28. You drew stars around my scars

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Abby

«Dai, Abby, ci divertiamo un po'».

Il ghigno sul suo volto, il suo sguardo che mi penetrava, le sue mani addosso.

«Ti ho detto di no».

Lui però mi zittì unendo nuovamente le nostre bocche. La sua mano riprese a percorrere il tragitto sul mio corpo.

Il disgusto che avevo provato, la sensazione di impotenza, le lacrime agli occhi.

Prese a baciarmi il collo, la mano che si fece strada sotto il vestito.

«Basta, togliti!» urlai, riuscendo finalmente ad allontanarlo.

«Ma cosa cazzo ti costa lasciarti andare un po'?».

🌑

Uscii dalla doccia di Dave, ripensando alla scena che da settimane non faceva altro che perseguitarmi.

Non importava se fosse notte o giorno, venivo assalita dalle stesse identiche sensazioni che avevo provato in quel momento, con le sue mani addosso.

Mi fermai davanti al mio riflesso, con altre mille paranoie che si fecero strada dentro di me.

Quel giorno, prima della festa, era accaduto di nuovo. Ero riuscita a trattenermi per tanto tempo, ma finii per cedere.

Sospirai, pronta a vestirmi.
Il problema? Avevo lasciato il cambio in stanza, dove c'era Dave.

Di certo non sarei uscita in quelle condizioni, non se c'era lui che poteva vedermi.

Aprii di poco la porta, notando che la camera fosse avvolta dal completo silenzio; Dave non era lì, probabilmente era sceso in cucina a prendere del ghiaccio.

Approfittai di quel suo momento di assenza per uscire dal bagno, cercando il mio cambio.

Lo trovai piegato su una sedia, ma prima che potessi rinchiudermi nuovamente nel bagno, la porta della camera si aprii, facendomi pietrificare.

Mi voltai, trovando Dave a fissarmi con la bocca socchiusa. I suoi occhi viaggiarono su tutta la mia figura, coperta da un misero asciugamano.

Lui indossava solo un pantalone della tuta, cosa che contribuì a mandarmi completamente in tilt.

Vulnerabile. Era così che mi sentivo ogni volta che il suo sguardo si posava su di me.

Ma quella volta era diversa; c'era qualcosa in più nel suo sguardo, un barlume strano che non riuscii a decifrare, ma che mi stava facendo impazzire.

«Dovevo... prendere il cambio» trovai il coraggio di sussurrare, sentendo le guance andare a fuoco.

Ed era in momenti del genere che avrei voluto avere più esperienza, o per lo meno sapere cosa fosse adatto fare. Ma, non avendo la minima idea di come agire, rimasi paralizzata in quella posizione.

Guardai il ghiaccio premuto sul suo zigomo, ricordandomi di quello che successe alla festa.

«Ti fa male?» domandai, avvicinandomi titubante e stringendo l'asciugamano contro il corpo ancora grondante.

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