano aiutato.
Finalmente la cima.
Si sedette a terrà, con la schiena appoggiata alle rocce. Lo sguardo fisso nel vuoto e il cuore che batteva a mille. Se l'era vista brutta. Cadendo, aveva perso lo zaino con quel poco di provviste rimaste.
"Resisterò qualche giorno senza cibo" pensò
Prese coraggio e ripartì. Non mancava molto alla città gnomica. Rimase il più possibile vicino alle rocce. E per tutto il tragitto pensò a quello zaino che vide cadere giù. E pensare, che sarebbe potuto essere lui. E li avrebbe potuto dire addio al suo sogno. Le gambe gli tremavano ancora per lo spavento.
Raggiunse la fine del sentiero e in fondo vide due gnomi, alquanto brutti e tozzi, che facevano la guardia all' ingresso di una caverna.
Ne aveva vista un'altra poco prima, dove avrebbe potuto riposare un po' r riprendersi dallo spavento, ma non voleva stare ancora all' aperto, a prendere acqua e vento.
- Ciao ragazzi - disse beffardo
I due gnomi lo stavano per aggredire con le asce.
- Ehi - gridò - Walyh mi sta aspettando -
- Tu sei l'elfo prescelto- disse uno di loro. - La prossima volta dillo subito o diventi cibo per asce-
- Se ci sarà la prossima volta- gracchiò l' altro scoppiando a ridere
Uno di loro lo accompagnò all' interno. Tutto era umido e dalle rocce usciva il muschio. Tutto li dentro odorava di muffa.
Non mi sorprende vista la pioggia e la mancanza di sole. Rimpiangeva il non essere su un prato con qualche donzella a prendere il sole. Da lì a poco avrebbe potuto avere tutto ciò che desiderava. E poteva fare ciò che voleva.
Scesero delle scale e per evitare qualche strafalcione rimase il più attaccato possibile al muro.
- Sei tanto goffo per essere elfo-
- Fidati! Sono molto più agile di quel che do a vedere. E poi da noi non c'è tutta questa umidità. Il tempo da noi è più bello. Più vivo. Qui è tutto morto-
- Un po' come te -
- Cosa?-
- Come te se continui a parlare male di casa nostra-
- È la verità! Ma non voglio offendere. Questa è solo la mia opinione. -
- Tienitela per te, elfo dei miei stivali -
Hurian rimase calmo. Non poteva reagire e mandare in fumo il suo futuro litigato con Walyh per il comportamento inopportuno del suo popolo.
Finalmente le scale terminarono. Erano scesi molto. Si trovarono in un salone di nuda roccia e al centro un enorme fuoco. Tutt' attorno ventina di gnomi.
Improvvisamente scese il silenzio. Solo lo scoppiettio del fuoco si udiva. Gli sguardi tutti puntati su di lui.
Gli venne la pelle d'oca e una brutta sensazione lo pervase.
" Avrò fatto bene ad allearmi con queste creature?" pensò .
- Benvenuto mio caro amico elfo - disse Walyh seduto sul suo trono di pietra - Ti stavamo aspettando.-
Hurian deglutì. Aveva la bocca secca e il respiro gli divenne un po' affannoso dall' ansia.
- Mi hai portato ciò che ti ho chiesto?-
- È tu sei pronto a darmi ciò che mi spetta? -
Lo gnomo abbozzò un sorriso.
- Ma certo amico elfo! - disse alzandosi - Ora divertiamoci e festeggiamo. La vittoria è alle porte. E domani, dopo il sorgere della luna piena, ti sarai ricompensato.-
Hurian sorrise. Quel senso di turbamento che lo avevo assalito poco prima svanì, lasciando posto allo svago e ai festeggiamenti.
Prese il talismano dalla tasca e lo diede con cura a Walyh che, attendeva con il braccio teso, di ricevere ciò che diceva gli appartenesse.

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