30. Emozione Distruttiva

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Ai due Corvini del fuoco non importava, le loro armature e le loro spade non ne subivano gli effetti, e indenni, una volta recuperati i loro flagelli fra le urla dei tre ladroni, uscirono dal maniero avvolto dalle fiamme, le quali erano così ardenti che riuscirono a bruciare altresì gli imperturbabili rovi di Pianta Scarlatta.

Con qualche fiamma qua e la che baciava le loro corazze, i due fratelli guardarono in cielo e videro Azalea, che con uno sguardo solerte di chi sapeva che aveva fatto il proprio dovere, appena vide Romantius salva, volò via.

"Aza...Azalea..." disse una tremebonda Romantius, "gr...grazie.".

La Corvina svenne dolcemente e venne raccolta dalle regali braccia di Argentius, che con uno sguardo ossequioso guatò sua sorella e pensò a tutti quegli stupidi patti con quei ladri che adesso erano scongiurati dalla cosa che solo i draghi potevano ancora possedere: Il Fuoco,

anche se mai nella colorazione rossa originale. La pietrificazione del Dio Ardente, oltre al Fuoco s'era portata con sé anche i suoi pigmenti.

"Adesso andiamo a casa Romantius; vedere Cobaltius ti rimetterà in sesto." disse Il Corvino Lucente bonario.

Non appena La Corvina Rosea sentì quel nome, il bagliore all'interno del suo elmo, che pareva smorzato a causa del suo deliquio, guizzò; e con una voce flebile disse: "S...si voglio vedere Cobaltius, fratello.".

Detto ciò, s'avviarono verso casa. Durante il loro ritorno Romantius era portata in braccio da suo fratello; i suoi bianchi capelli per quanto erano lunghi toccavano terra con i loro apici; le gambe erano a penzoloni; ma l'essere Corvina permise alla Prigioniera Della Perfezione di riprendersi proprio quando Argentius stava per aprire la porta di casa.

Ella si rimise in piedi con giusto qualche acciacco, ma non sapeva che quella precoce ripresa era assai subdola. In questo caso l'essere Corvina era nient'altro che una sventura.

Questo le garantì di vedere in prima persona l'orrido spettacolo che Il Corvicida aveva compiuto nella torre di Argentius, senza che quest'ultimo avesse potuto dirglielo in un altro modo fosse rimasta svenuta.

Già gli animi dei due Corvini iniziarono a scaldarsi quando, non appena rincasati, al chiamare il suo nome, Cobaltius non rispondeva.

Sicché salirono fino nella stanza del delitto, con le grigie scale a chiocciola della torre.

Non appena aprirono la soglia e videro la stanza subissata da sangue, s'insospettirono e s'impaurirono. Nel letto avvolto dalle coperte pareva esservici qualcuno, così Romantius fece per rivelarne il contenuto.

La Corvina trasecolò ed iniziò a farneticare non appena vide la gloriosa armatura blu di Cobaltius senza l'elmo, senza la testa e senza quei suoi bellissimi occhietti cilestrini che la tranquillizzavano ogni qual volta ne avesse bisogno.

La Corvina Rosea iniziò a gridare per tutta la stanza. Ogni tanto sbatteva i pugni sul muro. Ogni tanto si metteva le mani in testa dallo sconforto. Ogni tanto lanciava qualche inutile preghiera ai Grandi Occhi Celesti.

Ma il colpo di grazia lo ebbe quando sul cornicione della porta della camera, vide la testa del suo amato fratello conficcata al muro con un appuntito coltello.

Allora sguainò lentamente la sua rosea katana ed iniziò a puntarsela alla gola. La punta della sua lama non aveva mai risuonato come ora; sembrava le dicesse: 'fallo', 'ucciditi', 'ora non hai nulla'.

Per fortuna suo fratello, che era scioccato ma mai come lei, intervenne e gliela fece abbassare.

"Ora tranquillizzati Romantius, sei una Corvina! T'abbandoni alle emozioni?!"

"Si!", rispose con tono struggente, "Come pretendi che mi debba calmare?! Tu sei un mostro! Come puoi dirmi questo? Era tutto quello che avevo! Era anche tuo fratello!" continuò singhiozzando.

La sua katana, nel frattempo, stava perdendo sempre più pigmentazione rosea, e si stava lasciando divorare dall'Oscurità. Tutto questo per via del tentativo di auto-concedersi alla morte, il quale era una grave perdita d'onore.

Quel crescendo di emozioni negative la stava piano piano distruggendo. Argentius provava in tutti i modi a consolarla, ma nulla funzionava.

Adesso oltre che colma di sangue di Corvino morto, quella stanza era colma di lacrime di Corvino, le quali, come per tutte le altre forme di vita presenti a Princìpia, erano composte da sangue e non dalla dispersa Acqua.

Romantius passò il resto di quella giornata a compiangere suo fratello. Sembrava non fosse una fredda Corvina priva di emozioni, sembrava che avesse beffato il carattere che La Creazione Scarlatta aveva affibbiato a lei e a tutti i suoi consanguinei.

L'inesorabile notte della Stella A Quattro Punte passò, e Le Fatali Stelle, d'abitudine, rischiararono il cielo non appena la Luna entrò nella sua fase crescente.

Il giorno seguente s'aprì con Rèoro che aveva raggiunto finalmente Piana Del Vespro, il quartiere della Capitale Dorata posto ai confini col mare. In questo rione si poteva ammirare sempre uno splendido tramonto, il quale allungava le ombre delle basse case della zona;

infatti, a differenza di tutte le altre alte case e guglie della Capitale, a Piana Del Vespro le case non superavano i cinque metri, che per gli standard della città la quale tutta è d'oro, è assai poco.

Inoltre non erano presenti né guglie né pinnacoli in quest'inusuale quartiere; l'unica struttura che presentava qualche punta era Il Santuario Del Ricamo.

Era nell'esatto centro della zona, ed in esso era proprio diretto Rèoro. Il suo intento era parlare con l'unica Creatura unica nella sua razza: La Tessitrice.

Lei abitava nel Santuario, e passava tutti i giorni a ricamare. Nessuno sapeva di che razza fosse, nemmeno lei. Non era una vampira, non era un demone, non era un'umana e di certo non era un gigante. Nessuno sapeva cosa ricamasse, si sapeva solo che già quando venne concepita dalla Creazione Scarlatta, aveva ago e filo in mano.

Ogni giorno, dal giorno della sua nascita, lo aveva passato a ricamare un pezzo di stoffa. Sembrava immortale. Sembrava non invecchiasse mai. Sembrava fosse destinata ad intessere ed indovinare.

Si, era una figura riverita in tutto il regno per via delle sue infallibili profezie. Non ne aveva mai sbagliata una. Per esempio aveva predetto al reo d'oro che la sua vecchia consorte Malice l'avrebbe tradito.

E infatti Rèoro si trovava di nuovo lì per chiederle per quale motivo le Campane Della Discordia avessero risuonato e perché in tutto il regno si fosse riudita un'altra Scossa Perfezionatrice.

Le Cronache Scarlatte - Il CavaliereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora