14. Narvinyë - Gennaio

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Appena Leo si addormentò, Zero decise che avrebbe seguito il risveglio dell'eroe, e per prima cosa avrebbe fatto spostare le NeuroCelle dal Castello Onirico, ad un nuovo laboratorio situato a Cloud City. Lì sarebbero stati al sicuro da eventuali attacchi da parte dell'Onoranza.

Così Leo dormiva e nel frattempo recuperava le sue memorie passate, quelle che erano andate perse per colpa di Rien.

Da qualche parte, in alto in alto, la luna risplendeva, bella piena... ma a Cloud City infuriava una tormenta di neve. Il vento fischiava, battendo a tutta forza la strada principale deserta.

Gamil Zirak, fabbro e maestro, venne colto dalla tormenta, restando così intrappolato nella sua bottega, dove, aspettando che finisse la nevicata, fece, con un vecchio e unto mazzo di carte, l'Arcidruido (una sorta di solitario). Fuori, il vento ululava all'impazzata. Gamil, un po' a disagio, alzò la testa, poi tornò a chinarla sul gioco. Era solo il vento, dopo tutto...

Ma il vento non grattava alla porta e non guaiva per farsi aprire. L'elfo si alzò. Era alto e smilzo, indossava un copricapo di lana sopra la tunica color porpora. Una pipa gli pendeva dalla bocca ed il lume delle candele gli fece avvampare il volto di un bagliore aranciato.

Qualcosa grattò alla porta. Una volpe, pensò, che si è persa e vuole entrare. Ecco tutto... ma esitò. Sarebbe inumano lasciarla lì fuori al gelo, si disse (non che dentro facesse molto più caldo, nonostante le numerose candele accese, il fiato si condensava) ... ma esitò ancora. Il dito gelato della paura gli si era puntato proprio sotto il cuore. Era una brutta annata a Cloud City, maligni presagi si addensarono su quella Terra. Gamil Zirak, nelle cui vene scorreva sangue di nano, non si sentiva affatto a suo agio. Ma non aveva tempo di decidere niente sul conto del visitatore.

Il basso guaito diventò un ringhio. Si sentì un colpo, come se qualcosa di pesantissimo si fosse abbattuto contro la porta. Una gran mole arretrò... poi colpì ancora. L'uscio si scosse negli infissi. Dalla fessura in alto entrò uno spruzzo di neve. Gamil Zirak si guardò intorno, cercando qualcosa per barricarsi, ma prima che potesse afferrare la sedia, la cosa latrante tornò a colpir la porta con incredibile forza, fendendola a metà da cima a fondo. Incurvata, semi divelta, la porta resistette ancora, mentre ciò che appariva nella fenditura vibrò zampate bestiali, scostando e schiantando le assi, affacciandosi ringhioso in un turbine di neve e schegge, con gli occhi gialli e malvagi. Era il lupo più grosso che Gamil Zirak avesse mai visto. E i suoi ringhi sordi avevano un suono umano.

La porta cigolò, si sgangherò e andò in mille pezzi.

Nell'angolo, tra i vari attrezzi, c'era un martello. Gamil lo afferrò e lo brandì, mentre il lupo si faceva avanti nel varco e incombeva sull'elfo rannicchiato in fondo alla baracca, con gli occhi che emettevano lampi gialli e le orecchie erano piegate all'indietro come triangoli pelosi. La lingua penzolava bavosa, mentre un turbine di fiocchi irruppe dentro la baracca. L'ostacolo della porta non c'era più.

Il lupo balzò in avanti con un ringhio e Gamil Zirak vibrò il martello. Una sola volta.

Il bagliore delle candele si proiettò fuori dalla porta infranta, rischiarando la neve. Il vento fischiava ed ulula.

Si levarono le prime urla.

Qualcosa di disumano era arrivato a Cloud City. Era il Lupo Mannaro. Era arrivato, era arrivato lì, in quel paese della Terra degli Elfi.

Fuori, le sue tracce cominciarono a riempirsi di neve, e il sibilo del vento sembrava una frenesia di piacere. In quel rumore non v'era nulla della Luce... era tutto inverno nero e buio ghiacciato.

Xeo si risvegliò nel suo letto. Guardò fuori dalla finestra e vide che era una bellissima giornata di sole, nonostante la neve ricoprisse quella Terra, ma soprattutto era il primo dell'anno. Era l'inizio di un nuovo quantiën (un nuovo anno).

Si stropicciò gli occhi e, dopo una perlustrazione alla sua stanza, si alzò. Era tutto in ordine. Le pareti della sua camera erano in perfetta armonia con l'ambiente circostante. Il soffitto era fatto d'erba e i mobili era intagliati nel legno degli alberi di Cloud City.

Si sciacquò il viso con l'acqua contenuta in una grande conchiglia e si specchiò... tutto come sempre, non sembrava affatto che fosse iniziato un nuovo anno. I suoi occhi blu brillarono nel suo riflesso, sorrise e si pettinò i capelli castani con le mani, scombinandoli in una acconciatura tutt'altro che in ordine. Si sistemò il ciuffo dietro le lunghe orecchie a punta e poi si vestì, mettendosi l'abito più sgargiante che aveva (color acquamarina) e uscì di casa.

Aveva i suoi amici da incontrare.


Reintegrazione al 8%

LEO e la leggenda del Regno di LuceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora