22. Fedeltà Spezzata, Oscurità Deturpata

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"Cos'è che t'ha detto?! Sputa l'acqua!"

Nubius tentennò un attimo, dentro di sé sentiva un qualcosa che batteva, batteva all'impazzata e gli diceva di non farlo.

L'Invitto, però, non poteva rivelare il segreto per ascendere alle stelle al suo capo, se la sua vita e quella dei suoi fratelli sarebbe stata poi compromessa.

Infatti, conseguì così: "mio Lord, non c'è nulla che possiamo fare per parlare con I Grandi Occhi Celesti..."

Rèoro, stizzito, ma altresì curioso di sentire ciò che gli aveva da dire il suo mentore più fidato, disse: "prosegui, so che c'è dell'altro..."

"l'unica soluzione sarebbe quella di pascersi di anime divine. Ben cinque, e tu, mio Signore, ne hai già tre. Nella nostra stella purtroppo c'è solamente un'ultima anima assorbibile, quindi è pressoché impossibile parlare con le fatali stelle.

L'unico modo per avere cinque anime divine incorporate, è assorbire la propria. Una volta fatto ciò, però, al cospetto delle nostre costellazioni, si sarà privi di senno e ragione, privi di poter chiedere loro una qualsiasi cosa, anche la più becera."

Il Dio Dell'Oro, pensieroso rispose: "capisco... ma un altro modo dovrà pur esser..."

Rèoro venne interrotto da Nubius, che gridando s'era accasciato a terra, reggendosi al suolo con il braccio destro, mentre si teneva dolorante il busto col braccio sinistro.

Dal cimiero del Corvino Nero iniziarono ad uscire degli spiriti cupi quanto la sua armatura. Lo iniziarono a cingere, mentre lui ancora urlava per colpa di un qualcosa che andava oltre il dolore. 

Quegli spettri oscuri con due corna appuntite continuavano a girargli attorno, finché Il Dio Dell'Oro, intervenne rilasciando un fascio di luce dorata dalle sue mani, diretto sugli spiriti.

Il potere del dio funzionò, infatti quelle cose che rappresentavano l'oscurità nella sua maniera più concreta, scomparvero. 

Rèoro s'affrettò a soccorrere il distrutto Corvino, che ora giaceva ansimante a terra, e a tratti zampillava sangue dall'elmo.

"Come stai Nubius!?"

La voce del Capo dei Corvini, invero, produceva solamente aspri e continui gemiti; essi perseguirono fino a quando l'oscurità non si ripalesò, ed esplose poi dal corpo in fin di vita dell'Invitto.

Un grande raggio nero misto al violaceo, fuoriuscì in verticale dal mesto Corvino. 

Addirittura, il Dio Dell'Oro venne sobbalzato così all'indietro, che urtò il suo prezioso trono, fratturandolo con la sua divina stazza.

Le tenebre continuavano il loro percorso verticale e struggente. Quel getto si prolungò così tanto, che ruppe gran parte della parte superiore del Goldiero, già tremante dalla prima venuta degli spiriti d'ombra. 

La luce arancione del crepuscolo, una volta finito quell'esecrabile sfogo, entrò nel castello e baciò un esanime Nubius, che quasi a volerlo fare apposta, era stato accerchiato da tutte le macerie dorate del Goldiero.

Sembrava si fosse creato un santuario, e il simulacro era proprio il Corvino Nero.

Rèoro incredulo provò ad urlare il nome dell'Invitto, il quale poteva essere sconfitto solo da colei che gli donava potere: l'oscurità.

Le grida del sovrano furono chiaramente superflue; Nubius non rispondeva; la sua spada si era completamente saturata di nero; sembrava che la sua fine fosse giunta.

"Guardie! Fate qualcosa!" Ordinò Il Dio Dell'Oro.

Prontamente, due 'Lame Auree' appostate all'entrata del castello, scortarono il Prigioniero Della Perfezione dalle migliori guaritrici della capitale.

Tutta la zona della vecchia Sole Cadente, già allarmata dal grande e poderoso getto oscuro che aveva squarciato il cielo, era esterrefatta nel vedere quelle due guardie, portatrici di discordia, trasportare l'esangue corpo del guerriero più forte di Princìpia. 

Di fretta, il Dio Dell'Oro uscì dalla dorata soglia del Goldiero, e per chetare gli animi di quella marmaglia di Creature che aveva riempito l'entrata del castello, sbatté la sua aurea e regale ascia borchiata al suolo. 

Tutti si zittirono in quella notte appena sorta, l'unico a parlare fu Rèoro: "Cittadini! Vampiri bendetti dal sottoscritto! Nani! Umani! Non c'è nulla da temere, Nubius starà meglio grazie alle nostre infallibili guaritrici! Ora per non creare altro disagio, vi chiedo gentilmente d'andare ad appostarvi nei vostri letti, la notte sta arrivando!"

Farfugliando, le varie Creature se ne andarono; la notte calò, e come sempre, il cielo si dipinse di stelle.

Quella giornata, però, non era ancora finita; il Cavaliere, s'era addormentato insieme a tutti gli Elfi Di Terra. Stavano percorrendo Seblùsia in obliquo da nord verso sud, poiché, a detta del saggio Aaris, sarebbero giunti al di sotto della montagna che sorreggeva la Capitale Dorata, più precisamente, la vecchia area di 'Aurelia'. 

Arrivati sotto la città la quale tutta è d'oro, sarebbero usciti, sempre a detta dell'anziano elfo, da un solco mai chiuso sin dagli albori della Stella A Quattro Punte.

Fuoriusciti da lì in scaglionamenti, per non dare troppo all'occhio alle Lance Auree che pattugliavano la zona, si sarebbero diretti nel gelido sud-est.

Mentre tutti erano assopiti in quel terroso tunnel, l'Ultimo Degli Ultimi venne svegliato da un qualcosa di superiore. Di getto l'Invocato Dell'Acqua aprì i suoi cristallini occhi, e sopra di sé, vide, cinto dalle tenebre, un grande bluastro occhio aprirsi. 

Le Cronache Scarlatte - Il CavaliereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora