26. Io ti dedico il silenzio, tanto non comprendi le parole

883 43 199
                                    

Questo capitolo è per te, Sofi.
Anche tu riuscirai a lasciarlo andare, ne sono sicura.
💙

Dave

«Da solo?» domandò Abby senza staccare lo sguardo dalla cicatrice.

Ancora non le avevo risposto a causa del modo che ogni secondo stringeva sempre di più la mia gola.

Non potevo raccontarle come me la ero procurata o di come il me undicenne desiderava scomparire.

Non potevo aprirmi su quell'argomento.
Non con lei, non mi avrebbe più guardato allo stesso modo.

Avrei perso anche lei, l'unica luce in grado di tirarmi fuori da quel buio soffocante.

«Questa me la sono fatta semplicemente correndo da piccolo» dissi, sperando di convincerla.

«Stavi correndo via da lui?» la sua voce era ancora spezzata, ma cercò di mostrarsi forte ai miei occhi.

Seppi esattamente cosa stesse pensando in quell'istante: ero io a star male, ero io a dover essere aiutato, non lei. E io avrei voluto stringerla a me, lasciandola piangere quanto volesse perché non mi importava.

Non mi importava quanto io potessi stare male, l'importante era che lei stesse bene.

«Sì, da lui» abbassai lo sguardo.

La sua mano mi accarezzò la guancia, e solo quando il pollice catturò una lacrima mi accorsi di aver oltrepassato il limite.

Mi affrettai ad asciugarmi il volto, il suo sguardo ancora posizionato su di me.

«È tutto okay, lasciati andare» sussurrò.

Lasciarmi andare?

«Non devi trattenerti, va bene».

La guardai confuso, ancora sbalordito da quello che la sua bocca aveva appena pronunciato.

Avevo passato la mia intera esistenza a nascondermi, a rinchiudere dentro un angolo buio della mia mente le mie emozioni.
Come facevo a lasciarmi andare?

Ci fece sdraiare entrambi, poggiando la testa sul suo petto e prendendo ad accarezzarmi i capelli; era un gesto così banale, per alcuni persino scontato. Ma per me, che da piccolo al posto delle carezze avevo sempre e solo ricevuto pugni, quel gesto fu tutto ciò che servì per farmi crollare.

Delle lacrime salate iniziarono a fuoriuscire dai miei occhi, bagnando il tessuto della sua felpa grigia.

Piansi per tutte le volte in cui non l'avevo fatto.
Per tutti i pugni, gli schiaffi, le urla.
Per tutte le volte in cui papà, sfogandosi su di me, distrusse una mia nuova parte.

Piansi per quel bambino di sette anni che non aveva idea di cosa stesse succedendo.
Per quello di otto anni che chiedeva solo un po' di affetto da parte del suo stesso padre.
Per quello di nove e dieci che iniziava ad abitarsi a quelle condizioni, che non faceva altro che incolparsi per tutto quello che stava succedendo in quella casa.

E per quello di undici, soprattuto per lui; per quel ragazzino che voleva solo scomparire, andarsene una volta per tutte.

Amati SempreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora