B I T E B A C K
Kasey
CW: percosse, violenza domestica
Non vedo più niente e i rumori mi arrivano fortissimi alle orecchie. Il motore che ruggisce, le ruote che sfrecciano sull'asfalto, i clacson di altre macchine in lontananza.
Sono certa di essere nel retro del furgone dei rapinatori, insieme a uno di loro. Dalla voce, scommetterei Andrew Siegel.
Prima ho allungato le gambe e devo averlo colpito, perché mi ha ammonita con un rabbioso: «Stai ferma.»
Per screzio ho spinto le gambe ancora più in avanti e ho strofinato i piedi nudi sulle sue. Gesto che mi ha fatto guadagnare uno schiaffo sulla coscia e un secondo ammonimento. Andrew non poteva vedermi, ma ho sorriso.
Ho un sacco di tela scura sulla testa e il polsi legati in grembo con del nastro adesivo piuttosto fastidioso. Ho anche un nodo alla bocca dello stomaco, che mi si attorciglia sempre più stretto ogni curva che prendiamo.
Mi stanno per liberare, ma non so dove mi lasceranno.
L'idea di tornare a casa mi dà sollievo e allo stesso tempo angoscia, non sarò più prigioniera di questi tre rapinatori, ma tornerò tra gli artigli del mio vecchio despota. Non ho idea di come prenderà questa storia del rapimento, se porterà simpatia a mio favore o se aumenterà l'odio che prova nei miei confronti per star fallendo l'università che mi ha costretto a frequentare.
Il furgone inchioda di colpo e cado di lato, andando quasi a sbattere la testa sul pavimento.
Poi tutto succede così in fretta.
Un paio di mani mi tirano in piedi di forza. Lo strattone è così violento che inciampo in avanti. Sento il rumore metallico del portellone laterale che si apre e con una spinta cado con le ginocchia sull'asfalto caldo. La luce del sole filtra attraverso la stoffa del sacco che ho in testa. Tento di alzarmi in piedi, i palmi delle mani che bruciano per i graffi della caduta, ma il furgone riparte sgommando.
Traffico con il cordoncino che mi lega il sacco al collo e, in qualche modo, riesco a slegarlo e strapparmelo dalla testa. Il sole mi acceca per un attimo e sbatto le palpebre. Un furgone bianco in lontananza sparisce in una via laterale, prima che possa anche solo guardare la targa o il modello.
Mi guardo intorno, l'ansia che mi stritola la bocca dello stomaco.
Non ho idea di dove mi trovi.
Sono sola, scalza, con indosso solo un paio di pantaloncini del pigiama e una maglietta orribile con la scritta "I love Miami".
Mi trovo nel parcheggio sul retro di un edificio in costruzione. C'è una gettata di cemento ancora fresco, assi legno abbandonate in un angolo e un bidone rosso pieno fino all'orlo di rifiuti. Alla mia destra c'è solo folta vegetazione, palme rinsecchite e montagne di terra. Raggiungo il marciapiede, su una strada lunga strada trafficata. Dietro l'angolo c'è una chiesa battista. Guardo a sinistra: da entrambi i lati ci sono negozi d'auto usate e nuove, autofficine e meccanici. Poi, in lontananza, vedo la testa rossa di un enorme clown, guanti gialli e una maglietta a righe bianca e rossa.
Posso anche non avere idea di dove mi trovo, ma sono certa che quello che vedo a mezzo miglio di distanza è certamente un McDonald's.
Ci saranno clienti, personale e posso farmi prestare il telefono da qualcuno per chiamare mio padre.
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DARKTOKEN || Dark romance
RomanceNon sarei dovuta essere in casa. E lui non sarebbe dovuto entrare. ✞✞✞ Kasey odia suo padre, il giudice corrotto Remington. Controlla ogni aspetto della sua vita, come se la figlia fosse solo un altro dei suoi possedimenti: dall'università che freq...