Capitolo XXIII

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Alcuni massi si mossero e un gemito spense il silenzio attorno al cimitero della Torre. Molti gnomi erano caduti per il crollo e altri uccisi durante lo scontro.  Dalle macerie uscì Kairi. Aveva il volto disorientato e la vista offuscata. Attorno a lui non c’era più vita. Il fumo nero dell’ incendio, oramai spento, si alzava coprendo il cielo e la luce del sole, portando solo grigiore al momento ormai cupo della sua vita. 
Cercò di uscire dai detriti, ma al primo passo gli cedette la gamba destra. Una lunga ferita gli scendeva giù per tutto il polpaccio e la caviglia era viola. Anche le braccia scoperte erano piene di lividi e polvere.  Si sedette su un masso, e controllò la ferita. Era tutta sporca e rischiava di infettarsi. Prese un lembo di tessuto dal mantello caduto a terra poco distante da lui e lo strinse sul polpaccio. Raccolse un bastone di legno e con esso si aiutava a camminare.  Raggiunse una sacca e raccolse più roba possibile. Con molta fortuna, il lavoro di Aryo non era andato perduto nell’ incendio. Li raccolse e li mise nella sacca da viaggio. Si guardò intorno con sguardo triste. Tutto il lavoro di una vita andato distrutto. Lavori di ricerca effettuati dagli antichi, ed ora rovinati. Ma ciò che era rimasto, doveva portarli al sicuro, lontano dalle intemperie e lontano da eventuali saccheggiatori. 
Ma non sapeva come fare. Non riusciva a ragionare con lucidità.  Si guardava attorno con agitatezza. Troppe cose da fare e poco tempo per farle, e non capiva da che parte iniziare. I testi antichi non potevano rimanere incustoditi alla mercé del tempo; era compito suo trovare un luogo alternativo in cui poteva nasconderli, ma allo stesso doveva raggiungere Eiwen.
“ Eiwen! Chissà se starà bene. Spero siano riusciti a raggiungere i confini del bosco magico” pensò “ Ho troppe cose da portare al termine. Tutto è importante…” 
Iniziò a raccogliere i testi, passandogli la mano sopra e soffiandoci, per eliminare più terra possibile. Le copertine, dapprima divenute marroni, ora avevano quasi ripreso il loro colore naturale: un verde bosco con decorazioni dorate. Alcuni dei testi più voluminosi avevano perso alcune pagine giallastre, decolorate dal passare inesorabile del tempo, sparse per il pavimento in rovina.  Rimettere le pagine in ordine richiedeva del tempo, tempo che Kairi non aveva. Lo avrebbe fatto in seguito, alla fine di questa storia, quando le terre fossero salve e le cose messe al loro posto. 
Mise un piede su un qualcosa che assomiglia ad una tavola di legno. Cercò di capire cosa fosse, ma i massi occultavano qualcosa. Un suono metallico si udiva ogni volta toccava le assi.  Posò i testi su un masso alla sua sinistra, poco distante da lui e con forza spostò le rocce. I muscoli del corpo gli dolevano ad ogni movimento recandogli forti dolori. Con una forza di volontà disumana riuscì a liberare ciò che i massi occultavano alla vista. Era una botola, chiusa da una catena di acciaio. 
La caduta della Torre aveva causato la rottura del pavimento, riportando alla luce il vecchio nascondiglio. Rammentava un vecchio discorso che gli fece il suo mentore durante i primi addestramenti.  I suoi racconti parlavano di un luogo nascosto alla base della Torre, un luogo umido e buio dove all’ interno venivano custoditi i corpi degli antichi.
Ma dove poteva essere nascosta la chiave?  Lui non lo sapeva. Era una delle cose che non gli era stata rivelata. In pochi sapevano dell’ esistenza, e ancora meno sapevano dove fosse custodita la chiave.  Fece mente locale, ricordando esattamente come fosse stata la torre, come se avesse una mappa mentale dell’ edificio. In tutti quegli anni trascorsi li dentro, avvolto nello studio e nel lavoro, non si  era mai imbattuto in un qualcosa che assomigliasse lontanamente ad una chiave. 
Dove avrebbero potuto nasconderla? Forse nei miei invalicabili? No, troppo semplice.
Dove potrei nascondere una cosa che per me ha valore, senza dare nell’ occhio? 
Ci pensò su qualche attimo e poi capì. I libri. Tutti potevano prenderli, ma nessuno avrebbe mai pensato di nasconderci un oggettino così piccolo. 
Si sedette accanto ai volumi poggiati poco prima e rifletté sulle cose che solitamente faceva il suo mentore.
Un illuminazione lo colpì come un fulmine a ciel sereno. Passava molto tempo nella biblioteca proibita, dove all’ interno vi erano custoditi i testi più antichi e oscuri, nascosti ad occhi indiscreti, in maniera tale che nessuno cercasse di utilizzare la magia oscura. Alcuni avevano ceduto alla seduzione della via più facile per ottenere ciò che più bramavano, corrompendo le loro anime pure. Negli anni decidette di tenerli al sicuro dietro l’enorme scaffale, nascosti all’ interno del muro.  Da allora, nessuno mi vide più, nessun libro era più stato preso e nessun druido era stato catturato dal lato oscuro della magia
Di alzò in piedi a fatica e si guardò intorno. Si incamminò verso il luogo in cui un tempo erano custoditi i libri oscuri: li trovò, sparsi ovunque. Rovinati dalle macerie e dal tempo. Usurati dalla polvere e dagli insetti che vivono nei muri. Le pagine ingiallite si staccavano dalla copertina ormai marcita.    Aveva già iniziato e cercare la chiave, sfogliando pagina per pagina, poco curante di perdere le pagine.
- Sì! – esclamò sorridente, tenendo tra le dita una piccola chiave metallica.
A passo svelto, si avvicinò alla botola e la aprì. Un odore nauseabondo, di muffa e chiuso, lo colpì violentemente,  tanto che dovette indietreggiare e prendere fiato.  Guardò all’ interno e c’era una scala di cemento che scendeva. Era buio e non si riusciva ad intravedere la fine.  Raccolse la fiaccola e riusci ad accenderla con la magia, e sicuro di sé, iniziò a scendere. I muri erano impregnati di umidità e le scale erano rese scivolose a causa della muffa. Dovette rallentare per non scivolare.
Da quanto il buio era tenebroso, mise i piedi in acqua, non rendendosi conto che la galleria era allargata. Continuò a scendere impassibile, ma tendendo le orecchie in caso di pericolo. 
Le acque del lago avevano fatto breccia sua muro allagando la galleria e le sale adiacenti. Arrivato all’ ultimo gradino, l’ acqua gli arrivava sin sopra le ginocchia. Sui muri, erano ancora appese le  fiaccole, ma erano umide. Con stupore riuscì ad accenderle e illuminare la galleria.
Entrò nella nicchia più vicina e vide che nel loculo al di sopra dell’ acqua c’era spazio per posizionare e nascondere i lavori di anni e anni di studio. 
Mise al sicuro tutto ciò che poté recuperare e chiuse la botola nascondendola alla vista. Mettendosi al colla la chiave legata da uno spago.
Si diresse verso il bosco magico e quando giunse  tra i primi alberi, si fermò per guardare per un’ultima volta le sacre rocce della Torre, la sua casa, promettendo a  se stesso di tornare per ricostruirla, ridando una casa al figlio ed ai futuri druidi.
Percorse il sentiero fermandosi solo per fare riposare la gamba ferita. Voleva raggiungere il luogo in cui aveva mandato Aryo ed Eiwen, sperando fossero li. Non aveva visto traccia del loro passaggio e ciò lo faceva preoccupare. E se non fossero mai passati da lì? E se fossero stati catturati?
Non poteva pensarci. Erano due guerrieri e anche in gamba. Non potevano essere finiti tra le grinfie del nemico. Scrollò la testa per allontanare i pensieri negativi dalla sua mente stanca.  Doveva restare lucido e credere che lei fosse viva e al sicuro nella foresta Focosa.
Camminò tutto il giorno e tutta la notte, aiutandosi con un bastone. La gamba stava peggiorando anche se si fermava spesso per tenerla pulita.  Il dolore era lancinante, ed era come se gli stessero tagliando la carne, con lui ancora sveglio.
Finalmente raggiunse i  confini della Foresta Focosa e il freddo che prima gli attraversava le ossa, lo abbandonò, lasciando spazio al caldo afoso delle fiamme magiche.  Si fermò, vedendo Eiwen alle prese con la magia della Guardiana della Foresta. Rimase incantato nel vederla destreggiarsi con la magia degli elementi.
Silverin lo vide fermo ad osservare ciò che Eiwen aveva imparato in poco tempo.
- Guarda davanti a te – disse Silverin dolcemente
Vide Eiwen voltarsi.  – Kairi!- disse, sorpresa, con un filo di voce.
La guardò negli occhi, che tanto gli mancavano, colmi di lacrime di gioia. Gli corse incontro, abbracciandolo forte lasciandosi andare ad un pianto straziante e liberatorio.

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