La bambola della discordia

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Prendo il cellulare dalla tasca dello zaino e quasi non mi viene un infarto: sono le 9:50!
Direi che l'idea di entrare per la seconda lezione è andata a farsi benedire. Vorrà dire che, imprevisti permettendo, entrerò direttamente nell'aula di inglese dato che la lezione di matematica sarà ormai terminata. Poco male, tanto non capisco una cippa di matematica. Per me è, e rimarrà per sempre un'opinione.
Entro nell'edificio e saluto Albert, il bidello. È davvero un tipetto simpatico e arzillo per l'età che ha: ben sessantasette anni. Potrebbe benissimo andare in pensione ma a lui piace il suo lavoro e stare con noi ragazzi, va d'accordo praticamente con tutti.
Mentre mi aggiro per i corridoi guardo i messaggi sul cellulare. Ne ho ben trentaquattro! Quasi tutti di Maggie, la mia migliore amica.

"Claire tesoro, il cielo è azzurro e il sole è alto e splendente... stai ancora dormendo?"
"Dove sei? Sono già le 8:30"
"Claire, sono le 9:00 e non ci sei ancora... mi sto preoccupando..."
"Stai male? Hai le tue cose?"
"Ti prego rispondimi!"
"Sto per avere uno dei miei attacchi d'ansia, sappilo."
"Sei morta? Ti prego dimmi che non sei morta... e se non sei morta ma stai per morire, ti prego avvisami."
"In ogni caso... sono stata io a prenderti il burrocacao alla menta che ti piaceva tanto, scusa, scusa, scusa non lo farò piu!"

Mmh... perfetto. Faccio due ore di ritardo e la mia migliore amica mi dà già per spacciata e... diamine, ecco chi mi ha preso il burrocacao allora! Sono diventata matta per cercarlo e ogni volta che le chiedevo di aiutarmi nelle ricerche faceva la finta tonta e cambiava argomento. Quella piccola birbantella! La ricatterò prendendo in ostaggio Wanda, la fidanzata di George, e pretenderò di farmene regalare un altro, così impara. Wanda e George sono i nostri orsetti di peluche, per chi se lo stesse chiedendo.
Scorro i vari messaggi di ansia allo stato puro e arrivo ai due di Evelyn.

"Ti prego vieni subito! Meg mi sta esaurendo!"
"Se non arrivi in fretta, ti ritroverai con un'amica in meno... io ti ho avvertita. E non azzardarti a schiattare senza di me nelle vicinanze!”

L'ultima parte non l'ho capita...
Mi arrivano due nuovi messaggi:

“Sappi che sto per strangolarla. Quindi se vuoi salvarla ti conviene sbrigarti. Ti do tre secondi.”
“3... 2... 1...”

Oltrepasso la porta e la prima cosa che vedo sono due miei compagni che si pestano in fondo all'aula e tutti gli altri che fanno baccano. Cominciamo bene.
Distogliendo lo sguardo su quella patetica scena, noto che nei banchi in terza fila vicino al muro, Evy tiene le mani intorno alla gola di Meg che si dimena come una pazza. Non appena nota la mia presenza, Meg si divincola dalla sua presa e, illuminandosi, si alza dalla sedia venendomi incontro, seguita da Evy, e mi soffoca in uno dei suoi abbracci stritolanti.
«Si può sapere dove cavolo eri finita?» Mi riprende, coi lucciconi agli occhi. La solita esagerata. Questa ragazza è troppo ansiosa; a volte si fa prendere da veri e propri attacchi di panico e per calmarla ce ne vuole di tempo.
«Sei arrivata giusto in tempo.» Aggiunge Evy con un sorrisetto sghembo che ricambio divertita. Sto per rispondere alla domanda di Meg quando vedo entrambe sbiancare e ammutolirsi di colpo, guardando qualcosa alle mie spalle.
«Ragazze che avete?» chiedo perplessa
«Signorina Fills!» Faccio un salto e mi giro in direzione di quella gracchiante voce che per poco non mi faceva venire un infarto per lo spavento. «Ha intenzione di andare a sedersi o vuole stare qui sulla soglia ancora per molto?» Chiede, spazientita, la figura alta e mingherlina davanti a me.
«Mi scusi professor Turner, vado subito.» Dico imbarazzata e a testa bassa. In un modo o nell'altro mi devono sempre riprendere, accidenti! Meg e Evy ritornano ai loro banchi e io raggiungo il mio con la coda tra le gambe.
«Ragazzi silenzio! Andate tutti ai vostri posti. Oggi avevo intenzione di andare avanti con la lezione ma credo che invece vi farò fare un bel tema.» Ci avvisa Turner, con quel suo sorriso efferato, mentre gli scalmanati sbuffano, amareggiati.
«Niente borbottii! E vedete di scrivere decentemente, non ho assolutamente voglia di decifrare la vostra calligrafia a zampa di gallina!» Urla con la sua voce stridula, scrivendo alla lavagna l'argomento da trattare: Descrivete il giorno più brutto della vostra vita. «Avete cinquantacinque minuti di tempo, da adesso!»
Il giorno più brutto, eh? Sadico di un Turner... non ha proprio niente da fare che torturare noi poveri studenti. Che razza di persona disumana. Sono sicura che lo fa per ridere delle disgrazie altrui. Ci gode a vederci soffrire, quel miserabile.
Perché rivangare il passato mi chiedo io. Perchè riportare alla mente eventi così spiacevoli mi chiedo io! Cielo... Allora, vediamo di concentrarci. Forse potrei scrivere di quando... No, no, meglio di no. Mmh... e di quella volta in cui... no, mi verrebbero fuori due righe in croce.
Ho un vuoto. E sì che ne ho avute di giornate brutte. Catastrofiche oserei dire.
Ma sì, ci sono! Perché non cominciare dal principio? Il mio primo giorno d'asilo. Come ho fatto a non pensarci prima? Più disastroso di quello... sto male solo a ripensarci!
Io e la mia famiglia ci eravamo appena trasferiti dall’Italia per il lavoro di mia madre, qui a Spinning Crazy. Un paesino piccolo e insignificante del nord America. Ero un po' triste all’idea di dover lasciare tutti i miei amichetti che avevo in Italia, ma ero sicurissima che mi sarei fatta nuove amicizie.
Come la maggior parte delle bambine di cinque anni, non vedevo l'ora di cominciare, ero davvero euforica. Mi alzai prestissimo, andai in bagno e raggiunsi la mia postazione: Sgabellino rosa e specchio in tinta con delle lucette a forma di cuore sul bordo. Mi feci delle codine ai lati della testa, o almeno, una era al lato della testa, l'altra sembrava aver avuto un incidente ma, ehi... che ci si può aspettare da una bimba di cinque anni? È già tanto che non mi ero data fuoco ai capelli! Una volta ho rischiato in effetti. Successe prima di trasferirci dall'Italia. Colpa di Linda, una mia ex vicina di casa della mia età con cui giocavo spesso. Mi disse che col calore si potevano allisciare i capelli. Io le avevo creduto, ma non certo perché ero una bimba ingenua no, no. Il fatto è che sua madre faceva la parrucchiera e mi era venuto spontaneo crederle, pensai che magari gliel’aveva visto fare a qualche cliente. Mi ero immaginata sua madre con un accendino in mano mentre lo passava sulla testa di una signora tutta riccia e al passare della fiamma le ciocche diventavano lisce. Quale magia! Volevo sperimentare di persona.
Nel pomeriggio, rincasata dopo aver passato quasi metà della giornata a giocare in giardino con Linda, la racconta frottole, andai in cucina e presi una sedia, la avvicinai al bancone e accesi il fornello a cui non avrei dovuto MAI E POI MAI avvicinarmi, a detta di mia madre. Perché poi? Mi chiedevo sempre, di che cosa aveva paura? Sapevo come si accendeva quell’affare, l’avevo visto fare da lei un sacco di volte! Bah... comunque, dopo aver acceso l’aggeggio portatore di fiamme a cui MAI E POI MAI avrei dovuto avvicinarmi, ci misi la frangetta sopra e aspettai che il calore facesse il suo effetto.
Inutile dirvi che la frangetta prese fuoco e, come se non bastasse, mia madre uscì dal bagno proprio in quel momento. Quasi non svenne alla vista di sua figlia che correva per casa con la testa in fiamme. Ripresasi dallo shock iniziale, e senza far cadere Josh che teneva in braccio, afferrò il turbante che si era messa per asciugarsi i capelli e me lo tamponò sulla testa per spegnere il mini incendio che avevo, accidentalmente, creato.
Risultato: Frangetta bruciacchiata. Nulla di grave in fondo, eppure mia madre ne dovette far su una tragedia come suo solito. È davvero esagerata quella donna. Mi disse: "Ma sei pazza?! Che ti è saltato in mente? Lo sai che poteva finire davvero male? Quante volte ti ho detto che non devi avvicinarti ai fornelli e bla, bla, bla". Dopo mille anni finì la sua tiritera e io con voce innocente e sguardo da cucciolo le risposi: "Ma mamma io volevo solo lisciare i capelli!". "E pensavi di farlo mettendoli sul fuoco arrostendoli?" mi rispose mettendo le mani sui fianchi. E io: "Siiii!" alzando gli occhi al cielo. Sapevo benissimo quello che stavo dicendo. "Linda mi ha detto che potevo lisciarli col calore... ed è quello che ho fatto! Non capisco... devo aver sbagliato qualcosa". Dissi rattristandomi. "Ma tesoro" mi rispose addolcendo i toni, vedendo il mio faccino triste "Linda si riferiva sicuramente alla piastra per capelli. È un ferro speciale che produce calore e passandolo sulle ciocche le alliscia, capito?" Fece un sorriso e io in risposta emisi un "Oh" sorpreso. Ma capiamoci... se nessuno me le spiegava bene e nei dettagli le cose, mica me le potevo inventare, no?
Allora: Cinque anni. Asilo. Specchio e codini incidentati.
Feci un largo sorriso al mio riflesso e, ripensandoci, avevo l'aria di una appena fuggita da un manicomio. Avevo anche una piccola finestrella sul davanti dato che mi mancava un dentino. Soddisfatta dell’operato uscii dal bagno e andai a mettermi il vestitino delle grandi occasioni. Color violetto con qualche fiorellino rosa.
Ero pronta. Mia madre però non la pensava allo stesso modo.
“No tesoro, le maestre mi hanno detto che devi metterti una maglietta bianca”. Mi disse non appena mi vide, mentre dava il biberon a mio fratello.
“Ma mamma, io voglio mettere questo!” Le risposi mettendo il broncio.
“Avanti, non fare i capricci. Sono le regole e dobbiamo rispettarle. Forza, vai a cambiarti, ti ho preparato i vestiti sul letto”.
“Papinooo! Vero che sto bene vestita così?” chiesi vedendolo entrare in cucina insieme a Kyle per fare colazione. Feci il mio classico sorriso che conquista tutti. (Lo stesso che con quell'antipatico di Kyle non ha funzionato).
“Certo piccola! Sembri proprio una principessa.”
“Visto, mami?” La guardai aggiungendo al maxi sorriso degli occhioni ultra dolci. Non poteva certo dirmi di no.
“No Claire, poche storie”. E ti pareva.
“Uffiiii! Non posso mai vestirmi come voglio io e...” continuai a borbottare mentre me ne andai nella cameretta a cambiarmi.
Un’ora dopo eravamo davanti al cancello dell’asilo.
Deserto.
Ovvio che dovevo arrivare anche in ritardo e tutti erano già entrati. Colpa di mia madre che mi fece cambiare e mettere quell’odiosa maglietta bianca. Come se non bastasse, per compensare alla mancanza di colore della maglia, mi fece indossare anche degli orribili pantaloni a fiori multicolor. Davvero. Erano un tripudio di colori, non mancava neanche una sfumatura. Mi chiedo ancora oggi da chi li avesse comprati e chi cavolo fosse lo stilista di tale obbrobriosità.
Sospirai amaramente. Sapevo che sarebbe stata una tragedia annunciata.
Entrai. Mano nella mano con la donna dai gusti discutibili.
Venne ad accoglierci una signora alta, magra, sulla quarantina e con un sorriso che le andava da parte a parte. Vestiario... lasciamo perdere. Quella gonna lunga color verde marcio doveva averla comprata nello stesso posto dove era andata anche mamma. Per non parlare del maglione sgualcito color carota.
Ci raggiunse. Sempre col sorriso megagalattico sul volto.
“Salve signora!” disse a mia madre con una voce spaccatimpani e senza mai abbassare gli angoli della bocca.
Mamma la salutò di rimando e fece anche lei un grande sorriso a trentadue denti. A beh, mancavo solo io a questo punto. Così mostrai la mia bellissima dentatura con finestrella annessa. Qualcuno che passava di lì, avrebbe potuto benissimo pensare che fosse venuta a tutte e tre una paralisi facciale dovuta a chissà quale sostanza nell'aria e si sarebbe dato alla fuga prima di venirne contagiato.
“Ma come si chiama questo dolce tesoruccio?” chiese, rivolgendosi a me e scompigliandomi i capelli. D'improvviso il sorriso scomparve dal mio volto dando spazio invece allo sguardo più fulminante che riuscii a fare. Le mie codine maledizione! Ci avevo messo anima e cuore per farle! Rasentavano la perfezione... quasi. Ma comunque avevo dato tutta me stessa per risultare al meglio e qual era stato il risultato? La mattina mamma che mi fece cambiare lo splendido vestitino che avevo scelto con tanta cura, e all'asilo la tipa stramba che mi rovinava la capigliatura. Stavano buttando nel cesso tutte le mie speranze di far colpo sugli altri bambini e farmi delle amicizie. Addio sogni di gloria!
Cominciava già a diventare tutto molto irritante.
“Claire! Si chiama Claire.” Le rispose mamma al mio posto, vedendo la mia faccia scura.
“Benissimo Claire! Benvenuta! Ti divertirai un sacco qui con noi.” Ma non la smetteva mai di sorridere? “Vieni?” mi chiese porgendomi la mano “Ti presenterò agli altri bambini. Vedrai, saranno felicissimi di conoscerti!”
Riluttante, non si era neanche accorta che la stavo guardando malissimo, la presi per mano.
Lasciai mamma in lacrime all’entrata dell’asilo che mi gridava: "Mi raccomando fai la brava! E non litigare con gli altri bambini! Ti voglio bene!" mentre i suoi occhi continuavano a buttar giù fiumi e fiumi di lacrime, che asciugò con un fazzoletto grande quanto un lenzuolo. Davvero elegante. Al confronto, le cascate del Niagara risultavano dei piccolissimi rivoli d'acqua. Ma non sarei dovuta essere io quella disperata che gridava in lacrime: "No, mamma non andare via! Non lasciarmi con questo branco di pazzi!" attaccata alla sua gamba? Com'è che i ruoli si erano invertiti? e va bene, è sempre stata una donna molto sensibile. Vedendola in quello stato miss "Rovinatrice di opere d'arte con paralisi facciale", le disse: "Non si preoccupi signora, sua figlia è in buone mani!" Questa frase, non so perché, ma non mi rincuorò per niente. Però sembrava aver funzionato su mia madre che chiuse i rubinetti, si ricompose e uscì dall’edificio pronta per iniziare una nuova giornata di lavoro. Oltre che sensibile è anche un po' lunatica.
Arrivammo davanti all’aula.
Dietro alla porta chiusa si sentivano già le grida degli altri bambini. Ma quanto baccano facevano? "Smettila di tirarmi i capelli!" sentii dire da una bambina. Avevo quasi timore ad aprire la porta per paura di cosa avrei potuto trovarci all’interno. Probabilmente un mini inferno in scatola. Miss "R.O.D.A.C.P.F." senza che me ne accorgessi, allungò il braccio e abbassò la maniglia. La porta si aprì. E se io avessi avuto bisogno di altri cinque minuti per prepararmi psicologicamente? Ma no, figuriamoci, perché mai dovevo averne bisogno?
D'improvviso mi ritrovai al centro della stanza vicino alla cattedra dove sedeva una donna bionda sulla trentina, dall’aria simpatica. La cara signora alle mie spalle mi aveva "spinta" fino a lì. Era ufficiale. Mi stava davvero sulle scatole. Ero stata letteralmente catapultata nella gabbia dei leoni. Ne sarei uscita viva? Beh, sono arrivata ai sedici anni, no? Tra sangue, lacrime e sudore, ma ci sono arrivata. Potrei ritenermi fiera dei passi da gigante che ho fatto negli anni, o almeno, così mi piace pensare... ma ora non divaghiamo.
Non appena mi videro, la banda di pazzi scatenati si fermò e cominciò a scrutarmi.
“Ciao.” Dissi sentendomi osservata, alzando timidamente una mano in segno di saluto.
“Bambini, lei è una nuova arrivata, Claire. Si è trasferita qui dall'Italia, mi raccomando fatela sentire a casa, okay?” Mi presentò la signora alle mie spalle.
“Sì, maestra!” Risposero in coro. Poi però cominciarono a tartassarmi di domande del tipo: "Perché hai i capelli alla super sayan? Tu sei una femmina!" o "Perché la tua maglietta è tutta bianca? È brutta! Le nostre sono più belle e colorate!" o ancora "Parli la nostra lingua?"
Stava andando tutto a scatafascio, ma almeno sì, sapevo parlare inglese. Fortunatamente i miei genitori sono di origini nord-americane e mi insegnarono la lingua sin dalla tenera età.
A salvarmi da tutte quelle domande arrivò, tutta trafelata, una ragazza dai capelli corti e neri che quasi non scardinò la porta quando entrò. Agitata e sistemandosi gli enormi occhiali sul naso, si rivolse alla donna bionda seduta alla cattedra e disse: "Mary, Johnny ha vomitato ancora nel portaombrelli. Cosa faccio, chiamo a casa?"
Uh, che bellezza! Beh, almeno non aveva sporcato in giro. Chissà se c'erano degli ombrelli dentro. In ogni caso, la cosa certa era che non avrei mai messo il mio ombrello dentro a quell'affare.
"Lascia, faccio io." Le rispose Mary. "Jane, puoi guardarli tu mentre sono al telefono?" Si rivolse a miss "R.O.D.A.C.P.F.".
"Certo! Vai pure cara, ci penso io." Disse tra snervanti risolini.
Mary uscì. E io rimasi tra le grinfie di Jane mentre nell’aula si riformò il caos. Ma che ci stavano a fare quelle tipe mezze pazze? Avrebbero dovuto tenere a bada i marmocchi, in teoria. In pratica invece regnava il caos più totale e ognuno faceva quel che voleva. Almeno non ero più al centro dell'attenzione. Così credevo almeno...
“Oh, cielo!” Urlò d'un tratto la ragazza che era entrata a dare la notizia del rigurgitamento di Johnny.
“Kendra tesoro, che succede?”
“Jane, perché la maglia di questa bimba è tutta bianca?” Mi indicò. Sembrava terrorizzata, manco avesse visto un fantasma. “Neanche un disegno, una stella, un piccolo cuore colorato! Perché questa crudeltà?” Chiese in tono tragico, quasi sul punto di piangere.
Non era una cosa normale... ma manco per niente! Era una semplicissima maglietta bianca santo cielo! Che io non volevo neanche mettere, sottolineerei. Perché farne una tragedia?
“Così poverina, si sentirà diversa dagli altri e...”
“Kendra, calmati.” La interruppe Jane. Finalmente faceva una cosa buona. “Questa bimba è nuova, è il suo primo giorno d'asilo. Veramente per telefono avevo detto alla madre che il primo giorno doveva portare una maglia bianca per la bambina, non che doveva indossarla, ma fa lo stesso. Per oggi rimarrà così.”
Fa’ lo stesso un cavolo! Avrei tanto voluto dire io. Potevo mettermi quel che volevo... e invece dovetti indossare quella stupidissima maglietta, sul quale stava nascendo un dramma, perché mamma non aveva capito un ciufolo per telefono! Stavo per rifare uno dei miei sguardi più glaciali mentre ripensavo alla faccenda, ma venni interrotta da Kendra la svitata che, con fare da paladina della giustizia, dichiarò: "No, No. Non può certo rimanere così tutta la mattinata. Non preoccuparti piccola, ora ci penso io a te." E rassegnata, mi feci trascinare via dall’aula.
Mi ritrovai catapultata in un’altra aula piena zeppa di bambini pestiferi. Kendra si diresse verso gli scaffali in fondo alla stanza illuminata e prese dei colori, un pezzo di cartoncino e dei pennelli, mentre alcuni dei bambini si avvicinarono incuriositi. Poi raggiunse uno dei banchi e si sedette su una sedia invitandomi a raggiungerla.
“Avanti, tesoruccio. Dammi la maglietta.”
Se fossi stata nella me del passato, le avrei sicuramente sputato in un occhio. Cioè, secondo quella cerebrolesa mi sarei dovuta spogliare lì, davanti a tutti, senza neanche ribellarmi? Ma anche no. Quella tipa era ubriaca e mica poco.
Ma ovviamente la mia opinione non venne neanche considerata e, come successe con Jane e i suoi modi delicati per farmi entrare nell'aula, Kendra mi sfilò la maglia di dosso, ci infilò dentro il cartoncino per non sporcare la parte sotto e cominciò a spennellare con sguardo felice e raggiante.
Tentai, invano, di farmi piccola piccola per non farmi notare dagli altri. Molto scarsi furono i risultati. I bimbi malefici si avvicinarono sempre più a noi per vedere l'operato della scelerata vicino a me e nel mentre mi fissavano. Io fissavo loro e loro fissavano me.
“Perché hai quei cerchi rosa?” Mi chiese uno di loro indicandomi il petto.
Ma che avevo fatto di male? Perché dovetti subire tali atrocità?
“Guarda che ce li hanno tutti.” Gli feci notare.
“Non è vero! Ce li hanno solo i maschietti. Tu sei una femmina!” Mi disse in tono accusatorio.
“No ti dico! Sei uno stupido!”
“Tu lo sei!” Disse dandomi una spinta.
“Vai Ben, falle vedere chi comanda!” Sentii dire da un altro bambino.
“Lasciatela stare!” Aggiunse una bambina.
Sembrava fossi finita in un giro di incontri clandestini di pugilato con tutt'intorno gente che faceva scommesse.
“Bimbi, state buoni.” Intervenne Kendra tutta presa dalla sua opera. Quelli volevano picchiarmi e farmi domande oscene e tutto quello che seppe dire fu: "Bimbi state buoni".
Era un così tale sollievo stare lì di fianco a lei. Mi sentivo al sicuro e protetta.
Dopo secoli, ci raggiunse anche Jane col suo solito sorrisetto stampato in faccia. “Tesoruccio, così prenderai freddo. Aspetta, qui fuori appeso c'è un maglioncino, te lo prendo subito cara.”
Ma non poteva arrivare prima?!?! Disgraziata!
“Ho finito!” Disse Kendra, con la gioia nel cuore. “Che te ne pare?” la girò per farmela vedere. Tutto quel casino per cosa? Per un pony arcobaleno contornato da cuoricini! Stavano mettendo a dura prova la mia pazienza.
“Ecco il maglioncino!” Lo sventolò per aria Jane.
Avrei tanto voluto mettermi a urlare. Poteva andare peggio di così?
Ovvio che sì.
Dopo aver fatto il mini streaptees di fronte alla classe, le maestre ci portarono a giocare fuori dalle aule, in una specie di salone enorme dove c’erano un sacco di giochi sparsi in giro.
I miei occhi di bambina erano estasiati da tale meraviglia. Era il paradiso. A casa non ce li avevo mica tutti quei bei giocattoli. Giusto una quindicina di pupazzi, dieci bambole, lussuosa villa e macchina nel garage per Barbie e Ken, e un cucinotto dove mi dilettavo a cucinare prelibatezze di ogni genere. Le mie belle bambole apprezzavano sempre la mia cucina.
Tutto qui. Mamma non mi comprò altro. Diceva che se no diventavo troppo viziata e che non avrei mai capito il valore dei soldi. Lei però ogni settimana se ne andava dal parrucchiere e dall’estetista. Egoista. Almeno quando andava a fare shopping di vestiti prendeva qualcosa anche per me. Non molto positiva come cosa in effetti; ricordiamoci dei bellissimi pantaloni a fiori multicolor.
Presi una stupenda bambola bionda tutta boccolosa da una delle ceste e mi diressi all’angolo della stanza. Mi avvicinai ad un gruppo di bambine che stavano giocando dentro ad un recinto marrone, col pavimento fatto da quegli enormi pezzi di puzzle colorati incastrati tra loro. Scavalcai la piccola staccionata e mi misi seduta a giocare con Stacy, così avevo chiamato la bambola che tenevo in mano. Dopo qualche minuto ci raggiunse anche un'altra bambina, che venne accolta con gioia dalle altre mentre io mi ripetevo nella testa una piccola presentazione da fare per interagire con le mie compagne intanto che spazzolavo i capelli a Stacy.
“Ehi Kristal! Vieni a giocare con noi.” Sentii dire da una bambina castana con un taglio a caschetto.
“Ci vengo, ma solo se lei se ne va!”
Sentii la risposta di Kristal ma non andavo certo a pensare che si stesse riferendo a me, per cui andai avanti imperterrita a spazzolare, finché non sentii gli occhi di tutte puntati addosso e così alzai lo sguardo. Purtroppo non fu solo una sensazione. Mi stavano fissando. Probabilmente ero stata così fortunata da incominciare il mio primo giorno d’asilo nella giornata del: "Vediamo chi fissa più a lungo Claire". Si accumulavano punti e si vinceva anche un premio e a fine mattinata, torta e spumante per tutti!
Sarebbe stato davvero esilarante vedere quel branco di scimmiette urlanti, ubriache. Nella mia mente lo è eccome! Mi terrò la vendetta per una prossima vita... in questa ormai, purtroppo, il passato è passato.
Mi alzai e mi avvicinai a loro. “Ciao, io sono Claire. Giochiamo insieme?” Chiesi gentilmente.
“Io non ti voglio qui! Se ci stai tu, me ne vado!” Minacciò, Kristal. “E allora vattene, di grazia! E non rompere le palle agli altri!”... Non le risposi veramente così. Ma diamine se lo avrei voluto! Perchè non lo feci? Perchè???
A quest’ora sarebbe stato tutto diverso! Sarei stata l’idolo acclamato da tutte le folle e non avrei avuto problemi di autostima e popolarità. E invece no. Quant’ero stupida e innocente! Vorrei tanto poter tornare indietro, prelevare la me del passato per trascinarla nel presente, farle vedere la vita che la attende, riportarla indietro, darle uno schiaffo e farla reagire.
Appunto per la me di una prossima vita: Tira fuori le palle!
Okay, stanno girando un pò troppe palle qui. Torniamo a noi.
Era esorbitante la somiglianza di Kristal con la bambola che avevo tra le mani. Stessi occhi azzurri e stessi capelli biondi coi boccoli, avrei potuto benissimo rivolgere il mio risentimento su di lei. In stile bambola woodoo.
“Andiamo Kristal, possiamo giocare tutte assieme.” Propose una bambina dagli occhi verdissimi e una cascata di ricci rossi che le incorniciavano il viso.
“Ho detto no! Non gioco con lei! Scegliete: o me, o lei.” Disse con un ghigno malefico.
Ma che voleva? Perché ce l'aveva tanto con me? (me lo chiedo ancora oggi). Io me ne stavo tranquilla a giocare per conto mio e arriva quella a rompere le scatole! Mi venne voglia di alzare i tacchi, tornare a casa, fare le valigie e tornarmene in Italia nel mio vecchio asilo coi miei ex amichetti. Lì almeno erano normali. Nessuna maestra con la paralisi o che ti faceva spogliare davanti a tutti, nessun bambino che faceva domande oscene e nessuna bambina che ce l'avesse con la sottoscritta! Mi ricordai di mamma che mi ripeteva sempre: "Quando le cose vanno male, fa buon viso a cattivo gioco." Era giunto il momento di mettere in pratica quell'insegnamento. Misi da parte la nostalgia per i bei tempi andati e feci un largo sorriso in stile Jane. “Senti, puoi venire un attimo fuori dal recinto? Vorrei parlarti.” le chiesi e senza aspettare una risposta scavalcai la staccionata e mi allontanai di un po'. Lei con sguardo glaciale mi seguì. Era davvero terrificante. Mi raggiunse. Una di fronte all'altra. Sembravamo due mini cowboy, o cowgirl in quel caso, che si erano date appuntamento all'alba per uno scontro all'ultimo sangue. Spostai lo sguardo e vidi in lontananza le altre che si erano rimesse a giocare, tranne la bimba dai capelli rossi che guardò dalla nostra parte.
Ero circondata da piccole pesti che correvano all'impazzata.
Delle maestre... nessuna traccia.
“Senti, perché ce l'hai con me? Non ti ho fatto niente. Perché non possiamo giocare insieme?” chiesi innocentemente
“Mi stai antipatica e basta” mi rispose Kristal dandomi una piccola spinta. Evviva! Secondo round. Non vedevo l'ora. “Non ti voglio qui!” Continuò.
Oh, quindi non c'era un vero motivo per cui mi parlava in quel modo. Così, a naso, aveva deciso che io le stavo antipatica. Ma che carina.
“Allora, te ne vai o no?” Chiese brusca.
Non sapevo se era perché cominciò a darmi sui nervi o perché fui colta all'improvviso da uno spasmo muscolare, sta di fatto che il mio braccio si alzò d'improvviso, la mano ben chiusa, e le tirai un pugno che andò a colpirle l'occhio sinistro. Mi guardò con fare ancora più minaccioso. Possibile che non le avessi fatto niente? E chi era, Wonder baby? Okay che non aveva chissà quale potenza, ma un pugno su un occhio è un pugno su un occhio, diamine! I tratti del suo viso si ammorbidirono, e al posto dello sguardo malefico mi fece un sorrisetto, ancor più inquietante, per poi scoppiare in lacrime e urlare disperata qualcosa tipo: "Questa cattivona mi ha tirato un pugnoooo! Mi fa maaaleeee!!!" al che, da non si sa dove, sbucarono fuori le maestre tutte allarmate che, facendo quasi surf sulla folla di bambini indemoniati, ci raggiunsero.
“Che è successo?” Chiese Mary
“Mi ha tirato un pugnooo!” Le rispose Kristal, piagnucolando e indicando me.
“Oh! Che cosa vergognosa!” Commentò Kendra, con le mani davanti agli occhi.
“Kendra calmati. Claire, ti sembrano cose da fare?” Mi chiese mentre esaminava l'occhio di Kristal.
“Ma... io” Io che? Cosa potevo dire per discolparmi? Perchè mondo avverso, perchè?

Mi sento ribollire al solo ripensarci, e senza accorgermene spezzo la matita che ho tra le mani. Mi guardo attorno e per fortuna nessuno si è accorto che Hulk ha preso possesso della sottoscritta per qualche secondo. Mi volto verso la cattedra dove c'è Turner che mi fissa da dietro gli occhiali con rimprovero. Fortuna un corno! Che cavolo!
Faccio un sorrisetto come per scusarmi, poso il cadavere della povera matita spezzata sul banco e ne prendo un'altra dall'astuccio riprendendo il filo dei miei pensieri, sotto gli occhi vigili di quel rompiscatole di Turner.

“Niente ma, Claire. Vai subito in punizione, non si fanno queste cose.” Oh, certo! D'un tratto erano diventate persone autorevoli, come no.
“Aspettate!” Sentii una vocina dolce ma allo stesso tempo determinata e vidi la bimba dai lunghi capelli ramati avvicinarsi. “Io ho visto cos'è successo. È stata Kristal a cominciare!” Oh Jesus! Un faro di speranza! Quasi non mi brillarono gli occhi per l'emozione. Sul volto di Kristal vidi una smorfia di disprezzo verso colei che forse qualche tempo prima era stata una sua alleata e che in quel momento si era ribellata ai suoi modi altezzosi alleandosi con la sottoscritta.
“Tesoro, non mi interessa chi ha cominciato. Non tollero il fatto che si passi alle mani per risolvere le incomprensioni, capito?” Cercò di spiegarle la signorina Mary.
“Ma...”
“Forza Kristal, vieni, mettiamo del ghiaccio su quell'occhio.” Le disse mettendole una mano sulla schiena senza dare più ascolto alla mia salvatrice. La vipera si avviò ancora frignante per poi girare la testa e guardarmi con quel suo sorrisetto vittorioso, facendomi addirittura la linguaccia! Ovvio che nessuno l'aveva vista mentre lo fece, dato che lo spettacolino era finito e tutti erano tornati alle loro attività di distruzione dell'asilo.
Triste e sconsolata, mi diressi solitaria nell'angolino della punizione a ripensare alle mie malefatte. Davvero un bel primo giorno di scuola non c'è che dire.
“Ehi, tutto bene?” Mi chiese la bimba dai capelli rossi, avvicinandosi a me. “Mi dispiace, ho cercato di far capire alla maestra che non era stata colpa tua... quella Kristal è proprio una serpe!”
“Già.” Sospirai. “Grazie per avermi difesa.” Abbozzai un sorriso che ricambiò.
“Senti, ti va di giocare insieme?”
“Devo stare qui, in punizione. Mi dispiace.” Dissi triste.
“Giusto... allora starò qui a farti compagnia!” affermò raggiante. “Piacere, io mi chiamo Maggie!”
“Claire.”
Alzò la mano porgendomi il mignolo e io glielo strinsi col mio, proprio come facevano le due gemelle di un cartone animato che adoravo. “Da questo momento saremo migliori amiche per sempre.”

Ah, la mia piccola Maggie ladra di burrocacao. Da quel giorno siamo diventate inseparabili, non so davvero come farei senza di lei. È pazza, e su questo non c'è dubbio. Basta guardare i messaggi di prima... ma comunque è stata, è, e rimarrà per sempre, la mia migliore amica. Lei insieme ad Evelyn ovviamente, che ama definirsi la nostra guardia del corpo personale da quando ci siamo conosciute in seconda elementare e ci ha salvate da dei bulletti, picchiandoli e facendoli fuggire a gambe levate.
Mi volto senza farmi vedere da Turner e sorridente guardo le mie migliori amiche intente a finire il loro tema.
Suona la campanella e come una mandria di bufali inferociti, i miei compagni si alzano e vanno a consegnare il compito. Cosa che faccio anche io quando si placa la situazione, voglio evitare di cadere ed essere calpestata miseramente mentre tento di consegnare questo stupido tema.


«Claire!»
Scorgo Maggie in mezzo alla folla di studenti nel corridoio che si sbraccia per attirare la mia attenzione, e la povera Evelyn accanto a lei che cerca di evitare le varie gomitate. Le scuole sono davvero dei posti pericolosi se non sai come muoverti, noi ormai ci siamo abituate e abbiamo affinato i riflessi. Le matricole però sono davvero a rischio.
A bracciate, manco stessero a fare una gara di nuoto, riescono a raggiungermi agli armadietti.
«Claire, oddio! Ma dov'eri finita? Non sai quanto ero in pensiero!» Mi dice tutta trafelata, abbracciandomi. Abbracciandomi tra venticinquemila virgolette, perché in realtà quello che sta facendo è stritolarmi.
«Meg, la mia gabbia toracica tra un po' farà "cric, crac"...»
«Ops, scusa.» Mi guarda con un mega sorriso.
«Non importa...» Guardo entrambe con un luccichio negli occhi.
«Cos'hai? Tutto bene?»
«Sì... mi è solo capitato di ripensare al passato... a quando ci siamo conosciute. Forza fatevi abbracciare!» Le travolgo e questa volta tocca a me stritolarmele per bene e come al solito Evy si lamenta del fatto che non le piacciono queste smancerie, anche se poi si fa coccolare lo stesso.
«Comunque, non sapete che mattinata! Ercole e le sue dodici fatiche mi avrebbero fatto un baffo al confronto di ciò che ho dovuto sopportare! E in più ho scoperto che il mio caro e adorabile fratellone ha la ragazza da non so quanto e si è premurato di avvisare la sua dolce sorellina solo stamane, quando mi ha accompagnata a scuola... questa cosa è inconcepibile!»
«Tuo fratello... ha la ragazza? Te-te l'ha detto lui?»
«Sì Meg, è quello che ho appena detto, presta attenzione! Quel che mi chiedo io è perchè tenermelo nascosto? Me le dovrebbe dire queste cose, sono sua sorella cavolo!»
«E dov'è che l'avrebbe conosciuta?» Mi domanda ancora Maggie che a quanto pare non ha capito il nocciolo della questione e si sofferma su bazzeccole.
«All'università.» Le rispondo pazientemente. «Ma sappiate che non mi arrenderò facilmente, lo farò parlare!» Dico risoluta.
«Non credi che...»
«Su, basta parlare di mio fratello. A voi come va?» Chiedo, interrompendo Meg con la sua ennesima domanda. Ha un'espressione indecifrabile sul volto... preoccupazione, forse? Apro la bocca per farglielo notare ma Evy mi precede nel parlare.
«Ora che sei arrivata, magnificamente! Meg stava mettendo a dura prova la mia pazienza.» La fulmina con lo sguardo.
«Ah.Ah.Ah. Scusa se mi preoccupo per le mie amiche!» Le risponde come al solito offesa e dell'espressione di prima non rimane alcuna traccia. Boh, forse mi sarò sbagliata... meglio rimettere a cuccia le belve.
«Su ragazze, non è il caso di litigare»
Prendo i libri, chiudo l'armadietto e nel mentre mi giro per placare le mie amiche, è lì che lo vedo.
Una visione.
Il ragazzo più bello che abbia mai visto sta entrando dalla porta a vetri dell’ingresso come un divo di Hollywood. Non sto scherzando, davvero. È proprio come in una scena da film! Il mondo ha preso ad andare più lentamente intorno a me. Gli schiamazzi dei miei compagni un brusio lontano e lui, bello come il sole, a rallentatore fa la sua entrata scenica: capelli corti e scuri, occhi di un intenso azzurro che farebbero sciogliere anche la ragazza piu impassibile del pianeta, sorriso mozzafiato e pelle abbronzatissima.
Si passa una mano tra i capelli con naturalezza e nel compiere quel gesto, la maglietta aderente blu che indossa, mette in risalto il fisico scolpito.
Manco un bronzo di Riace. Sto sbavando. Se avessi saputo che mi sarei imbattuta in cotanta bellezza mi sarei portata un catino!
Direi che ora posso morire felice.

Ellapeppa! Che esagerata, suvvia, è un normalissimo adolescente.

E me lo chiami normalissimo? È un dio sceso in terra…

Seh… Va bene, ho capito, ti ho persa. Chi devo chiamare per farti rinsavire?

«Claire... Claire!» Mi riprende Evelyn schioccandomi le dita davanti agli occhi per riportarmi all'attenzione.
«S-sì?» Le rispondo distrattamente mentre continuo a rimirare quella divinità.
Seguendo il mio sguardo Meg e Evy, si accorgono di lui e si scambiano sguardi d'intesa.
«E brava la nostra Claire che si fa distrarre dai bei fusti.» Mi prende in giro Meg, dandomi di gomito.
«Ma chi è? Non l'ho mai visto qui... dev'essere appena arrivato in città.» Constata Evy, studiandolo attentamente.
Io sono del tutto imbambolata, forse per fine giornata riuscirò a riprendere l'uso della parola e... Oddio! Si sta avvicinando a noi! E ora che faccio?

Claire stai calma! Stai calma! Niente panico. Resta concentrata e non vaneggiare.

Una parola!... Aiuto!

«Scusami, posso?» Chiede sorridente, con una voce profonda e sexy da morire, indicando l'armadietto alle mie spalle, al che mi trasformo in una gelatina che tremola tutta.

Dannazione Claire! Sarebbe questo il tuo modo di rimanere calma e impassibile?! Di’ qualcosa!

«I-io, ecco... n-no... cioè, s-sì...»

No, no e no! Che diavolo stiamo blaterando? Insomma Criceto! Cosa stai combinando? Gira bene su quella ruota o qui finisce tutto a meretrici!

Che state facendo lì dentro?!

Scusa, problemi tecnici.

Oddeo, non riesco a muovermi, a respirare... mi sento male. Sarebbe stata di gran lunga migliore l'idea di svenire, ma purtroppo il mio stomaco ha deciso di pensarla diversamente e, orrore di tutti gli orrori, gli vomito sulle scarpe i cinquantuno biscotti ingurgitati stamattina.
Alzo la testa e lo guardo scioccata. Lui punta i suoi favolosi occhi azzurri su di me e mi guarda scioccato. Meg e Evy, che hanno assistito a tutta la scena, mi guardano scioccate. Tutti i presenti, che OVVIAMENTE non potevano perdersi la scena, mi guardano scioccati.
Vorrei sotterrarmi. Che qualcuno mi uccida adesso perché non credo di riuscire a sopportare il peso della vergogna.


ANGOLO AUTRICE:

Hola! Eccomi con il secondo capitolo :D Allora, che dire, Claire ha appena fatto una pessima figuraccia davanti al ragazzo che le piace e davanti a tutta la scuola! XD Riuscirà a tirarsene fuori? Lo potrete scoprire nel prossimo capitolo! u.u Fatemi sapere cosa ne pensate ;)
A presto! :*

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