Chapter 3.2 - ⭒Selfless celebrity⭒

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Aprii gli occhi.
Ero viva. Ancora.
Déjà vu.

Questa volta, almeno, non fui sommersa da pensieri e immagini confusionarie. Questa volta, scattai seduta spargendo ovunque attorno a me le coperte che erano state adagiate sul mio corpo prossimo all'ibernazione.

Ricordi frammentati di quel che credevo di aver visto un secondo prima di svenire mi riempirono la mente. O avevano clonato Brad Pitt, o quella era stata una delle più assurde allucinazioni della mia vita.
Aye, dovevo essere proprio messa male.
Scrollando la testa, iniziai a studiare quello che mi circondava. E strabuzzai gli occhi.

Quella era la camera degli ospiti del Castello di Windsor? For God's sake, non ditemi che anche la Regina era stata riportata in vita!

Quanta opulenza! Le pareti rivestite da boiserie color uovo di pettirosso e intarsi dorati si armonizzavano in modo perfetto al soffitto in cassettoni. Un tappeto di fattura incantevole ricopriva l'intero pavimento e quattro dipinti abbellivano un lato della stanza rappresentanti le quattro stagioni. Nae, un secondo, non erano dipinti, ma quella specie di finestre con ologramma che avevo visto anche nella stanza-prigione. La cornice di legno dorato che le racchiudeva mi aveva tratto in inganno.

Quel posto trasudava lusso fin nel più piccolo granello di polvere. Mi aspettavo quasi che, da un momento all'altro, comparisse una Coldstream Guard dalla caratteristica casacca rossa a rimproverarmi per essermi infilata sotto le coperte tutta sporca e coi vestiti a brandelli.

E a tal proposito: non ero stata spogliata. Né violentata.
Forse sarei dovuta partire da quello, vero? Non era poi così scontato.

Il mio istinto di sopravvivenza doveva essere ancora congelato, perché qualcosa in quel posto mi rendeva incautamente tranquilla. A mio agio, quasi.

Inspirai una lunga boccata d'aria e, assieme all'ossigeno, un profumo di erba verde si insinuò nelle mie narici.
Ecco cos'era. L'odore delle Highlands. Aspre colline su cui amavo rotolarmi dietro la casa di nonna Siobhan, evitando cespugli di erica ricoperte da api o gli steli spinosi dei cardi.

Mi strappai a fatica da quei sogni a occhi aperti. Dovevo concentrarmi. Non ero Amneris, la nipote amorevole, ma Amber de Noir. Un'agente speciale risvegliatasi in un luogo ostile.
Dovevo attivare la modalità sopravvivenza!

A malincuore, mi sfilai da sotto quelle invitanti coperte di seta. Non avevo alcuna intenzione di ritrovarmi impreparata se il mio "salvatore" fosse venuto a vedere come stava la bella addormentata. Lo stupro non era ancora da escludersi. Magari preferiva donne sveglie e reattive. Sapete, no? Urla, graffi... Molto più coinvolte di un mezzo cadavere congelato e inerme.

D'accordo, non serviva a nulla ricamare su possibili violenze sessuali. I "what if" non mi avrebbero aiutato a uscire da lì. Avevo bisogno di vestiti e scarpe, invece! 

Mi diressi alla cassapanca ai piedi del letto, bloccandomi però sui miei passi quando intravidi ciò che vi era stato posato sopra. Quell'apparente groviglio di coperte non era una dimenticanza di qualche cameriera sbadata. Erano i miei averi! Ancora inseriti nel sacco di fortuna, spuntavano il diario e quel coltello incapace di tagliare anche il burro.

Sbirciai all'interno del mobile, trovando della biancheria per il letto. Ignorai i comodini: dubitavo tenessero abiti lì. Ci sarei tornata in seguito. O forse le abitudini d'abbigliamento erano mutate come i confini. Se Francia e Gran Bretagna erano nello stesso territorio, allora tutto poteva succedere!

Alla fine, dopo aver analizzato il contenuto di diverse cassettiere, arrivai a provare ad aprire le porte. Erano tre, sugli angoli opposti alla parete con le finestre. Una doveva essere chiusa a chiave, ma non mi sconvolgeva. Avevo trovato almeno cinque oggetti con cui non mi sarebbe stato complicato aprirla. La serratura non si vedeva, quindi doveva essere una chiusura moderna, senza chiavi. Forse una magnetica. Però i cardini erano lì, ed erano identici a quelli delle porte del mio secolo.

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