34. Il Bosco Paimpont - Prima del Castello Onirico

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Ed eccolo nuovamente con i suoi fidati compagni di viaggio. Oh... quanto gli erano mancati! E adesso che erano di nuovo assieme, il gruppetto si diresse verso la loro nuova destinazione: Alex ed il Castello Onirico.

Sapevano che il ragazzo si trovava lì, ma non avevano idea di come risvegliarlo e soprattutto non sapevano in quale stanza fosse tenuto nascosto. Così decisero di usare Ignis per arrivare nella Terra del Castello. Ma qualcosa andò storto.

Un vortice di luce li avvolse e li trasportò in un bosco che non ricordavano di aver mai visitato. Un bosco ombroso e silenzioso, dove gli alberi svettavano altissimi verso il cielo, nascondendo la luce del sole. E quella notte iniziarono le voci.

Un trapanare incessante e doloroso nella mente di Leo. Voci che sussurravano, urlavano e lo tormentavano. Anche i suoi sogni erano tormentati e confusi.

Quando Leo si alzò era ancora buio. Il mal di testa era insopportabile, la sua mente pulsava come se dovesse esplodere da un momento all'altro. Si fece largo tra gli alberi e raggiunse Newt, che era rannicchiato non lontano da lui, cercando di scaldarsi con una piccola fiamma azzurra «Dove siamo?» chiese.

«In un bosco magico, è ovvio»

Passarono quasi tutta la giornata rannicchiati a scaldarsi vicino al fuoco che Newt era così abile a produrre. Quelle fiamme, che si potevano raccogliere e portare con sé in un barattolo, emanavano un calore rassicurante donando un po' di sollievo al corpo dolorante di Leo. Il ragazzo si sentiva come in convalescenza dopo una malattia breve ma grave, la testa ancora annebbiata e il cuore colmo di un'inquietudine che non riusciva a scacciare.

Dopo due notti di sonno tormentato, i sensi di Leo erano più acuti del solito. La minaccia di Valentine si avvertiva più vicina, più pressante. Al calare dell'oscurità, Leo rifiutò l'offerta di Febo di vegliare al suo posto, mandandolo a dormire. Si coprì con tutti i maglioni che possedeva, ma i brividi di freddo lo percorrevano ugualmente. Il buio si infittì col passare delle ore, fino a diventare quasi impenetrabile.

Ogni minimo movimento era amplificato dalla vastità della foresta. Leo sapeva che era popolata da creature di ogni tipo, ma pregava che restassero silenziose e immobili, permettendogli di distinguere i loro innocui spostamenti da eventuali altri rumori, rumori che potevano essere sinonimo di pericoli.

Si drizzò a sedere parecchie volte, con il collo dolorante per la strana posizione in cui si era addormentato. La notte raggiunse una profondità così nera e vellutata che avrebbe potuto trovarsi nel Reame Oscuro. Aveva appena sollevato una mano davanti agli occhi per vedere se riusciva a distinguere le dita quando accadde.

Balzò in piedi, la voce paralizzata in gola, e alzò Ignis. L'impulso di gridare, che un attimo prima era stato fortissimo, svanì.

«No» esclamò lui con la voce incrinata, tanto a lungo era rimasto in silenzio «No!»

L'oscurità l'aveva inghiottito. Ora aveva paura.

Il cuore gli balzò in gola, cadde in ginocchio e non si mosse.

«Aiuto» mormorò.

Le voci, le voci nella sua testa lo stavano facendo impazzire.

Leo si fermò ed emise un lungo sospiro, il fumo del suo fiato si disperse in fretta nell'aria. Il freddo era un'agonia, lo aggrediva come fuoco. Ma alla fine la sua mente fu sgombra.

Tossendo, in preda ai conati, rinvenne.

Giorni dopo, Febo si ritrovò con un coltellino in mano, intento a intagliare un pezzo di legno. Era la prima volta che ci si cimentava da quando era dodicenne. Lo ricordava come un passatempo tra i suoi preferiti, e si considerava anche abbastanza abile. Ma ora, qualcosa nel suo subconscio lo aveva spinto a riprendere in mano quell'arte dimenticata.

LEO e la leggenda del Regno di LuceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora