27. Il Velato Sgomento

103 4 1
                                    

Il Corvino Lucente, con estrema forza aprì quelle due grandi soglie che nascondevano in esse tutta l'Oscurità del Deserto Dorato. 

Entrati nella Città Dei Carboni, Romantius e Cobaltius vennero intimati da Argentius di stare all'erta, poiché era sovente essere vittime di razzie a Pira. 

Mentre s'incamminavano per la grigia torre del loro fratello, I Corvini erano cinti dalle vere fattezze della città; infatti, tutte quelle cupe torri che potevano essere viste al di fuori delle mura, erano solamente una copertura: in sé per sé, Pira era nient'altro che un cumulo di fatiscenti case composte da fragile e putrido legno; tutt'al più, tutte emanavano un forte odore di carbone. 

Questo era dovuto alla pietrificazione del Dio Ardente: privata la sua presenza, proprio come per l'acqua, il suo principio era destinato a svanire, e la città che s'avvaleva di più di del Fuoco Scarlatto era proprio Pira. In ogni abitazione della vecchia Città Dei Carboni, infatti, si poteva udire a tutte le ore lo scoppiettio scaturito dall'incessante fuoco dei loro camini.

Venivano addirittura fatte decorazioni con il fuoco: fiaccole, ovviamente accese, appese alle pareti delle case messe a mo' di cuore; tappeti di vero e proprio fuoco cangiante sulle strade e nelle case; creste di fiamme vermiglie su d'ogni tetto e torre. 

Il legno non bruciava grazie alla forte magia dei maghi di Pira, i quali modellavano il fuoco a loro piacimento rendendolo sia arma che fonte d'estro. 

Avevano altresì creato dei lunghi tabarri neri, che avevano la peculiarità di proteggere dal fuoco chiunque fosse dentro Pira, in modo tale che ci si potesse 'immergere' nelle decorazioni. Ogni abitante della Città Dei Fuochi Sabbiosi veniva riconosciuto al di fuori delle mura, proprio grazie a questi mantelli.

Si, venivano portati anche al di fuori, proprio per prevenire i vari agguati di piromani e piromanti. 

Adesso, però, proprio come per i loro creatori, i tabarri ignifughi  sono quasi scomparsi del tutto, l'unico posto dove potrebbero essere rinvenuti è probabilmente sulle spoglie di qualche cadavere. La scomparsa dei maghi vampirici venne in contemporanea con la pietrificazione del Dio Del Fuoco. 

Si specula, infatti, che essi fossero così devoti al culto del fuoco, che quando gli occhi di Rèoro fagocitarono l'anima del pioniere del Popolo Rosso, anche la loro venne divorata; e con le loro anime, anche tutto il Fuoco Scarlatto venne divorato e tramutato in carbone, lasciando spazio ad altri due tipi di fuoco all'interno del regno: il Fuoco Magico, di fiamme azzurre, e il Fuoco Oscuro, di fiamme violacee. 

Anche tutto il fuoco del profondo fiume Ignis, che divideva la città in due, divenne un ammasso di materiale da camino; e proprio sull'Ignis, Argentius, Romantius e Cobaltius stavano marciando in quel momento.

Il fiume che un tempo era una distesa di fiamme arancioni, ora era un pavimento nero che in qualche modo riusciva a macchiare sempre, anche lo stivale più cupo o putrido della Stella A Quattro Punte. 

Ora, quindi, le tronfie armature dei tre Prigionieri Della Perfezione oltre ad odorare di bruciato, avevano anche gli stivali insozzati. A loro, ovviamente, non importava, erano Corvini e solerti proseguirono per la loro via. 

Superato l'Ignis, la torre di Argentius si faceva sempre più vicina. 

In quelle corrucciate strade colme di brutti ceffi, tutti guardavano i tre fratelli straniti e stizziti, dato che erano abituati a vedere una singola seccatura vagare per le loro strade: Argentius, adesso quella rottura s'era moltiplicata per tre.

Rozzi versi e grugniti potevano essere uditi, sputi dalle case potevano essere ricevuti, e, soprattutto, potevano essere guatati a iosa ladri intenti a far valere il loro nobile impiego.

Tutte queste cose facevano adirare Cobaltius e Romantius, facendo loro venire in mente la pazza idea d'intervenire. "Fratello, non t'infuria tutta questa penuria?!" Disse un alterato Cobaltius, "ignorali..." rispose con tranquillità il Corvino Lucente. "Al prossimo che tenta di ripulirmi gli stivali con uno sputo"-di sangue, ovviamente- "gli taglio la testa!" Aggiunse la Corvina Rosa, "mettete da parte l'alterigia... loro sono in molti, noi in tre" controbatté di nuovo Argentius.

Ad un certo punto, una figura incappucciata s'iniziò ad appropinquare ai tre fratelli camminando in orizzontale e con estrema rapidità sulle legnose mura della case che in quel momento attorniavano il cammino dei Corvini. 

D'istinto Il Corvino Lucente disse:" all'erta fratelli!"

Quell'ombra scattava da un muro all'altro con perizia, cercando un punto morto nel triangolo appena creato dai tre Corvini per difendersi.

Le loro lame erano sguainate, ed erano pronte a trafiggere finalmente qualche stolto. 

Il loro nemico, però, era tutt'altro che tocco. La sua destrezza gli permetteva di essere rapido quanto Romantius, cosa non da poco. "Prendi questa!" Disse Cobaltius facendo partire dalla sua spada un bluastro fendente in direzione del loro velato nemico. 

Quest'ultimo, con leggiadria, schivò balzando in direzione dello scoperto Corvino bluastro, che, dopo quell'attacco, aveva perso la guardia. Il fendente del Prigioniero Della Perfezione finì per scontrarsi con una casa, rompendone le fondamenta.

"Fa attenzione!" Disse suo fratello alla vista di quel balzo felino, seguito dal frastuono generato dalla caduta della casa distrutta involontariamente dal Corvino Bluastro. 

Non appena Argentius terminò la sua frase, l'aggressore stava già per atterrare su Cobaltius. Quest'ultimo, preso alla sprovvista, non fu in grado di reagire e il ladruncolo durante l'atterraggio gli strappò dalle mani il suo flagello. La sua spettacolare caduta, poi, terminò con una sublime rotolata sotto le gambe dei Corvini che rimasero elusi. 

Romantius, ch'era quella con le movenze più simili a quel vandalo, almeno riuscì a tagliargli una mano nel momento della sua rialzata. Era però la mano sbagliata, la spada del suo adorato fratello era ancora ghermita dall'altra furtiva mano di quella scheggia. La cosa che spaventava, però, non era solo la perdita della lama di Cobaltius, ma il fatto che anche dopo la perdita dell'arto destro, quel nero cappuccio non avesse provato nulla. 

Dopo la sua recisione, infatti, scomparve tra i vicoli della Citta Dei Carboni, lasciando i Corvini 'a bocca aperta', se mai la dovessero avere.





Le Cronache Scarlatte - Il CavaliereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora