∴15.1∵ Terzo in comodo

96 25 101
                                    

La porta era chiusa, cosa insolita. E dovetti bussare una seconda volta, cosa ancor più insolita.
Ma l'aspetto ancor più inconsueto di tutti?

Larimar sembrava agitato.

—Buon pomeriggio, Cadmio. Stavamo discutendo degli addobbi per la celebrazione —

Sollevai un sopracciglio, incuriosito sia da quella forzata spiegazione che dal quadretto che mi si era presentato nell'entrare.
La rossa era seduta sulla scrivania, che credevo intoccabile, di Larimar, facendo dondolare le gambe dal bordo come una bambina che sa di aver appena combinato una marachella e ne è divertita. Il mio amico, invece, era in piedi davanti alla finestra, lisciandosi il fianco dei pantaloni come se fossero presenti pieghe fastidiose o... Si stesse asciugando i palmi sudati delle mani.

—Davvero? Spero di non disturbare allora— borbottai, ancora confuso da tutti i movimenti che Larimar stava compiendo, ora passato ai polsini della camicia che, avrei scommesso, fossero più che perfettamente allacciati.
Sembrava quasi incapace di restare fermo.

—Non disturbi mai, mio caro. Tuttavia, ti aspettavo ieri. Suppongo che i tuoi doveri da Veggente ti abbiano tenuto occupato—
Il volto del mio amico era accaldato, un insolito rossore gli colorava gli zigomi appuntiti, del genere che gli avevo visto solo quando era sottoposto a grossi sforzi.
—Purtroppo sì. C'è stata un'emergenza a Tamesis che ha richiesto il mio immediato spostamento. Speravo di avvisarti, ma la tua mente era agitata ieri e non sono riuscito a stabilire una connessione—
—Ero... Impegnato con l'ultima Assemblea di Comunità. Sai come possano diventare fastidiosi i Princeps, soprattutto quando ho dovuto introdurre il mio sostituto—

La ragazza emise uno sbuffo, richiamando la mia attenzione.

Aggrottai le sopracciglia rendendomi conto che Larimar non l'aveva ancora ripresa o scacciata dal bordo della scrivania. Non l'avevo mai visto tollerare un comportamento tanto indecoroso. Era sempre stato rigido su questi aspetti; non che sorprendesse, con un'educazione come la sua, cresciuto a pane, rimproveri e doveri dal padre.
—Quindi tu sei il sensitivo, eh? — se ne uscì la rossa. Mi studiava con uno sguardo attento e intelligente e reagendo d'istinto le sorrisi. —Ti va di leggermi il futuro? L'ultima che l'ha fatto mi ha predetto una lunga vita felice con tre figli e sei nipoti. O erano sei figli e tre nipoti? Nae, sicuramente la prima—
Il suo chiacchiericcio era così allegro che sorrisi, ammaliato dal suo carisma quasi quanto dalla sua bellezza. Adesso che la vedevo adeguatamente vestita e pulita era ancora più splendida. Quei capelli poi... Lucidi, fluenti e del colore delle fiamme vive. Un colore tanto simile al mio da fare quasi paura, con quell'unica candida striscia imperfetta a renderla ancor più avvenente. Per non parlare dei suoi occhi, verdi e luminosi come le foglie di primavera. O della pelle, alabastro baciato da lucenti rose rosse sulle gote.

Ero solito restare indifferente e freddo a cotanta bellezza femminile, ma qualcosa in lei la rendeva diversa.
Forse la spontaneità delle emozioni che sprigionava il suo visino delizioso.

—Quindi? Hai bisogno della mano o porti i tarocchi con te? —

Mi ridestai dalla contemplazione della sua bellezza, rendendomi conto che mi aveva posto una domanda.

Una che, tuttavia, non compresi.

Cercai Larimar con lo sguardo, sperando mi desse delucidazioni in merito, ma stava anche lui osservando la rossa con una strana espressione in volto.
Gliel'avevo vista una volta sola, in un ricordo che quasi si perde nel tempo, visti i numerosi anni trascorsi. Guardava un ritratto della madre, l'ultimo in suo possesso. Corallo li aveva fatti distruggere tutti dopo la morte prematura della donna.

Quel giorno, diversamente dai precedenti, Larimar era quasi tornato il ragazzino di un tempo. Non si trascinava più come uno zombie. Ricordo che mi chiesi come avesse fatto a superare in modo tanto veloce il lutto, quando io continuavo ad avvolgermi nel cuscino che avevo rubato dal letto di mia madre, sperando di coglierne ancora qualche accenno di profumo.
Ero tornato a prendere un avanzo di cibo che Hortensia aveva con tanta premura preparato per me, forse sapendo che mio padre era talmente distratto dal suo lavoro da non ricordarsi di dovermi accudire... Bei tempi, quelli. Quando si accorse che esserino bisognoso fossi, fu solo per sfogare su di me le sue frustrazioni a colpi di calci e pugni, consapevole che non avrei avuto il coraggio di raccontare a nessuno quanto potesse essere brutale.
In ogni caso, avevo trovato Larimar chiuso nella sua camera che ammirava il ritratto della madre. Sul suo volto c'era un'espressione talmente cruda che me ne andai senza farmi notare, a disagio.

Progetto Triskelion ∴ Il RisveglioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora