Chapter 17.1 - ⭒Hello, darkness⭒

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20 Luglio, 2027

Battei le mani sul tavolo di fronte a lui. Uno schiocco secco sul piano di legno.
Di solito l'indagato avrebbe sussultato, invece non successe nulla.
Socchiusi gli occhi, tentando di non far trapelare il mio fastidio per quella mancata reazione.
Sapevo già sarebbe stata dura. Dovevo restare centrata.

Ero stata scelta apposta da De Lacey per sostenere quell'interrogatorio. Perché? Mi piacerebbe dire fosse per tutti i mesi passati insonni a cercare indizi per arrestarlo, ma no.
Ero donna.

Aye, una motivazione che all'apparenza sembrava sessista, ma era strategica, in realtà. Se Murray era Valentine, cosa di cui ero quasi certa, allora avrebbe odiato avere a che fare con una donna al potere.
Una donna che gli ricordava la madre.
Certo, con la mia altezza e i capelli rossi non rientravo nello schema che era solito prediligere per le sue vittime, ma ero sicura non avesse fatto differenza, con un narcisista misogino quale era il nostro assassino.

Avevo un'idea di come sarebbe andata la nostra spiacevole conversazione: mi avrebbe svilita. Avrebbe tentato di riprendere il ruolo dominante. Con tutta probabilità avrebbe provato anche a mettermi in imbarazzo usando sottili molestie verbali. Nel farlo, però, si sarebbe mostrato vulnerabile.
Non mi avrebbe considerata una minaccia, permettendomi di scavare sotto le sue difese e fargli confessare i suoi crimini.

—Buonasera, Mr. Murray. Le hanno letto i suoi diritti? —
—Sono contento di incontrarti di nuovo, my dear. Mi fa piacere vedere che non ha subìto danni dal nostro precedente incontro —

Trattenni un sorrisetto. Come avevo predetto, eccolo cercare di riprendere il controllo.
Così scontato.

—Non ha risposto alla mia domanda. Signor Hugh Fitzroy Murray, le hanno letto i suoi diritti?— ripetei, buttandomi di testa in quel gioco di potere.

Murray non replicò. Un altro tentativo infruttuoso di innervosirmi.

A quel punto sorrisi davvero, incarnando l'ochetta che era convinto fossi, per poi sospirare e con finta compiacenza cedere —D'accordo, dal momento che non vuole rispondermi, suppongo sia mio dovere rileggerglieli...—
Con voce priva di intonazione riportai la lunga tiritera, analizzando per tutto il tempo il linguaggio del suo corpo.

Spalle rigide e pugni serrati. Poteva volermi far credere di essere a suo agio, ma era evidente che qualcosa lo turbava. La domanda era: cosa? Trovarsi in una stanza per gli interrogatori della polizia o avere una donna in un ruolo dominante seduta davanti a lui?
O forse era la consapevolezza che in questo momento cinque agenti stavano ribaltando da cima a fondo la sua casa, in cerca di indizi sull'ultima vittima rinvenuta.
Quella che avevo fotografato in sua compagnia solo qualche ora prima della scomparsa.

—I lineamenti del tuo viso sono così delicati. Le gote rosa sotto agli zigomi morbidi, un bocciolo rosso al posto delle labbra... Però il naso è dritto e fiero. Non riesco a definire l'origine dei tuoi tratti. Un così equilibrato miscuglio di etnie...— mi interruppe quando ero quasi arrivata alla fine dell'elenco. Gli parlai sopra, ignorando la familiarità con cui mi si era rivolto e concludendo la lettura.
—Non credo di ricordare il tuo nome, sai? — intervenne, prima che avessi modo di avanzare un'altra domanda.
—Non credo di averglielo mai detto, Mr. Murray. Ma in un'ottica di collaborazione, sono l'agente Amber de Noir, matricola...— continuai a mostrarmi professionale, propinandogli il mio alter ego.
Un'agente della National Crime Agency o NCA.
Non certo l'agente speciale dell'MI13.

—Sei deliziosa... Ma non mi stai dicendo la verità, vero? —
Battei le palpebre un paio di volte, cercando di dissimulare la mia confusione.
—Quali sono le tue origini, my dear? —
Decisi di dargli un po' di corda e gli risposi —Molto simili alle sue, Mr. Murray. Ho un padre scozzese e una madre per metà italiana. Sua madre era scozzese, se non sbaglio, mentre suo padre è nato a Chicago con origini tuttavia italiane—
—Dal momento che sai così tanto su di me, perché non smetti di chiamarmi col mio cognome? Mr. Murray era mio nonno. Io sono Hugh—

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