Chapter 7.2 - ⭒Pleasant discoveries⭒

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Lo seguii verso l'uscita. Mi tenne aperta la porta con una cortesia formale, porgendomi addirittura un braccio affinché lo prendessi.

Downton Abbey, eccomi qui!

—Sai preparartelo da sola? — mi scoccò una strana occhiata nel porre la domanda, mantenendo l'attenzione sul mio volto anziché sul corridoio che stavamo attraversando.

—Ovvio. Lo bevo da quando ero bambina. Nonna Siobhan non era rigida su questo, al contrario di mia madre—

Il suo braccio era particolarmente duro sotto alla mia mano. Lo palpai perché il tessuto del suo abito era davvero morbido, nessun altro motivo, è chiaro.

Mi guardai attorno, cercando di concentrarmi su qualcosa che non fossero muscoli guizzanti, voglio dire, abiti eleganti. Quel corridoio mi era familiare. Aye, c'ero passata il giorno prima. Riconoscevo le due statue ai lati della doppia porta in metallo.

Provai a orientarmi con quel poco che avevo esplorato durante la mia fuga, mantenendo una forzata espressione disinteressata all'opulente arredamento o al lussuoso tappeto che mascherava i pavimenti in lucido marmo. E quei lampadari. La strana luce verde bluastra rendeva le creazioni sospese per aria qualcosa di quasi alieno.

Scendemmo lungo una scalinata laterale di forma elicoidale, che supposi essere quella utilizzata dai dipendenti del castello, poi proseguimmo su un altro corridoio, svoltammo un angolo, un altro corridoio... Ed eccoci qui, nell'immensa cucina super attrezzata. C'erano alcuni apparecchi che non riconobbi e altri talmente obsoleti che mi sorpresi fossero ancora utilizzati nel duemilanovecentosessantasei.

—Il caffè è qui— disse Larimar, appoggiando un bussolotto sopra al bancone. Lo aprii cercando di non mostrare la mia impazienza e mi bloccai non appena vidi una moltitudine di chicchi osservarmi dall'interno del barattolo.

—Pensavo aveste una caffettiera tradizionale, ma effettivamente quella elettrica è più comoda. Dove la trovo? —domandai, perplessa, dopo averla cercata con lo sguardo e non averla riconosciuta in nessuno di quegli strani elettrodomestici.

—Per tradizionale intendi quella che si appoggia sulla fiamma viva? L'abbiamo, infatti—

Iniziavo a innervosirmi —D'accordo, allora suppongo lo maciniate a mano. Dove trovo la caffettiera e dove il macinino? —

Lo vidi sollevare un angolo della bocca, come se la mia irritazione fosse oggetto di ilarità, poi si sporse per prendere due oggetti dalla forma familiare.

Sospirai di sollievo e mi misi al lavoro.

Non avevo mai macinato a mano il caffè, ma non risultò essere poi tanto difficile. D'accordo, non ero una grande estimatrice di caffè, per cui non avrei saputo dire se il gusto fosse pessimo o meno. L'importante, per me, era che fosse caffè e infatti, quando infine riuscii a bere il frutto del mio duro lavoro, la mia gola produsse un sospiro talmente soddisfatto e deliziato che sembrò simile a un orgasmo.

—Ti piace davvero, allora—

Era rimasto a studiarmi per tutto il tempo, in silenzio, con la testa elegantemente inclinata di qualche grado, gli occhi blu due profondità inquietanti che sembravano sondarmi con raggi X, ma per il resto perfettamente composto e in attesa, come se si aspettasse di essere fotografato da un momento all'altro e non volesse scomporsi quei vestiti raffinati e di certo costosi.

Aye. Ne vuoi un po'? È rimasto il quantitativo giusto per altre due tazzine... Vuoi un cappuccino? Dov'è il latte?—

Vidi i meccanismi del suo cervello lavorare dietro allo sguardo che avevo ancora puntato addosso. Stranamente, non mi sentivo a disagio sotto quell'insistente scrutinio. Anzi, devo ammettere che mi pavoneggiai un po'... Per poi crollare dal piedistallo quando mi disse —Dopo, magari. Adesso ti mostro dov'è il bagno— suggerendo avessi un serio bisogno di lavarmi.

Progetto Triskelion ∴ Il RisveglioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora