Sei la mia camomilla

7 4 13
                                    

Sorseggio la cioccolata con tripla panna montata che mi ha offerto gentilmente la cameriera che lavora dentro questo bar molto semplice e accogliente, seduta su un comodo divanetto rosso.
Non appena sono entrata, con la mia chioma fucsia scompigliata, l’aria malandata e con le lacrime agli occhi, la ragazza, Ariel, è venuta subito in mio soccorso chiedendomi cosa mi fosse successo e, non riuscendo più a controllare le mie emozioni e fregandomene del fatto che ci fossero sconosciuti intorno a me, mi sono accasciata per terra aprendo di più il rubinetto per fare scendere fiumi e fiumi di lacrime.
Se non fosse stato per la gentilezza di Ariel, che con molta pazienza mi ha prelevata dal pavimento facendomi sedere e mettendomi in bocca un muffin ripieno di marmellata di fragole, a quest’ora sarebbero tutti morti annegati.
Consolatami con il cibo, ho raccontato la mia triste storia ad Ariel… e pure alle sei persone che erano nel bar che, incuriositi, si sono seduti intorno a noi commentando di tanto in tanto, presi com’erano dalle mie bizzarre vicende.
Arrivata al punto dell’aereo, le loro facce erano più che stupite, riconoscendo in me la ragazza di cui si parlava al telegiornale che a quanto pare hanno guardato.
Mi hanno riempita di domande manco mi stessero a fare un’intervista. Qualcuno mi chiedeva se avessi avuto paura. Ovvio che sì, chi non l’avrebbe avuta nella mia situazione? Una signora sulla quarantina ha chiesto se avessi provato a difendermi lottando con i terroristi ma mi sono limitata a scuotere leggermente la testa. Per chi mi ha presa? Jet Li, forse? È già tanto che mi sia messa a supplicare, inutilmente, il tizio che mi ha buttata giù.
Un bambino in compagnia di suo padre invece mi ha chiesto del mio braccio fasciato e ho dovuto spiegare che, molto intelligentemente, avevo messo il salvagente sul braccio e che a causa dell’impatto con l’acqua, me l’ero lussato.
Alla domanda di una vecchietta che chiedeva se i malviventi fossero dei bei tipi, Ariel è intervenuta evitandomi così di risponderle. Non capivo come potesse essere di alcuna rilevanza il fatto che i malviventi fossero stati belli oppure no. Era forse una scusante il fatto di essere belli e palestrati? Per la serie: “State commettendo un reato dietro l’altro, ma siete fighi quindi procedete pure”? O anche: “Sto rischiando la vita ma almeno mi rifaccio gli occhi prima della mia dipartita”? Bah, sorvoliamo.
Ho continuato il racconto, includendo così anche William, il suo odio verso le donne e tutte le cattiverie che mi ha rifilato e che mi hanno portata sin qui in lacrime. Inutile dire che tutti sono rimasti sconvolti dal suo comportamento, prendendolo a male parole.
La mia nuova amica dai capelli rosso scuro, mi ha fatto prendere un colpo quando si è alzata di scatto battendo i pugni sul tavolo, commentando: «Queste cose non posso proprio tollerarle! Trattare così una povera ragazza indifesa scampata alla morte, ma come si può essere così perfidi?! I ragazzi sanno essere proprio dei bastardi, l’ho sempre detto io!... Vado a prepararti una cioccolata tesoro, non ti muovere.» E così dopo due minuti è tornata con la bevanda calda che sto continuando a sorseggiare, scusandosi per dover tornare dietro al bancone a servire nuovi clienti.
Nel frattempo, dopo varie pacche sulla spalla (quella buona per fortuna), buffetti sulle guance e parole di conforto, le persone sono tornate ai loro posti per finire di mangiare. Lasciandomi così da sola per riordinare le idee.
Ariel mi ha detto che a qualche chilometro da qui c’è una stazione e si è offerta di accompagnarmici una volta finito il suo turno di lavoro. Ha insistito anche per pagarmi il biglietto dato che io ho perso tutto quello che mi ero portata, così ho accettato anche se mi dispiace approfittare tanto della sua gentilezza.
Affondo di più nel divanetto facendo un gran respiro per poi bere un altro sorso mentre mi perdo a guardare fuori dalla vetrata tra la scritta gialla “Masy’s cafè”.
Piccole goccioline di pioggia cominciano a cadere da un cielo più che grigio, in lontananza si vedono delle nuvole illuminate da qualche lampo e un tuono improvviso mi fa sobbalzare. Ho seriamente rischiato di fare finire la cioccolata addosso alla vecchietta di prima al tavolo dietro di me, se non fosse che una mano ha afferrato la tazza evitandomi così un’altra figuraccia delle mie.
Sto quasi per ringraziare il mio salvatore dalla grande prontezza di riflessi, quando incontro degli occhi marroni che mi fissano con intensità.
Cerco di sostenere il suo sguardo ricordandomi troppo tardi di avere ancora gli occhi gonfi e arrossati che, data la sua espressione, penso abbia capito a cosa siano dovuti e mi rabbuio dando un lieve strattone per fargli levare la mano.
«Che ci fai ancora qui? Credevo fossi già tornato a casa.»
«No, in realtà ho raggiunto questo posto e sono rimasto sul pick up ad aspettare e… pensare.»
«Sei rimasto fuori a pensare per tutto questo tempo? Dev’essere un record il tuo» Dico acida, tornando a guardare un punto non bene definito fuori dalla vetrata. In risposta lo sento fare un profondo respiro per poi sedersi di fronte a me. Vorrei continuare ad ignorarlo ma con la coda dell’occhio vedo che continua a fissarmi con insistenza e alla fine mi giro fissandolo a mia volta, palesemente scocciata.
«Ragazzina…» Comincia la frase e subito gli arriva una saetta da parte mia che decide bellamente di ignorare «non credi di esserci stata anche troppo qua dentro?»
«E a te che t’importa? Mi sembra di averti già detto che non serve più che mi accompagni.»
«Mio padre mi ha fatto promettere di riportarti a casa sana e salva, se tornassi adesso mi aspetterebbe una ramanzina che neanche ti immagini.»
«Quindi è solo questo che t’importa?» Chiedo risentita e un po’ delusa, non so neanche io da cosa. Forse dalla sua espressione che sembra dirmi: “cos’altro dovrebbe esserci?” «Puoi benissimo dire a tuo padre che sono stata io a dirti di andare via.»
«Non è così semplice.»
«Non è un mio problema.» Dico non lasciando trapelare nessuna emozione.
«Tu sei un mio problema.»
«Io non sono il problema di nessuno e se pensi che io sia un problema… beh, sei tu ad avere dei problemi!»

Unlucky?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora