19. You know it's not the same as it was

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Abby

«Abby! Liv!» urlò mamma dalla cucina, interrompendo il mio momento di relax.

Per relax si intendeva starmene nel letto con le cuffie, mentre tentavo di scrivere qualcosa di decente, ovviamente.

Scesi al piano di sotto e trovai mamma in cucina, intenta a preparare qualcosa ai fornelli.
Quella cucina era il posto sicuro di mamma, ne ero certa; ci passava intere gironate lì dentro, trovando sempre nuovi piatti a preparare.

«Ho invitato i Miller a cena» disse tranquillamente.

Mi irrigidii di colpo a quell'affermazione, provando però a mantenere un'espressione impassibile.

Solitamente ero abituata a queste cene improvvise, ma non quella sera.
Avrei dovuto rivedere Dave, avrei dovuto sopportare il fatto che non volesse più avere nulla a che fare con me. Avrei rivisto ancora quello sguardo.

«Tutto okay, tesoro?» mi chiese papà seduto su una delle sedie. Non importava quanto io tentassi di nascondergli le mie emozioni, quell'uomo sarebbe sempre stato in grado di leggermi come un libro aperto.

«No... cioè, sì. Vado a prepararmi».

Pensa, Abby.
Cosa avrei potuto fare per sfuggire da quella situazione?

Il problema era proprio quello, però: non potevo uscirne, mi era stato dato troppo poco preavviso per solo pensare a qualche scusa.

Cercai di concentrarmi su quello che stavo scrivendo, ma la voglia di spaccare qualcosa stava davvero prendendo il sopravvento.
Si vedeva tanto che ero nervosa?

Neanche mezz'ora dopo il campanello di casa suonò, annunciando l'arrivo di quella che sarebbe stata la mia tortura per l'intera serata. Scesi con addosso una semplice felpa oversize e un leggins.

La mia attenzione venne subito catturata dalla sua.

Non aveva alcuna voglia di stare lì, riuscivo a capirlo benissimo.
Quando il suo sguardo si posizionò su di me mi rirovai a trattenere il respiro. Mi squadrò con la mascella contratta, per poi concentrarsi su altro.

In realtà, a fare così male non era neanche la litigata in sé. Certo, ha fatto malissimo anche quella, ma era il modo in cui mi ignorava che mi distruggeva; l'indifferenza che mi riservava da quando quello schiaffo l'aveva colpito.

L'unica cosa che desideravo in quel momento era tornare ad avere il nostro vecchio rapporto, quando ancora non dovevo scappare da lui.

Katie aveva osservato l'intera scena con curiosità; ultimamente, quando io e Dave ci trovavamo nello stesso posto, si comportava in modo strano, quasi aspettasse una mossa da parte nostra che però non sarebbe mai arrivata.

«Tesoro, come stai?» mi chiese Rose, lasciandomi una carezza sul viso. Una di quelle carezze che mi trasmettevano sicurezza, che sapevano di "casa".

Mi abbandonai al suo tocco prima di rispondere alla sua domanda, mentendo sia a me stessa che a lei. «Tutto bene, grazie».

Avevo imparato fin troppo bene a mentire nell'ultimo periodo, nessuno si accorgeva mai che tutto quello che dicevo erano solo delle stupide bugie.

Ma in fondo era così: alla gente non interessava sul serio la risposta. Bastava un finto sorriso sul volto per fargli credere a qualsiasi cosa tu dica, nessuno si soffermava sui piccoli dettagli.

«È già tutto pronto a tavola, andatevi a sedere» li invitò mamma.

Mi sedetti tra Liv e Katie, ma il caso volle che di fronte a me ci fosse proprio Dave. Quest'ultimo, per tutta la durata della cena, nonostante cercò di non renderlo evidente, osservò ogni mio singolo movimento.

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