Capitolo XXIV - Tokyo

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Parte XXXIV





Erano passati altri due giorni ormai e Inuyasha cominciava a propendere per una profonda indagine personale, cosa che negli ultimi duecento cinquant'anni aveva sempre evitato come la peste.

Si tendeva a fare conoscenza con personaggi sgradevoli sondando troppo la strada verso il proprio io: in quel caso, il personaggio sgradito era lui stesso.

Quindi no grazie, aveva sempre evitato di analizzarsi allo specchio, specialmente in climi di grande stress come quello che stava vivendo. Ma complici stanchezza, malinconia, paura persino, i suoi muri mentali avevano iniziato a sgretolarsi ed era sopraggiunta la voce interiore del suo youkai che gli chiedeva, sempre più spesso, perché mai stesse impazzendo a tal punto per un cucciolo che non era nemmeno suo.

Tōga non era Moroha. Non era suo figlio.

Non sarebbe mai stato suo.

Quindi perché non dormiva da più di quarantotto ore?

Ma ora la situazione stava diventando ingestibile oltre che fuori dai canoni dell'ordinario, perché Sesshomaru quella mattina era tornato dal suo giro d'aria con un cervo.

Inuyasha non sapeva ben dire come si fosse addormentato, forse un paio d'ore al massimo, ma al suo risveglio era apparso suo fratello con a seguito la fresca colazione appena cacciata.

Era uscito dalla boscaglia trascinandosi dietro la carcassa e l'aveva posata di fronte al mezzo demone come se Inuyasha avesse dovuto farci qualcosa.

Con la mente snebbiata di poco grazie all'odore del sangue si domandò se ci fosse un protocollo anche per quello, perché il Daiyoukai non aveva certo bisogno che qualcuno gli scuoiasse il pasto per servirglielo ben cotto quindi perché quel gesto?

Forse, non mangiando da giorni, aveva rallentato Sesshomaru nella ricerca di Tōga?

Doveva essere così. Stava rallentando la caccia e diminuendo le loro possibilità di un rapido ritrovamento senza bere, nutrirsi o dormire.

Per non parlare delle sue precedenti ferite. Probabilmente il Signore dell'Ovest stava perdendo la pazienza con lui. Senza scusarsi ma senza neanche fiatare afferrò il cervo e cominciò a sfilettarlo con gli artigli, conscio che cucinare la carne avrebbe portato via altro tempo, ma Sesshomaru era libero di ricominciare per i fatti suoi.

Non lo trattenne, accendendo un fuoco rapidamente. La carne stava già arrostendo quando nei pensieri di Inuyasha s'infiltrò una strana sensazione.

C'era della contentezza nell'aria.

Un piacere non sessuale, soddisfazione persino.

E provenivano da Sesshomaru, che si era seduto dall'altra parte dell'improvvisato falò e lo fissava completamente assordo nei suoi movimenti. Non se n'era andato, non lo stava redarguendo sulla sua lentezza e la sua debolezza fisica.

Tentò di ignorare la cosa, non aveva idea di cosa potesse compiacersi l'alpha di suo fratello nell'osservarlo mangiare la preda che aveva cacciato ma una volta che la selvaggina gli passò fra i denti la fame degli ultimi tre giorni lo colpì in pieno.

Poteva non essere la carne pregiata del palazzo, tagliata dagli abili artigli dei cuochi di suo fratello ed era stata cotta su una brace improvvisata, ma Inuyasha rammentò improvvisamente ogni suo pasto conquistato in quei boschi che per lui erano casa da più di quattro secoli.

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