41. 'Mio Portatore'

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A parlargli era niente meno che il suo benedetto destriero.

"Mio Portatore, fammi la gentilezza di togliermi di dosso la carcassa di questa vile Creatura."

Con i suoi argentei stivali, l'Invocato dell'Acqua calciò via l'esanime Canta-Sangue dal robusto corpo blu notte del suo destriero rorido di perenni gocce d'acqua.

Il corpo della vampira aveva però rivelato al Cavaliere la profonda ferita che Bufera aveva subito. Preoccupato la guardò. "Oh, non è niente" disse il cavallo, "non sono mica una Creatura come le altre, spero questo t'entri in zucca."

Smuovendo i suoi zoccoli, s'alzò, e in men che non si dica quella lacerazione si ricucì da sola, facendo zampillare un poco d'acqua sul piancito di sangue appena creatosi. "Fino ad ora hai avuto paura a convocarmi per via di quegli assetati Elfi, non è così?

"Hai fatto bene, mio Portatore. A Princìpia non s'è mai troppo prudenti, specie se si è l'incarnazione di quel che tutti gradirebbero per vivere una vita normale."

Disse Bufera mentre con i suoi neri zoccoli raspava il terreno nevoso di quell'area boschiva.

"Adesso, però, ti sei fatto abbindolare da quella vampiraccia. E' vero che la cantilena delle Canta-Sangue è assai angusta da arginare, ma se vuoi far risorgere l'Acqua che pervade la mia criniera non potrai di certo concederti altri sbagli.

"Ora salta su, partiamo per Articralia e chiediamo aiuto alla Dea dell'Aria per riprenderci ciò che è nostro."

Con lo sguardo stupito, il Cavaliere ritirò giù l'elmo e saltò in groppa a Bufera.

Dalla criniera d'acqua fatta di creste lacere del cavallo, iniziarono a conformarsi due lunghi filamenti opalescenti, i quali si legarono strettamente alle mani dell'Ultimo degli Ultimi.

Poi, sempre dalla chioma cerulea, l'Acqua iniziò a sgusciare per tutto l'addome di Bufera, attorniandolo e cingendolo come un mulinello.

Di repente si creò una sella fatta d'acqua che eresse il Cavaliere; con essa si crearono anche le staffe su cui poteva poggiare i piedi.

Tutto permeato da un vitreo bagliore che faceva sembrare l'Acqua tinta dai colori dell'iride.

"Ora hai finalmente capito di cosa son capace, mio Portatore?"

Disse Bufera guatando il Cavaliere con la coda del suo occhio dal quale sembrava si potessero vedere le irte onde del Mare Acido dimenarsi. "Domani dovremmo trovarci nel Capoluogo delle Nevi, se il tempo ci favorisce.

"Usa quelle corde d'Acqua per darmi il via, mio Portatore, e non preoccuparti, imparerai subito a domarmi, devi solo acquisire un poco di smalto."

Le nevi iniziavano a riagitarsi, ed il Cavaliere, guidato dall'erudizione innata del suo destriero, si rimise in marcia verso il suo prossimo obiettivo: Articralia.

I due, per giungere dai Ghiacci Perenni, dovevano arrivare nell'estremo apice dei Territori Candidi. Ortogonalmente stava procedendo Roselius, che doveva dirigersi nei pressi di Brezza Albina: il loro incontro era quindi imminente.

Il viaggio del Corvino Rosso, però, si stava trasformando in un assai arduo cimento. Era in viaggio da quasi un mese, e da circa due settimane vagava per le slavine e le burrasche delle nevi del sud-est.

Il freddo gli stava dando al cervello, al che, da quasi tre giorni, confabulava e parlottava tra se e se.

Ogni tanto plaudeva il suo estremo gesto d'amore compiuto durante il festival della Lama; ogni tanto lo malediceva.

Poi, pensava alle parole di suo fratello Nubius. "Dov'è finito il tuo animo sanguinario da Corvino!?" si sentiva urlare nel cimiero beccuto;

"Ti sei lasciato trasportare dall'orrendo e subdolo amore?!" continuava ad udire nella sua testa.

Ora che le nevi si stavano riagitando, Roselius stava perdendo completamente il senno e la ragione.

"Ah!". strillava a squarciagola. "Dove sei bella Reveneria di Brezza Albina...ho bisogno di rivederti" diceva accompagnato da affannosi sospiri languidi.

"Devo rimirare la tua fulgida chioma bianca come la neve di queste maledette terre, ne ho bisogno!"

La sua fulva spada si faceva sempre più latebra e oscura.

"Adesso basta" disse ad un certo punto, "non ne posso più!"

Roselius puntò il suo scarlatto flagello verso l'apertura adunca del suo elmo. Teneva l'elsa salda con entrambe le mani. La sua spada lo guardava ominosa mentre si confaceva sempre più con i colori delle tenebre.

"Mia dolce Reveneria, se non potrò mai rivederti, allora tanto vale che la faccia finita! Potente e decisa come sei, diverrai di certo la Dea del Sangue, e pregna di potere mi invocherai dalle più remote costellazioni.

"Me ne andrò tra le stelle per un poco, ma sono certo che il tuo amore verso chi t'ha salvato si ripaleserà, e tu, mia futura Dea, m'accoglierai come consorte nel tuo scarlatto regno."

Il Corvino Rosso non è di certo il primo ad abbandonarsi alle emozioni. Da quando il Principio Scomparso s'è ripalesato nella Stella A Quattro Punte le emozioni hanno iniziato a mietere Corvini su Corvini, compromettendo il loro onore:

prima Nubius, poi Roselius, il quale adesso sembra aver raggiunto il suo apice. A seguire Cobaltius, Romantius, Argentius e Lumius. Vesperus, Violaceus e Smeraldius, per loro inconsapevole fortuna, erano scevri dai sentimenti a causa delle maledizioni che il reo d'oro aveva lanciato su di loro.

Il Corvino Confinato era destinato a non far uscire nessuno dal sud-est; Il Corvino Viola era il perenne Domatore del macabro Circo dei Vituperati, il quale lo tiene segregato all'interno delle sue dorate mura notte e giorno; Il Corvino Vivido, in seguito al sortilegio di Rèoro, non fu più in grado di parlare, ne di intendere e di volere; l'unica cosa che sapeva fare era combattere ed obbedire al Re.

Poco a poco il sentimento, la passione e la ribellione stavano permeando imperscrutabilmente le corazze di quelle perfette Creature progettate solo per combattere ed essere solenni.

La Perfezione che essi occultavano pareva esser pronta a fuoriuscire, tutto a causa di ciò che ogni Corvino temeva di più: le emozioni.

Che sia proprio per questo motivo che ogni Prigioniero della Perfezione cerca d'esser sempre austero e rigido?

L'unica cosa certa è che da quando Princìpia ha riacquisito un barlume cristallino, questa loro innata difesa ha iniziato a vacillare; forse in segno di resa, forse in segno di ribellione, o forse perché ogni Corvino sa che prima o poi qualcuno estirperà tutto ciò ch'è allignato nei loro pronunciati becchi.

Proprio quando la spada di Roselius era vicina all'umbratile apertura del suo elmo, il Corvino scorse tra i grossi tronchi una candida chioma di capelli scomparire dietro un albero.

"Reveneria!" esclamò.



Le Cronache Scarlatte - Il CavaliereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora