Capitolo LI - Akemi

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Parte LI

Warnings: Il flashback di Akemi - a inizio capitolo e in chiusura - nella sua interezza è un pozzo di traumi infantili. Abusi famigliari, mal nutrimento, violenza sessuale su minore, stupro, infanticidio, omicidio, malattia mentale.





La storia delle radici della Malvagia Akemi, del suo personale inferno, narrava che una Daiyoukai discendente del clan Hirite, le famigerate volpi dalla coda nera, fosse discesa fra gli umani spacciandosi per una fanciulla celeste.

Qui la volpe aveva assunto sembianze verosimilmente umane e per placare la sua lussuria aveva giaciuto con molti uomini. I doni di queste congiunzioni erano stati accettati dalla Daiyoukai con amore e riverenza. Ogni figlio e ogni figlia erano stati accolti con gioia. Tutti tranne una.

La reietta in questione secondo la leggenda tramandata era stata abbandonata dalla madre nei dintorni di un luogo culto, ai piedi di una grande torii di preghiera abbracciata stretta da un ristretto giardino di statue. Tanti piccoli Buddha, tante celebrazioni di preghiera.

Si diceva che la Daiyoukai fosse rimasta indispettita dall'apparenza e dalla debolezza di quell'ultima figlia neonata al punto di decidere di pietrificarla e renderla una statua di gesso. Una semplice decorazione, una piccola volpe a tre code celata fra tanti Buddha.

Svegliata da un'umile sacerdotessa anziana che si diceva fosse inciampata nella sua statua la bambina aveva ripreso forma umana ben cent'anni dopo la sua pietrificazione. Da quel momento in poi fino alla sua adolescenza si seppe poco di Akemi. Molti mortali chiacchieravano delle sue misfatte, del buon cuore con cui era stata accolta in una famiglia di viandanti circensi che poi era stata tradita dall'orribile creatura ibrida.

Molti youkai narravano invece con gioia del vile trattamento che quell'infima mezzodemone patì per mano di umani ancora più vili di lei.

La realtà fu che a dodici anni Akemi partorì il suo primo figlio. Un quarto di demone, un maschio. Figlio di Padre Mangiafuoco, l'uomo che l'aveva costretta a chiamarlo padre fin dal primo momento in cui l'aveva comprata dalla sacerdotessa morente in cambio di un funerale decente.

A sedici anni e trent'otto chili di peso divenne madre per la quarta volta.

La figlia che diede alla luce aveva i suoi capelli ramati e gli occhi scuri di Fuji, il figlio minore del padrone. Akemi lottò per quest'ultima figlia. I suoi primi tre bambini erano spariti tutti durante i lunghi viaggi per le strade dell'Ovest su cui la sua famiglia si esibiva giorno e notte per guadagnare abbastanza per spostarsi in un altro villaggio, verso una città più grande magari. Suo padre sognava la fama, sognava di diventare un ricco imprenditore le cui doti di mangiafuoco sarebbero diventate note per tutto il Giappone. Sua madre, la sua madre umana, desiderava seta e perle e per pagare i propri lussi vendeva i servigi di Akemi agli uomini in cerca di compagnia da quando lei aveva dieci anni. L'altra figlia di madre e padre, Yuki, era buona e bella. Un'anima gentile. Che di solito accompagnava i fratelli maggiori quando abusavano di Akemi nel bosco di notte, restando a ridere di come fosse divisa fra quei due come un pezzo di carne.

Spolpata fino all'osso, così rideva Yuki quando quei due scambiavano posizioni per violare ogni suo orifizio.

Con padre no, Yuki non si faceva mai vedere. Akemi sapeva che padre apprezzava la loro intimità. Secondo Padre Mangiafuoco Yuki era troppo pura per mescolarsi con Akemi.

Per questo le aveva tagliato le code, scuoiandole per farci una pelliccia per la figlia. Per questo, anche mentre si muoveva dentro di lei ogni notte, anche a un giorno dal parto, padre le sussurrava all'orecchio di quanto inutile e peccaminosa Akemi fosse. Ma se fosse stata brava stavolta, se avesse fatto quello che le dicevano senza lamentarsi, stavolta avrebbe potuto tenere la sua bambina.

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