Guglie, pinnacoli, cattedrali, chiese piene di feticci dorati e un bailamme di Creature e prosperità, in quella mistica città posata al di sopra di una ripida montagna, erano i reggenti insieme al riverito reo d'oro.
Sfarzo, lucentezza e sublimità, erano i dettami della capitale più avara di sempre; così avara, che insieme al suo ingordo padrone, preservava tutto il lusso per sé: dal pieno centro, fino all'ultimo mero borgo del conquistato nord-est; nel quale, dalla pietrificazione del Dio Ardente per mano di Rèoro, è in mano al cùpido re di Princìpia ed il suo popolo di Oriferi.
Di preciso non si sa cosa abbia spinto Il Dio Dell'Oro a compiere una seconda pietrificazione completa. Si sproloquia solo che potrebbe essere stata l'incolmabile avidità del sovrano della Stella A Quattro Punte, scaturita sin dalla prima visione dell'oro nella grotta posta sotto la Capitale Dorata, a portarlo a compiere questo atto estremo.
Prima della pietrificazione, Oriferi e Popolo Rosso, sin dalla Guerra Dell'Evaporazione erano alleati, e solerti conquistarono tutte le quattro punte; da lì iniziò ad esserci un'egemonia spartita tra Il Dio Del Fuoco e Rèoro. Le capitali erano due, entrambe con estrema rilevanza: ad Aurelia, al centro, vi era stanziato Il Dio Dell'Oro, a Sole Cadente, nel mezzo della punta che verteva verso nord-est, il Dio Del Fuoco.
Al primo dei due, però, non andava bene questa condivisione del potere; così, ad un concilio organizzato da Rèoro stesso, al quale erano invitati Il Dio Del Fuoco e i suoi due sovrintendenti, al fine di parlare dell'indipendenza dello scalpitante sud-est della Dea Dell'Aria, egli, il giorno che seguitò, acquisì l'appellativo di 'reo d'oro' da tutto il Popolo Rosso, proprio perché quella subdola sera, acquisirà altresì i corpi pietrificati e le anime dei due sovrintendenti più quella del Dio Ardente.
Poi, con un banale schiocco di dita, fece svanire le tre statue. Seclùsia era la loro destinazione, sotto Piana Del Vespro, la città più a settentrione del nord-est.
Lì sarebbero state pressoché irraggiungibili, visto quanto satollo di belve fosse quel posto.
Il giorno seguente convocò sia gli Oriferi che il Popolo Rosso sotto il suo imponente castello, ovviamente dorato; e dalla sua balconata adornata da due soavi e candidi tendoni trasparenti, annunciò che il Dio Del Fuoco, per volere dei Grandi Occhi Celesti aveva iniziato un pellegrinaggio verso le più sconosciute terre per espandere le conoscenze e i territori di Princìpia.
Tutti erano scettici all'udire di quelle becere parole, anche gli stessi Oriferi. Gli spiriti traslucidi del Popolo Rosso erano invece furiosi, non potevano credere a tali fandonie.
Qualche improvvido spirito rosso esortò con un grido nel mezzo di quel marasma trepidante di Creature Primordiali:
'tu sei un reo! Un reo d'oro!'
E così tutto il Popolo Rosso iniziò a coniare un nuovo temibile nome:
"Rèoro! Rèoro! Rèoro!" Inveivano.
Quest'ultimo, che era si avaro ma non stolto, aveva previsto questo accanimento, infatti, appostati sulle più svettanti guglie di Aurelia, erano appostate centinaia di arcieri; tutti anchilosati con tre frecce incoccate che aspettavano solo quella conflagrazione.
Le loro dita poterono finalmente rilasciare le corde dei loro aurei archi. Le frecce quando partirono lasciarono nell'aria di Aurelia, svariate particelle gialle, le quali cercavano invano di coprire quell'aberrante spettacolo al cielo.
Non aveva importanza chi colpissero, l'unico obiettivo del Dio Dell'Oro, era avere tutto il potere per sé, ed una guerra civile lo avrebbe messo alle strette.
Quel giorno, spiriti traslucidi rossi e Oriferi, vennero subissati da un marasma di indifferenti frecce auree. Quel giorno, tutti i territori del Popolo Rosso vennero conquistati dai commilitoni del reo d'oro e pinti d'altrettanto oro. Quel giorno, una parte della Stella A Quattro Punte divenne totalmente placcata in oro, e il nome di quell'agglomerato di neonata lucentezza, venne chiamato Capitale Dorata.
Ora Nubius si trovava nella Strada Maestra di quest'ultima, diretto al castello del suo capo situato nella zona nella quale un tempo vi era Sole Cadente.
Quella sgargiante stradona divideva in due tutta la città. Da essa affluivano svariate vie che s'intersecavano fra le auree e lussureggianti abitazioni dei cittadini.
Il capo dei Corvini, un po' intimorito da ciò che Rèoro gli avrebbe potuto dire, camminava ansioso in mezzo a tutte le Creature che gli passavano accanto.
Ripensava sempre a quell'orrido sogno che fece nel mezzo del suo viaggio verso Il Gioiello Del Deserto.
Questo lo scorava, gli creava sgomento, lo tormentava; ma da solenne Corvino doveva portare a termine la sua missione.
Camminò tutta la mattinata per la Strada Maestra, e in pieno pomeriggio arrivò nel pieno centro della capitale.
Ad accoglierlo vi era un enorme castello che spartiva la Strada Maestra in due: Il Goldiero.
Il castello del re di Princìpia disponeva altresì di un nome proprio, il quale era doveroso vista la sua imponenza. Sembrava che anch'esso avesse una corona, una corona formata da irte guglie e pinnacoli. S'ergeva per più di venti metri in verticale, e poteva essere scorto quasi da tutte le parti del regno vista la sfavillante luce che emanava ad ogni ora dalle sue alte punte.
Sui suoi fianchi numerosi contrafforti si posavano e sembravano fossero le ali d'un drago che stava riposando.
Nubius, che una pesante soglia l'aveva già varcata settimane fa, entrò nel Goldiero.
Ad attenderlo vi era una gigantesca volta che raffigurava il castello visto dall'alto, ed un empirico cielo cosparso di particelle dorate. Sembrava di essere all'aperto sotto quella meraviglia architettonica.
Numerosi archi a sesto acuto erano padroni di quell'enorme sala dorata. Sopra di essi si ergevano gli altri numerosi piani, nei quali vi erano la camera del re, le cucine e anche delle stanze delle torture.
Il Corvino Nero camminò per circa venti metri lungo un tappeto ceruleo ornato irregolarmente da sprazzi di giallo acceso, finché non arrivò al culmine di quella decorata stanza aurea.
Ad aspettarlo c'era niente meno che Rèoro, il quale braccava le conoscenze che Nubius gli avrebbe dovuto portare.
Dopo un inchino, l'invitto Corvino disse: "mio Lord, le porgo i miei più sinceri saluti."
Dal suo brillante trono ingioiellato, il Dio Dell'Oro s'alzò con fare austero, e, mentre la sua possente armatura continuava a tremare a causa della sua elevazione, disse: "non aspettavo altri che te, mio fedele Nubius."
Concluse poggiando una mano in segno di rispetto sulla spalla chinata del Prigioniero Della Perfezione.
"Spero tu abbia notizie, non vorrei che la mia ascesa al cielo si dilungasse ancora..." disse girandosi di schiena e camminando verso il trono guatando la mistica volta del Goldiero.
Per sua fortuna, la nera armatura non lo mostrava, ma nel capo dei Corvini albergavano paura ed insicurezza, l'opposto di ciò che era sempre stato.
"S-si... ho molte novità mio L-lord..."
"e a giudicare da come parli sono notizie spiacevoli" rispose Rèoro un poco spiazzato. "Cos'è che ti scora?!"
"Si-signore" continuò Nubius tremebondo, "ho notizie non solo su come ascendere al cielo, a-anche su-sulla Dea del Sangue..."
Rèoro di scatto si girò e disse: "impossibile!" Tuonò.
Nubius dopo quella sfuriata, ancora con voce più flebile disse: "S-si... ho affrontato il liquido cristallino, d-due volte..."
"Ma non l'hai sconfitto se parli così!" Lampò di nuovo il reo d'oro.
"S-s-signore... io n-non avevo più le forze, quel Cavallone mi ha ingaggiato mentre combattevo con il Dio Tellurico... e l'ha anche ucciso al posto mio!" Si riprese il Corvino nero ripensando a quanto adirato fosse quella volta.
"Quindi mi stai portando solo cattive notizie!? A cosa sei servito?! Dovrò cambiare sovrintendente! Se non hai altro da dirmi andrò a chiamare Smeraldius ch'è già in città!"
"Mi lasci finire signore!" Rimbeccò un Nubius che sembrava aver riacquisito sicurezza, "sono comunque riuscito a parlare con lo spirito del Dio Della Terra"; qui il capo dei Corvini avrebbe dovuto rivelare a Rèoro chi fossero i cosiddetti 'Prigionieri Della Perfezione', tuttavia non voleva che la sua vita e quella dei suoi fratelli finisse, perciò decise di prendere una decisione drastica per l'orgoglio di un Corvino: mentire.
STAI LEGGENDO
Le Cronache Scarlatte - Il Cavaliere
FantasyIn un mondo dominato dal più profondo blu del Mare, gigantesche e abominevoli Creature Marine dalle esecrabili fattezze vagavano dandosi battaglia. L'unico colore presente era il blu, che rendeva il tutto apatico e monotono. In quel mondo non v'era...