19. l'abbandono

6 0 0
                                    

Yasly pov.
L'aria del mattino era ancora fredda quando ci incontrammo davanti alla scuola. Come sempre, eravamo tutti lì: Keira con il suo sorriso sarcastico, Silvia che non riusciva a smettere di parlare, Lip che cercava di far ridere tutti con battute fuori luogo, e Violet, che stava in silenzio, accanto a lui, con quello sguardo che cercava di non mostrare preoccupazione. Poi c'era Jackson, con le mani infilate nelle tasche e un'aria annoiata, ma che ogni tanto scambiava qualche sguardo con Keira. L'avevo notato. Non dicevano mai nulla, ma c'era qualcosa tra loro. Qualcosa di non detto, come spesso accade tra chi non vuole ammettere ciò che prova.

Camminammo tutti insieme verso l'ingresso della scuola, chiacchierando e ridendo, ma io mi sentivo distaccata, come se stessi guardando la scena dall'esterno. Luke era accanto a me, e a volte il suo braccio sfiorava il mio, un piccolo gesto che mi faceva sentire al sicuro, anche se solo per pochi secondi. Sapevo che non potevo lasciarmi andare a quella sensazione troppo a lungo. C'era qualcosa dentro di me che mi tratteneva, una parte di me che non riusciva mai a sentirsi completamente a proprio agio.

Arrivammo in aula, e la prima ora passò come sempre: monotona, lenta. Il professore parlava, ma le sue parole erano solo un sottofondo lontano per me. Ogni tanto lanciavo uno sguardo verso Luke, che sembrava concentrato sul suo quaderno, ma sapevo che mi stava osservando, anche se cercava di non farlo notare. Era il suo modo di essere: presente, ma mai invadente.

Alla fine della lezione, mi alzai dalla sedia, prendendo la scusa di andare in bagno. Sentivo il bisogno di allontanarmi, di avere qualche minuto per me, per respirare. Luke mi seguì senza dire una parola, come se sapesse che avevo bisogno di lui, ma non volevo ammetterlo.

Ci incontrammo per caso nel corridoio, ma forse non era del tutto un caso. Lui sapeva sempre dove trovarmi.

"Va tutto bene?" mi chiese, il suo sguardo tranquillo, ma preoccupato.

Esitai. Non volevo parlare. Non volevo affrontare quel groviglio di emozioni che avevo dentro, ma sapevo che non sarei riuscita a evitarlo ancora per molto.

"Sì," risposi automaticamente, anche se dentro sapevo che la risposta era tutt'altro che sincera.

Luke si fermò e mi guardò negli occhi. Sapeva che stavo mentendo, ma non mi avrebbe forzata a parlare. Non era il tipo. E forse era proprio questo che mi faceva sentire così al sicuro con lui. Non c'era mai pressione, solo una presenza costante, che mi ricordava che non ero sola, anche quando tutto sembrava crollarmi addosso.

Non disse nulla per un po', e quel silenzio mi fece sentire come se potessi crollare da un momento all'altro. Alla fine, fui io a rompere il ghiaccio, quasi senza pensarci.

"È solo che... a volte mi sembra di non riuscire a essere abbastanza," dissi, la voce più debole di quanto volessi. "Come se tutto quello che faccio non fosse mai sufficiente, come se stessi cercando di riempire un vuoto che non si riempie mai."

Luke annuì lentamente, senza interrompermi. Il suo silenzio mi incoraggiava a continuare.

"Ho sempre questa paura," continuai, sentendo le parole uscire da sole, "di perdere le persone a cui tengo. Come se, se non mi sforzo abbastanza, mi abbandoneranno. E allora faccio di tutto per tenerli vicini, ma allo stesso tempo, mi sento soffocare."

Sentii la gola stringersi, e abbassai lo sguardo per evitare i suoi occhi. Mi odiavo per sentirmi così, per essere così dipendente dall'affetto degli altri, ma non sapevo come smettere.

"E so che è stupido," aggiunsi in fretta, cercando di minimizzare, come se volessi cancellare l'intensità delle mie parole. "Ma non riesco a fare a meno di sentirmi così."

Luke si avvicinò di un passo, abbastanza da farmi sentire la sua presenza rassicurante. Non mi toccò, non ancora. Era come se sapesse che avevo bisogno di spazio, ma allo stesso tempo, di sapere che lui era lì.

"Non è stupido," disse, la sua voce calma e profonda. "Quello che senti è reale, e non devi scusarti per questo."

Le sue parole erano semplici, ma colpivano nel segno. Mi resi conto di quanto fosse difficile per me accettare che i miei sentimenti fossero validi. Avevo sempre pensato che ci fosse qualcosa di sbagliato in me, qualcosa che dovevo correggere.

"È solo che... mi sento così da tanto tempo," confessai. "E non so se sia colpa mia o... se sia dovuto al modo in cui sono cresciuta. La mia famiglia non è mai stata esattamente il ritratto della stabilità. Mia madre era sempre così presa dai suoi problemi, e mio padre... beh, non è mai stato davvero presente. Non mi sono mai sentita al sicuro, mai davvero... amata, credo."

Quelle parole mi colpirono mentre le dicevo. Non mi ero mai permessa di ammettere quanto la mia infanzia avesse influenzato il mio modo di vedere le relazioni. Era come se avessi sempre cercato disperatamente quell'affetto che non avevo mai avuto, ma più lo cercavo, più sembrava sfuggirmi.

Luke mi guardò, e nei suoi occhi c'era quella comprensione che solo lui poteva avere. Non disse nulla per un attimo, ma potevo vedere che stava riflettendo su ciò che avevo detto.

"Non credo che tu sia sbagliata," disse infine, il suo tono gentile ma deciso. "Credo che tu abbia semplicemente vissuto una realtà che ti ha insegnato a cercare l'amore in modi che non sempre funzionano. Ma non significa che non meriti quell'amore. Non significa che non sei abbastanza."

Le sue parole mi fecero male, perché sapevo che aveva ragione. Ma era così difficile crederci, così difficile scrollarmi di dosso quella paura costante di essere abbandonata.

"Ma come faccio a non sentirmi così?" chiesi, la mia voce tremante. "Come faccio a smettere di avere questa costante ansia che mi divora dentro?"

Luke si avvicinò ancora un po', questa volta prendendo delicatamente le mie mani nelle sue. Il suo tocco era caldo, rassicurante.

"Non succederà dall'oggi al domani," disse piano. "Ma puoi iniziare a capire che il tuo valore non dipende da come gli altri ti vedono o da quanto affetto ricevi. Sei già abbastanza, Yasly. Lo sei sempre stata."

Quelle parole mi fecero venire le lacrime agli occhi. Non perché mi facessero male, ma perché mi rendevo conto di quanto avevo bisogno di sentirle. Luke non mi aveva mai fatto sentire meno di quello che ero, ma io stessa non riuscivo a crederci.

"Ho solo paura..." iniziai, ma la mia voce si spezzò.

Lui mi tirò verso di sé, abbracciandomi. Sentii il suo respiro calmo, il battito regolare del suo cuore contro il mio, e in quel momento, mi permisi di lasciarmi andare.

"Non devi avere paura," sussurrò, accarezzandomi i capelli. "Non ti lascerò mai sola, Yasly. Non devi essere perfetta per meritare amore. E se anche dovessi cadere, sarò qui per aiutarti a rialzarti."

Quelle parole, così semplici e così vere, mi scossero profondamente. Non avevo bisogno di essere perfetta, non avevo bisogno di essere qualcun altro. Per lui, ero già abbastanza. Per Luke, ero già quella che dovevo essere.

Staccai la testa dal suo petto e lo guardai negli occhi, cercando di trovare le parole per ringraziarlo, ma non ce n'era bisogno. Il suo sorriso mi rassicurò più di qualsiasi parola.

"Grazie," sussurrai, con la voce spezzata.

Luke mi diede un piccolo bacio sulla fronte, un gesto che conteneva tutto l'amore e la pazienza che aveva sempre avuto per me. Non servivano altre parole.

Mi prese per mano, e insieme ci avviammo verso la classe. Il rumore della scuola tornava ad avvolgerci, gli studenti che parlavano, ridevano, e tutto sembrava tornare alla normalità. Ma dentro di me, qualcosa era cambiato. Forse, per la prima volta, mi sentivo davvero pronta a lavorare su me stessa, a trovare quel valore che Luke vedeva già.

Trapped AnimalsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora