10. Talking to the moon

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Josh

«Assolutamente no!» esclamò Katie riguardo l'ennesimo ragazzo che le avevo proposto di portare al ballo.

Ci trovavamo al centro commerciale, il posto dove io, lei e il resto del quartetto venivamo a passare le giornate noiose. Quel giorno, però, eravamo solo io e Katie, che poco prima mi aveva raccontato del litigio avvenuto tra gli altri due.

Non riuscivano proprio a stare dieci minuti chiusi nella stessa stanza, senza finire per scannarsi a vicenda.

«Mi arrendo» sospirai, bevendo un sorso della mia Coca-Cola.

La mora piagnucolò sottovoce, rubandomi la lattina di mano e bevendone un sorso a sua volta.

«Mancano ancora tre settimane al ballo, rilassati» a quella mia affermazione mi lanciò un'occhiata torva.

«Appunto. Mancano solo tre settimane» urlò disperata.

Alzai gli occhi al cielo, riprendendomi la bevanda.

Erano due ore che ci aggiravamo tra negozi senza comprare nulla, principalmente perché avevamo entrambi poco più di venti dollari in tasca.

«Mi sto iniziando ad annoiare» confessai, specchiandomi in una delle vetrine.

«Usciamo di qui?».

Non me lo feci ripetere due volte.

Una volta fuori, l'aria invernale di Manhattan mi colpì in pieno volto, facendomi rabbrividire. Se sentivo freddo io, con il mio giubbotto imbottito, non osai immaginare cosa potesse provare Katie con addosso quella misera giacca bianca.

Passammo il restante dei venti minuti a passeggiare tra le strade affollate dell'Upper West Side, finché lei non si fermò nel bel mezzo del marciapiede.

«Guarda!» mi indicò l'Afterglow, il locale che aveva aperto da poco in città; l'insegna viola lampeggiava, attirando così l'attenzione di parecchi ragazzi della nostra età. Non si riusciva a scorgere bene l'interno, ma sembrava piuttosto ampio.

«Quanti soldi hai con te?» mi chiese, cercando di allungarsi per sbirciare dentro il locale.

«Diciotto dollari»

«Io diciassette. Entriamo lo stesso?».

Non dovette aggiungere nient'altro, ormai la stavo già trascinando verso l'ingresso.

Avevo ragione sul fatto che questa sala fosse gigantesca; era decorata da luci led dello stesso viola dell'insegna. Si poteva dire fosse un locale abbastanza giovanile, dato che la maggior parte di clienti, ma anche il personale, avevano più o meno la nostra età.

«Cosa posso portarvi?» ci chiese un ragazzo castano da dietro il bancone. Teneva tra le mani uno shaker e ci guardava con aria piuttosto spazientita.

Fortunatamente non chiese i documenti a Katie, la quale non aveva con sé quello falso.

«Io un Mojito» rispose lei, con il solito sorrisetto sulle labbra.

Quel sorriso era ciò che la caratterizzava, sarebbe riuscita ad ammaliare una folla di persone anche solo con quello, probabilmente.

«Io prendo lo stess...» non feci in tempo a finire la frase che la mora mi interruppe.

«Per lui della Coca-Cola, grazie»

Il cameriere si allontanò, lasciandoci ancora una volta soli.

«Io volevo il Mojito!» non persi tempo per lamentarmi.

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