37. Il Cimitero del Regno - la battaglia finale

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«Scacco matto» annunciò Valentine, con un sorriso trionfante. Aveva appena divorato il Re bianco di Hera, lasciandola con appena due pedine «E così l'oscurità prevale, e la luce spira» disse «Ti serve una nuova strategia»

Hera lo guardò con un sorriso leggero, come se non fosse minimamente turbata dalla sua sconfitta «Tocca a me, vero?» chiese, ignorando le parole di Valentine, il quale rimase interdetto. Poi, con un gesto sicuro, spostò il suo Re sulla scacchiera «Visto? Non è ancora finita» esclamò con gioia.

«M-ma-ma...» balbettò Valentine, sorpreso da quell'ultima e imprevedibile mossa «Dai!» sbuffò, con un pizzico di frustrazione nella voce «Non è giusto, eri chiaramente spacciata» esclamò, incrociando le braccia al petto con frustrazione.

«Si, lo so» ammise la giovane Hera «Ma un gioco non è divertente se sai come andrà a finire. Te l'ho detto, la luce riserva sempre delle sorprese» mosse le mani sulla scacchiera, facendo in modo che le pedine bianche tornassero alle loro posizioni originali «Un po' di luce dal passato»

Era disteso a faccia in giù, ascoltando il silenzio. Era perfettamente solo. Nessuno lo guardava. Non c'era nessun altro. Non era del tutto sicuro di esserci nemmeno lui.

Dopo molto tempo, o forse nessun tempo, capì che doveva esistere, doveva essere più che un pensiero disincarnato, perché era disteso, certamente disteso su una superficie. Quindi possedeva il senso del tatto, e anche la cosa sulla quale giaceva esisteva.

Non appena fu giunto a questa conclusione, Leo si rese conto di essere nudo. Convinto com'era della propria totale solitudine, la cosa non lo preoccupò, ma lo incuriosì. Si chiese se, così come era in grado di sentire, sarebbe riuscito a vedere. Aprendoli, scoprì di avere gli occhi. Era circondato da una nebbiolina luminosa, diversa da ogni nebbia mai vista prima. Intorno a lui non c'erano cose nascoste dal vapore, era più come se il vapore non avesse ancora preso una forma definita. Il pavimento sul quale giaceva era bianco, né caldo né freddo, semplicemente un piatto, vuoto qualcosa sul quale stare.

Si mise a sedere. Il suo corpo sembrava intatto. Si toccò il viso. Successivamente si alzò e si guardò intorno. Più guardava, più c'era da vedere. Una grande cupola di vetro scintillava alta sopra di lui. Forse era un palazzo. Tutto era ovattato e immobile. Leo si girò lentamente sul posto e ciò che lo circondava parve inventarsi davanti ai suoi occhi. Un ampio spazio aperto, luminoso e pulito. Ma... dove si trovava?

«Oh prescelto di Ignis!»

Si voltò di scatto. Una donna gli veniva incontro, svelta e diritta, con una veste fluttuante blu notte.

«Leo» spalancò le braccia «Io sono Hera. Vieni...»

Sbigottito, Leo la seguì verso due sedie che prima non aveva notato, non molto distanti sotto il soffitto alto e luminoso.

Hera sedette su una con un movimento aggraziato e Leo si lasciò cadere sull'altra, guardando la vecchia Maestra in faccia. I lunghi capelli neri e ricci incorniciavano il viso scuro di lei, mentre occhi verdi e penetranti lo stavano fissando da dietro gli occhiali a mezzaluna.

«Ma che posto è questo?» chiese il ragazzo.

La donna ci pensò «Non lo so» disse poi con un tono pacato «Ma ciò che so è che i confini del sonno e della morte si toccano e talvolta si sovrappongono» spiegò.

«Cosa?» domandò lui, stupefatto «La morte?»

«Sì» rispose Hera «La fine naturale... quando corpo ed anima periscono assieme. Ma qualcuno persiste ed arriva qui»

«Il mio corpo e la mia anima sono periti?» Leo cercò di elaborare quelle informazioni «Vuol dire che...»

«Qualcosa ti trattiene qui» rispose la vecchia Maestra «E si rifiuta di lasciarti andare. Sei appeso ad un filo»

LEO e la leggenda del Regno di LuceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora