Capitolo II

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I giorni successisi parvero a Flinty interminabili, suo padre come il solito era indeciso, Ghery languiva in una puzzolente cella e lei non sapeva cosa fare. Si era, infatti, subito pentita del gesto compiuto, lui rischiava la morte o di rimanere nelle segrete a vita, doveva rimediare al suo errore o non se lo sarebbe mai perdonato.

Con questo peso sul cuore, in un grigio pomeriggio autunnale senza sole, cavalcava, dirigendosi senza ac-corgersene, verso le montagne dei draghi. Ad un tratto, un verso disumano, la riscosse dai suoi torvi pensieri, riportandola alla realtà. Si accorse così di trovarsi alle pendici dei primi colli che portavano alle montagne, rallentò l'andatura e tese l'orecchio.

L'urlo riecheggiò nuovamente, era straziante, pareva un verso di dolore, ma non era umano. Flinty non sapeva se avere paura e andarsene al galoppo o lasciare che la sua curiosità prevalesse.

Due minuti dopo era a terra, che strisciava tra i sassi in direzione del misterioso essere.

Girò dietro un masso e ... un drago, un magnifico drago blu cobalto iridescente! Ferito!

Flinty, dopo un attimo di sorpresa, in cui non sapeva se avere paura o proseguire, prese coraggio e nonostante il terrore, fece altri due passi e il drago si accorse della sua presenza.

Grandi occhi neri e profondi come la notte, la fissavano con un'intensità paralizzante e sembravano dire:

"Aiutami!"

Fu allora che vide il legno piantato nel polpastrello della zampa destra del drago.

Dando fondo all'ultimo briciolo di coraggio, prese il legno tra le mani e tirò con tutte le sue forze, liberando dal dolore l'animale, che subito si calmò e cominciò a leccarsi la ferita.

Flinty, approfittando della distrazione dell'animale, cercò di sgattaiolare via, ma con suo grande stupore, sentì una voce alle sue spalle che diceva:

"Grazie principessa!"

Il drago parlava! Per lo spavento e lo stupore, Flinty inciampò e cadde tra i sassi rovinosamente.

"Ti sei fatta male?"

Chiese il drago premuroso e lei voltatasi, vide che la creatura non c'era più, ma al suo posto un giovane ragazzo dai capelli corvino, con riflessi blu cobalto, le porgeva la mano, per aiutarla a rialzarsi.

Flinty spaventata e allo stesso tempo incuriosita, accettò l'aiuto, si rialzò e fatto un profondo respiro chiese tutto d'un fiato:

"Sei un mago, uno stregone o cos'altro, dove è andato il drago e ...",

ma il giovane la interruppe, mettendole dolcemente un dito sulla bocca.

"Una domanda per volta, grazie! Mi chiamo Ghilbert, non sono un mago, né tanto meno uno stregone, che poi è la stessa cosa, sono un drago e un essere umano! Se hai un po' di pazienza, ti racconterò tutto, sediamoci".

Ghilbert fece strada a Flinty, che lo seguì, sempre più curiosa, arrivati ad un anfratto riparato dal vento del nord, si sedettero e lui cominciò la storia.

"Quattro anni fa, mi trovavo nelle miniere del mio paese, Agave, quando, curiosando in un tunnel abbandonato, trovai una tana di drago, con un cucciolo appena nato dentro. Tentai di rapirlo, per venderlo, pagano bene i cuccioli, dicono che ci ricavino medicine, in ogni modo, arrivò la madre e io fui catturato. Pensavo già di essere un uomo morto, invece, lei mi prese tra le sue fauci e mi portò nel cuore della montagna, davanti al gran consiglio dei draghi, i quali sentenziarono:

"Per aver tentato di rapire un nostro cucciolo, sarai trasformato in drago, così capirai cosa significa essere cacciato, braccato e odiato!"

Verso l'imbrunire, quando il sole tramonta, o quando il cielo è coperto di nubi spesse, come oggi, torno umano. Questa mattina però mi ero ferito e quando ciò accade, non riesco a controllare la mia trasformazione, il dolore mi annebbia la vista e mi impedisce, non so perché, di trasformarmi. Grazie ancora per aver estratto il legno, hai avuto molto coraggio! Ti sono debitore, chiedimi tutto ciò che vuoi e nel limite delle mie possibilità, lo esaudirò".

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