48. Neonato Vessillo

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La Figlia della prima ciocca si rimise l'elmo, tornando così ad attingere a Lumius, e iniziò a lambire la pancia della statua con la lama. Notò che era assai tosta, come prevedibile, ma non inscalfibile dal suo spadone. 

"Come vuoi, mia Regina." Disse solerte prima di procedere con la recisione. 

Prontamente, conficcò con perizia la spada all'altezza del bacino, e da lì iniziò a farla ruotare al fine di compiere un giro completo attorno al grembo per evitare d'intaccare la vita del neonato.

Mentre la lama frantumava la pietra col suo forte movimento circolare, del cruore cristallino colava dalle aperture che venivano lasciate e dei vagiti, intramezzati da dei flebili ruggiti, potevano essere uditi.

Non appena il Corvino perfezionò la scultura, una misteriosa Creatura ne venne fuori. Era lordata dall'acqua, una bestiola che emetteva suoni gutturali con una lunga coda appuntita ch'era irrorata da un profondo verde scuro, maculato qua e la da rosso e viola. Nonostante fosse appena nata aveva dei lunghi capelli rossi. 

Era un maschio.

Il grazioso corpicino roseo l'aveva ripreso dalla madre, la sua foggia aurea, invece, veniva da suo padre. La stranezza risiedeva però nel volto: da una parte si confaceva allo stesso soave modo della Dea dell'Acqua, con un rutilante occhio spiritico ereditato dal padre; dall'altro lato, invece, assumeva le fattezze d'una belva rettiliana, dalle tonalità grigiastre, una parte della bocca piena di denti acuminati e la restante metà del sembiante insozzata da squame. 

"Mi-mia Regina" disse la Cavaliera con il futuro erede che scalpitava tra le braccia. "Che sia una maledizione?" Proseguì scioccata. 

La voce empirea non rispondeva più.

"Mia Regina!" imperterrita Rives. "Mia Regina non lasciarmi da sola proprio adesso!"

Il neonato iniziò a piangere. Dalla sua bocca metà umana metà draconica uscivano sia versi umani che rettiliani. 

Il Corvino per provare a placare la sua sofferenza se lo mise sulla spalla e provò a cullarlo.

Ma il lamento continuava. Si faceva sempre più forte. Quasi sembrava che il 'bambino' iniziasse a strozzarsi; invero, iniziò a tossire sangue, intramezzato dai suoi teneri vagiti che rendevano il tutto sempre più macabro. 

Lumius continuava a dondolare con le ginocchia, sempre di più, sempre più forte, ma nulla pareva calmare il primogenito dei due Dei. 

Ad un certo punto, si scagionò dalle possenti braccia della sua balia acquisita, e atterrando supino da più di due metri d'altezza sul freddo marmo, i suoi pianti proseguirono ed erano sempre più struggenti. 

Adesso attingevano a quelli di una vera e propria belva con la voce turpe e stridula.

"Dove vai, mio Principe!" disse Rives scattando verso il pargolo. 

Quest'ultimo, continuando a emettere versi frastornanti, iniziò a fuggire a quattro zampe dalla morsa della Cavaliera. Dopo aver tenuto testa all'alacrità della guerriera la bestiola si fermò.

Sorpreso, fece lo stesso altresì il Corvino Utopico, sicché potesse guatare ciò che stava per fare il figlio della sua Dea. Esso iniziò a digrignare i denti con il suo esecrabile volto e a gridare d'estremo dolore. Del sangue iniziava a colargli dalle spalle, all'altezza delle scapole.

Ecco che delle ali di pipistrello iniziarono a fuoriuscirgli violentemente dalla schiena, contorcendolo e facendogli tremare le gambe. Erano piccoline, ma allo stesso tempo incutevano assai timore essendo nere come la pece, spesse e appuntite.

I lamenti, finalmente, si placarono e quell'abominio si placò. Cadde a terra esausto, con gli occhi lacrimanti. Anche quello intriso di fuoco.

"Mia Rives" La voce della Dea si ripalesò. "Non so come sia possibile che quella cosa sia venuta alla luce dal mio grembo...tuttavia, rimane l'erede al trono. Spero che il futuro gli riservi un aspetto migliore e che faccia di lui un buon Re."

La cavaliera, che aveva lo sguardo rivolto al cielo, fece per riprendere in braccio l'afflitta bestia.

"Ora, mia prima Spada, sarai la sua balia e farai le mie veci in funzione di madre, al fine di guidarlo al trono della Capitale Dorata una volta che avrete sconfitto mio marito."

"Come brami, mia Regina." Rispose decisa. 

"Ora, prima d'accomiatarci, lasciami adempiere al mio ultimo miracolo." Rimbeccò la Dea Cristallina.

La spadona di Rives iniziò a fluttuare, cinta da un'abbacinante luce opalescente. La lama s'elevò tra le colonne del Cimitero dell'Acqua e si pose sopra il corpicino dolorante di colui che avrebbe dovuto proteggere. La sua grande punta, spessa e adamantina, mirava proprio la sua testa. 

Di scatto la spada venne menata da un potente affondo verticale verso il Principe.

"No!" esclamò la guerriera coprendosi il volto dallo sgomento. 

Un agglomerato di luce accecante esplose da quell'impatto, e l'unica cosa a rimanere sul terreno argilloso fu la spada.

Rives, togliendosi la mano da davanti gli occhi, si avvicinò timorosa alla sua spada, la quale già da distanza pareva esser mutata. 

"Mio figlio adesso è in un posto sicuro. Un posto dove nessuno lo potrà mai raggiungere: la tua spada, mia Prima Cavaliera."

La spadona, adesso, aveva delle damaschinature opalescenti da entrambi i lati. Esse erano però diverse l'una dall'altra: da un lato vi era la parte di volto umanoide del Principe; dall'altra la parte bestiale.

Entrambe le lame avevano anche regali intarsi cerulei che raffiguravano numerose onde d'acqua mediante l'uso di pletore di zaffiri. 

Trasecolante, Rives prese la sua spada con entrambe le mani, ed iniziò a lambire incredula tutti gli intarsi con i suoi guanti angelici.

"Mi-mia Regina."

"Risparmia il fiato, mia sodale." La interruppe la Dea. 

"Ti rammento che hai una missione da portare a termine. Quando il Principio Cristallino regnerà sulla Stella a Quattro Punte, voglio che venga identificato, in un modo che a Princìpia non s'è mai visto. Voglio che ogni cappa, scudo, armatura ed edificio porti un vessillo raffigurante il Drago e l'Uomo Dorato, simboli di colui che non potrà mai riconoscermi come madre. 

"Simbolo di colui che venne estratto dalla pietra! 

"Simbolo di colui che il primo figlio divino è!

"Ora va, mia Rives. Fluisci dove l'Acqua ti guida e fa assurgere il mio ultimo Cavaliere a Re. Estirpate quella cosa che manipola la mente di mio marito dal trono.

"Ad Articralia troverete il supporto che cercate."

La Cavaliera s'inchinò. "Come desideri, mia Regina."

"E ricordati d'esser Lumius, Rives, quando l'aria è mefitica di nimistà." Concluse scherzosa la voce empirea.

Il Corvino annuì. Mentre se ne usciva dal Cimitero dell'Acqua, solinga la voce continuava a riecheggiare tra le lacerate mura.

"Te ne prego, mia sodale: fammi rinascere da questo sordido limbo."

In contemporanea, nel Deserto Dorato, la fuggiasca Malice si ritrovava seclusa nel bel mezzo delle sabbie, privata quasi totalmente dal pudore, che era salvato da un mero panno ora sporco di giallo ocra. 


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