"Oramai son finita" Diceva mesta la vampira, mentre continuava a camminare per tutte le asperità del dorato terreno. "Il mio popolo magicamente non si rammenta più di me, e adesso mi ritrovo a brancolare senza una meta in questo maledetto Deserto!"
Continuò urlando.
"Siate maledetti, tutti voi" aggiunse lacrimante. "Siate maledetti tutti voi...dannati Corvini!"
Dopo pochi secondi trovò un riparo dal sole scottante: si rannicchiò vicino un'ombreggiante roccia. Tuttavia, il suo lamento non cessava; continuava sempre più imperterrita a macchiare il terreno col sangue che le colava dagli occhi color vespro.
"Sono una stupida." disse mentre le braccia, ora spoglie d'ogni gioiello, le se tingevano di rosso scarlatto. "Affidarsi al destino, alle nefande credenze della mente...ma chi sono? Può mai esser Regina una che ragiona così?"
Adesso il panno che la copriva era mescolato con il rosso delle sue lacrime e l'ocra della sabbia, la quale era mossa dal vento in continuazione.
"Merito d'esser subissata dalle più vili mostruosità di queste sabbie. E' il minimo per ripagare il mio essere dalle mie grette convinzioni; che il Cielo Stellato m'assista quando sarò perita all'ombra di questa pietra, e che terga ogni mio peccato dal mio pallido colore."
Malice era disperata; le lacrime non le davano tregua; le stavano paventando una bara di sangue.
Di lì a breve la ex Reggente del Deserto sarebbe stata vittima di chissà quale figlio della Creazione Scarlatta.
Invero, mentre struggente si disperava, una belva l'aveva già puntata. Si destreggiava per le sabbie, sobbalzandole a destra e manca. Sembrava una trivella per quanto veloce andava.
Il resto del suo corpo, per quel poco che si scorgeva, pareva esser fatto ad anelli, peloso e scuro.
Malice vide la minaccia che incombeva alzando leggermente il gomito che provava in vano a tergere il suo pianto. Non voleva intervenire. Oramai era stata dimenticata da tutti. Senza un amore promesso. Senza Lama Assolata alcuna.
Sottovoce farfugliò "Avanti, poni fine alla mia vita, Belva. Conducimi innanzi gli Occhi Celestiali e fammi assopire perennemente."
La Creatura che l'aveva puntata s'appropinquava sempre di più, e quando fu abbastanza vicina sbucò fuori dalla sabbia spalancando le sue dure fauci, le quali sembravano un grande becco triforcato.
Erano d'un grigio rilucente e nel loro centro sbucava fuori un orribile verme dal colore dell'arenaria.
Il resto del corpo era nero e cosparso da pulsanti vene verdognole e rossastre, oltreché dai già citati anelli. Sembrava il prosieguo ingigantito dell'esecrabile testolina presente nelle fauci.
Questi malevoli esseri, trovabili di sovente tra le sabbie del Deserto Dorato, hanno l'estro di trapanare le proprie prede con le loro fauci, per poi cibarsene lentamente con il verme che vi risiede al loro interno.
Più un Verme Sanguisuga mangia e assorbe il sangue delle Creature cui si ciba, più esso s'allunga e s'inviscidisce. Possono arrivare fino a una lunghezza di tre metri.
Quello che stava attaccando la vampira era poco più lungo d'un metro, e mentre era in aria, con la bocca spalancata, venne trafitto da una spada proprio nel pieno centro del suo uggioso becco.
La lama venne affondata nella sabbia, e dopo una ridda di macabre convulsioni, altresì il Verme affondò nell'argento di essa, macchiandola vistosamente.
L'arma venne sguainata dalle sue viscere e rimessa in un lungo mantello scarlatto da un figuro incappucciato.
Egli aveva un vessillo sul suo abito. Raffigurava una stella a quattro punte, la quale d'una metà era cerulea e dall'altra bordò. Da sopra la roccia sulla quale riposava, un'altra figura, sempre incappucciata e dalla voce sibilante, s'aggiunse alla scena balzando con leggiadria.
Inoltre, gli mancava la mano sinistra. Era niente meno che il Corvicida, l'assassino di Cobaltius.
"Mia Regina Malice" esortò sardonico, "Com'è mai posszibile che una Creatura di tale magnificenza sia ridotta coszìì?"
La Vampira, incredula a ciò che aveva visto, si tirò in piedi, tutta insanguinata e ancora un poco spaurita. "Chi-chi sei tu?" Chiese scioccata.
"Il tuo szalvatore!" controbatté di getto il suo losco protettore, vestito da dei logori panni che incarnavano tutti i colori della sporcizia.
"Chiunque voi siate" Disse Malice, "vi sono debitrice. Grazie, Creatura della città di Pira, credo che solo tu possa proferire parola."
"Oh, l'accento è inconfondibile, nevvero?" rispose sornione.
"Dimmi a che cosa aneli, magari potrei darti ausilio."
"Chiamami pure Revio, Regina."
Sistemandosi il panno che la copriva, la vampira rispose. "Vedo che mi riconosci ancora come Regina, Revio." Continuò socchiudendo gli occhi insospettita.
"Perché non dovrei?" rispose stranito il Corvicida. "Non dovrei riconoszcerti più come Regina szolo perché vaghi a zonzo per il Deszerto Dorato? Giammai, Chisszzà cosz'avrai passzzato, mia unica Reggente." Aggiunse Revio, prendendo la mano insanguinata della Regina; mentre la guatava; inchinandosi.
Storcendo le sopracciglia e scrutandolo con la coda dell'occhio, Malice, con il collo che verteva dalla parte opposta del suo interlocutore, disse: "Cos'è, adesso sei tu che porgi questioni alla tua Regina?"
La risposta del misterioso Revio non fu tardiva, fu assai celere, effimera e fugace, ma allo stesso tempo turpe: con forza accostò il braccio destro della Vampira al cappuccio, dal quale uscì una lunga lingua. Così lacerata che sembrava avesse i denti.
Il Corvicida leccò con ingordigia tutto il sangue dal suo avambraccio ed esclamò: "E' queszto ciò che bramo, mia Reggente. Ma non comune szangue, io bramo il szangue di Corvino, il più inebriante, il più potente."
Malice, inorridita fece per allontanare il braccio da Revio, poi, intransigentemente, chiese: "E come pensi d'ottenerlo, sei giusto un poco agile. Ci vuole ben altro per fronteggiare un Corvino."
"E chi ti dice che io non ne abbia già fronteggiato uno? Avanti, fagli vedere la szpada."
Dal manto fulvo dell'uccisore del Verme Sanguisuga, comparve la spada cilestrina del Corvino Bluastro. Poi, il Corvicida continuò. "Queszta è l'arma di un Corvino."
La vampira trasalì alla visione della spada del suo missionario, che adesso dovrebbe trovarsi nei Territori Candidi.
"Tu...tu l'hai ucciso, nevvero?!" Esclamò. "Sarai di certo qualche emissario della Dea del Sangue, ne sono certa, fammi fuori ora se è questo il tuo scopo!"
"Lo avevi parecchio a cuore, mia Regina?"
"No! Ma l'avevo inviato nel sud-est al fine d'interrompere la venuta della Dea del Sangue. Tu, però, l'hai ucciso...devo quindi dedurre che è lei che ti manda."
Dopo una risatina, Revio, si rimise in piedi e rispose. "Beh, mia Reggente, sze penszavi che il tuo Corvaccio fosszze fra le nevi ti szbagliavi. Egli era a Pira. Io gli ho trafugato la szpada e l'ho trafitto quando meno sze l'aszpettasszze.
"Ti ha tradita, mia Regina."
Scioccata, Malice rispose: "Co-cosa...tradita, da un altro Corvino...un giorno vi sterminerò tutti!"
Gridò al cielo, come se volesse invocare i Grandi Occhi.
"Bene. Vedo che abbiamo una cosza in comune. Vieni con me, mia Regina, rifondiamo il culto del Sangue al fine d'assurgere a una potenza superiore, non sai quant'è szuadente e szucculento il szangue di Corvino, te ne farò asszzaggiare un po' appena saremo arrivati nella Grotta Scarlatta."
"Ti seguo, Revio. Una via non l'ho più, non mi resta che fidarmi di te soltanto."
Ed ecco che i due, seguiti sempre dall'ombra dell'Adepto del Sangue, s'incamminarono verso la costa.
Nel frattempo, in tutto il Reame altri Adepti del Sangue iniziavano a comparire, proprio come preannunciato da Saqirlat.
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Le Cronache Scarlatte - Il Cavaliere
FantasyIn un mondo dominato dal più profondo blu del Mare, gigantesche e abominevoli Creature Marine dalle esecrabili fattezze vagavano dandosi battaglia. L'unico colore presente era il blu, che rendeva il tutto apatico e monotono. In quel mondo non v'era...