Capitolo 32-Vaniglia

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I polmoni che bruciano, il fiato corto e la fronte imperlata di sudore, non ero solita andare a correre, ma quella mattina mi ero svegliata prima del previsto e avevo deciso di scaricare così la tensione.

Era la vigilia di Natale e come, ogni anno, mi sentivo in balia di emozioni contrastanti: nostalgia, gioia e ansia.

Ero tornata a casa dei miei genitori per passare il Natale in loro compagnia, sapevo quanto ci tenessero e mi dispiaceva non presentarmi, ero la loro unica figlia.

Quell'anno, però, con tutte le preoccupazioni che avevo per la testa avrei fatto volentieri a meno dei commenti scomodi dei parenti:

"Cara, io alla tua età ero già sposata e aspettavo il primo figlio, quanto vuoi aspettare ancora?"

"Non ci sono più gli uomini di una volta, lo so, ma là fuori non hai trovato nessuno che ti metta un anello al dito? Hai così un bel faccino."

"Non sarai giovane per sempre, va bene la carriera, ma non vorrai mica aspettare di avere trent'anni per mettere su famiglia?!"

E mille altre insinuazioni simili.
Dire che fossi scocciata ancor prima di ritrovarmi al cenone della Vigilia era un eufemismo.

Avrei tanto voluto comportarmi come Natalia che aveva abbandonato tutti per passare un Natale a base di mare, sole e sesso sfrenato alle Maldive in compagnia di Marco.

Oppure avrei voluto essere Angelica, che dopo alcune uscite con il timido Mario, aveva deciso di andare a conoscere la sua famiglia a Roma proprio per le festività.

L'unica amara consolazione al mio Natale, che non si prospettava dei migliori, era il fatto che il numero di coppie giunte all'altare dopo "Doppio gioco" aveva raggiunto la settantina.

Ne mancavano una decina all'obiettivo e contavo di recuperarle tutte entro la fine dell'anno grazie al party di Capodanno che stavo organizzando per l'agenzia.

Ebbene sì, nonostante avessi preso tre giorni di ferie per le festività natalizie, avevo portato con me l'agenda e non avevo mai smesso di controllare i preparativi.

Tutto sarebbe dovuto andare alla perfezione oppure il fallimento sarebbe stato dietro l'angolo, l'idea di non farcela era costante e per questo non riuscivo a rilassarmi.

Mr. N.S. aveva già fatto arrivare le lettere di licenziamento e a uno come lui sarebbe bastato uno schiocco di dita per far chiudere i battenti all'agenzia.

Sapevo che ne sarebbe stato capace, l'avrebbe fatto persino con il suo solito sorrisetto impertinente stampato in faccia.

Quello stesso sorriso che più volte mi aveva rivolto, quel sorriso che stavo immaginando nello specchio appannato del bagno.

Mi ero concessa un bagno caldo immersa in un mare di schiuma al profumo di vaniglia dopo la corsa che avevo fatto ed era lì che, tra una bolla di sapone e l'altra, pensavo a lui.

《Elizabeth? Hai finito di fare il bagno? Nonna sta preparando il ripieno dei ravioli e ha bisogno di aiuto per stendere la pasta.》la voce di mia madre mi risvegliò dai miei pensieri, mi rivestii alla svelta e scesi in cucina.

Qualche ora dopo, mi trovavo seduta al grande tavolo della sala da pranzo addobbato a festa per la cena ed ero stretta tra Valentina, mia cugina di secondo grado e sua madre, mia prozia Margherita.

Le due non facevano altro che parlare dei successi accademici di mia cugina, da poco dottoranda in Ingegneria Gestionale e non la finivano più.

Nonostante le svariate occhiatacce che ricevetti da nonna, presa dalla noia di quelle futili e ripetitive chiacchiere, tirai fuori il cellulare a tavola.

Una storia d'amore al rovescioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora