༆ Capitolo 13 ༆

16 1 0
                                    

6 anni prima.

Quando mi proposero questo caso fui stupito dalla paga, 12.927.375 yen che per il semplice spionaggio è tanto, poi compresi, tutte le spie che hanno lavorato al caso erano morte o non hanno trovato i due, sono il nono quest'anno che è arrivato così vicino a Y/n y/s purtroppo non sono riuscito a trovare Suguru Geto.

Quella notte mi trovavo in prossimità di un capannone, avevo seguito Y/n fino a lì, era un posto molto isolato nel mezzo del verde di quella foresta plumbea, la vidi entrare in quel capannone bigio, riflettei se seguirla lì dentro e conclusi la riflessione scendendo dal mio veicolo e iniziai a incamminarmi, ma mi fermai sentendo in lontananza il rombo d'una moto, non ebbi il tempo di nascondermi, che me la ritrovai davanti, una donna dai capelli rossi e ricci legati da una coda, non portava il casco lo teneva appigliato al codino della moto, si fermò accanto a me e apri il portaoggetti e ne fece uscire un foglio, "Sono una tua collega, sono stata mandata da Satoru Gojo" in risposta la guardai stranita, "nessuno mi ha contattato del tuo arrivo"-"È stata una decisione presa da Gojo non dai piani alti" la guardai e scrollai le spalle, ero ben a conoscenza degli atteggiamenti di quel tipo, fa tutto di testa sua quindi una situazione del genere non era affatto improbabile, "parcheggia la moto e seguimi"

...

"Ma quanto ci mette?" Esclamai battendo il piede, mi ritrovavo all'interno di quel capannone abbandonato, aspettavo che quel uomo entrasse così l'avrei fatto fuori, mi aveva seguito per ben tre giorni dappertutto, meno male che me ne sono accorta! Se no sarei potuta andare al tempio o persino sarei tornata a casa, ormai è prassi, mi accorgo della spia affitto una camera d'hotel o motel e in fine lo ammazzo portandolo in questo capannone, "certo che non è il posto migliore per morire" poggiai la mano sul fianco e sbuffai.

Abbassai lo sguardo al terreno petroso e impolverato, con la scarpa spostai la polvere da un lato al altro,  finalmente udì il rumore del portone di lamiera aprirsi, puntai la mano verso quest'ultimo e accumulai la mia energia maledetta formando una sfera bianca.

Appena mi vide allargò gli occhi, era un uomo dalla barba rasata male i capelli lunghi e un abbigliamento semplice, jeans blu e una felpa mono colore nera, vidi l'ombra di qualcuno nascondersi dietro dei container rossi, "ti ho visto sai?" Gli dissi, "ho perso il conto di quanti ne hanno mandati, sei? Sette?"-"nove" disse egli con tono affermativo, "addirittura nove? Dovrebbero smetterla, non ci giovano nulla non credi?" Egli deglutì ma non disse nulla, non è armato notai, dovrebbero dopo tutti questi anni dargli qualche arma no? Vabbè che mi aspetto dai piani alti, sono solo un branco di zombi senza cervello, "senti" esclamò l'uomo, "farò finta che tutto ciò che è successo non sia mai accaduto, tornerò dai piani alti e dirò di non averti trovata, ti prego ho una bambina, non posso lasciarla sola" ricatti morali, li odio, poiché non comprendo se è sincero o no, "dammi il tuo telefono" egli mi osservò confuso e estrasse il telefono dalla tasca, si avvicinò a me a passo lento, appena era abbastanza vicino gli presi il cellulare, con la mano puntata al suo petto iniziai a dare una controllata.

Entrai nella galleria, e notai che fosse piena di foto di lui e la bambina, non aveva neppure una foto di me, cosa che ero solita trovare nel cellulari delle spie, storsi il naso e gli diedi il telefono, "cosa mi assicura che tu non dica nulla ai piani alti?" Egli non poté rispondere, non c'era nulla che poteva assicurartmelo "facciamo così, se tu dici a qualcuno di avermi vista io ammazzo prima la tua bambina e poi te" avvicinai il mio viso al suo, "ci siamo capiti? Questa chance non la concedo a tutti" egli annuì con gli occhi fissi sul mio viso, "ora sciò" esclamai girandomi e salutando con la mano, sentì suoi passi allontanarsi, prima camminava poi iniziò a correre, "forse ho fatto una cazzata" borbottai tra me e me.

"Oh vero, hey! Tu dietro i container vattene"-"Sono qui su" esclamò dopo di che udì uno sparo, la mia spalla iniziò a bruciare, caddi a terra tenendomi la spalla, la mia mano si stava riempiendo di sangue, "Scusami tesoro, ma è necessario, ma non sono qui per ucciderti" girai lo sguardo verso di lei era su quel inutile balcone interno che seguiva il perimetro della struttura, "e allora per cosa?" Fortunatamente il dolore aveva già iniziato a affievolirsi, la ferita si stava rigenerando, avevo ancora il proiettile in corpo dovevo estrarlo, "dannazione" infilai due dita nella ferita e le feci affondare nelle mie carni, sentito il freddo metallo del proiettile lo presi e feci uscire dal mio corpo per poi gettarlo sul terreno.

⊰⊹why me?ゞDove le storie prendono vita. Scoprilo ora