21. La turbina

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«Mamma... Mamma dove sei?» piangeva disperato il bambino.

Il cielo era rosso, la terra tremava e dall'alto si abbattevano meteoriti di ogni forma e dimensione.
Uno era atterrato a qualche centinaio di metri da lui provocando una grande esplosione, e il vecchio Carbon, a cui era stato affidato da sua madre, pur di proteggerlo, aveva finito col perdere la vita.
Così, non appena si era ripreso, con le orecchie che ancora fischiavano, il bambino era rimasto solo, circondato dalla morte e dalla devastazione, per cui tutto quello che era riuscito a fare era stato rimanere lì a piangere, seduto, sperando che la sua mamma venisse da lui a riprenderlo.

Il tempo passava, ma non arrivava ancora nessuno, fino a che, a un certo punto non percepì una presenza alle sue spalle. Voltandosi, scoprì che si trattava di un bambino più o meno della sua stessa età, forse aveva qualche anno in meno di lui, con i capelli dai riflessi verdi raccolti in due ciuffetti laterali e che teneva per mano un altro bambino più piccolo, che stava facendo di tutto per non piangere: «Su, alzati» gli disse quello «Stare qui a piangere non serve a nulla...»

«Ma... ma la mia mamma...» provò a ribattere lui.

«La tua mamma non la troverai di certo se resti qui fermo a frignare!» gli disse il bambino spazientito, dopo di che gli porse la mano e lo aiutò ad alzarsi.

Per un po' camminarono tutti e tre insieme, tenendosi per mano.
  «Come si chiama la tua mamma? Dove l'hai vista l'ultima volta?» chiese a un certo punto il bambino dai capelli verdi.

«La mia mamma è una scienziata!» rispose prontamente il bambino con una punta d'orgoglio «Ѐ rimasta al laboratorio centrale per cercare un modo per...» ma non finì la frase che un altro meteorite si stava per schiantare non troppo distante da loro.
Con un incredibile prontezza di riflessi, il bambino dai capelli verdi spinse gli altri due dietro un cumulo di detriti, ordinando loro di accucciarsi in modo tale da fargli da scudo col suo corpo.

Quando l'effetto del vento e dell'esplosione andarono scemando, i tre superstiti riemersero dal loro nascondiglio, ma il più piccolo non si trattenne più e scoppiò a piangere: «Il mio papà! Voio il mio papà!»

«Su, su, stai buono!» gli intimò il bambino dai capelli verdi «Ricordati che sei il figlio del Governatore! Devi essere di esempio, moccioso!»
E come se gli avesse fatto chissà quale incantesimo, il bimbo tirò su col naso e smise di piangere.

«Come fai?» gli chiese a un certo punto il bambino «Come fai a essere così calmo?»

«Semplice! Sono il figlio del Lord Comandante che salverà il nostro popolo dalla distruzione!» rispose l'altro in tono sprezzante.

Il bambino rimase senza parole, ma il suo stupore si trasformò ben presto in gioia quando, all'orizzonte vide il laboratorio centrale: «Mamma! Mamma!» urlò, iniziando a correre verso la struttura che era rimasta ancora miracolosamente intatta.

Arrivato davanti le porte di metallo, prese a bussare con forza: «Mamma! Mamma! Sono io! Fammi entrare!»

E pochi istanti dopo, ecco apparire una giovane donna con i capelli lunghi e ondulati, tendenti al viola: «Cosa è successo? Che ci fai qui?» gli chiese dopo averlo abbracciato.

«Il signor Carbon è... è morto...» prese a raccontare il bambino singhiozzando «E io mi sono ritrovato da solo... se non fosse stato per loro due...» e così dicendo, si voltò verso i suoi due nuovi amici che erano rimasti indietro.

«Ma tu sei il figlio del Governatore...» mormorò la donna guardando il più piccolo «Presto, entrate! Non c'è altro tempo da perdere!» aggiunse subito dopo, chiudendo le porte dietro di loro.

Tokyo Mew Mew - RebootDove le storie prendono vita. Scoprilo ora