Capitolo 5 | The desolated land of the Doom.

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Daea Targaryen aveva volato per ore sul dorso della furia di bronzo, il drago di nome Vermithor, tenendosi aggrappata saldamente alla sua sella

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Daea Targaryen aveva volato per ore sul dorso della furia di bronzo, il drago di nome Vermithor, tenendosi aggrappata saldamente alla sua sella. Ali d'Argento li seguiva fedelmente, i due draghi volando in sincronia come se fossero una sola entità.
Le nuvole che avvolgevano il cielo illuminato dalle prime luci dell'alba rendeva il volo ancor più mistico e misterioso. Sembrava che riuscisse a toccare il cielo con un dito e a sfiorare il sole, nonostante fosse ancora lontano. La principessa si sentiva stanca, le braccia e le gambe doloranti, ormai disorientata non sapeva più dove si trovasse. Aveva freddo, il mantello che la copriva sembrava non bastare più. Abbassò lo sguardo oltre il drago e sotto di lei vide il mare ed era certa una cosa però: ovunque lei fosse, non era a Westeros.

Dopo ore e ore di volo, dall'alto vide finalmente una penisola. Il cuore le batteva forte nel petto mentre ordinava a Vermithor di abbassarsi. Aveva fame e sete, doveva bere e mangiare. I muscoli le dolevano, ma da quando aveva lasciato Roccia del Drago non aveva versato una lacrima. Aveva sempre ritenuto di essere un peso, un fardello per la sua famiglia. I suoi fratelli non sapevano come avvicinarsi a lei, i suoi genitori la guardavano con pietà, il re Viserys la riteneva un mistero, la regina Alincent la disprezzava, Aegon la chiamava "muta", solo Helaena e Aemond erano stati gentili con lei, ma per dei conflitti nella famiglia era lontana da loro.
Chi avrebbe mai voluto sposare una donna che non parlava?
Chi avrebbe voluto prendere in moglie una donna che non voleva figli ed era spaventata dal matrimonio e dal parto?
Dei, lei odiava quella vita a cui sapeva che un giorno sarebbe andata in contro. Era consapevole di parlare poco e di dialogare solo con chi la sapeva leggere dentro, eppure sapeva che un giorno sarebbe successo. Aveva ascoltato le conversazioni di Rhaenyra e Daemon, di come stessero cercando un marito per lei, ma di come allo stesso tempo fosse sbagliato.

Piuttosto che sposarsi, aveva pensato numerose volte: "Preferirei scomparire per sempre piuttosto che avere un marito."

Era diversa e lei lo sapeva, sentiva che il suo compito non era diventare una brava e devota moglie, ma servire i draghi e proteggere la magia dell'Antica Valyria.

Il grande drago bronzo discese lentamente, seguito da Ali d'Argento, avvicinandosi sempre più alle rovine della città antica. La vista era impressionante e agghiacciante allo stesso tempo. Era sempre stata una brava studentessa e se ciò che aveva imparato era corretto, davanti a lei si trovava la sua terra natale
. Le rovine della Libera Fortezza di Valyria si stagliavano davanti a lei, uno spettacolo di devastazione e grandezza passata. Torri spezzate, templi crollati e strade desolate, tutto parlava di un'antica gloria di una civiltà immensa ormai perduta. Le quattordici fiamme che causarono il Disastro, avevano consumato la città e la loro minaccia sembrava ancora aleggiare nell'aria, un ricordo indelebile del cataclisma che aveva distrutto la civiltà più potente del mondo.

Daea osservava in silenzio, affascinata e spaventata. "Dev'essere mostruoso" pensò tra sé e sé, sentendo un brivido lungo la schiena. Ordinò a Vermithor di scendere ancora, avvicinandosi al suolo. Le rovine si facevano sempre più dettagliate, rivelando scorci di quello che un tempo doveva essere un luogo di magnificenza e potere. Aveva letto di come quel giorno nessuno scampò alla morte, nemmeno i draghi che caddero dal cielo nella rovente lava.

MORGHUL | Aegon & Aemond TargaryenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora