CAPITOLO 40

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(Daphne's POV)
Mi trovavo in una piccola stanza.
Era buia, stretta, e fredda.
Non ero sola, c'era Adelaide al mio fianco.
Ero così sollevata nel vederla, dopo quello che era successo durante la partita, non ero sicura che mi avrebbe perdonato.
Mi avvicinai a lei <<Ehi Adele, sono io, Daphne, volevo chiederti se potevamo chiarire questo successo contro l'Orfeo...>> Aspettavo una risposta con ansia.
Lei non si mosse, continuò a fissarmi con i suoi occhi viola, solo che erano "vuoti"... Avevo una vaga sensazione che non stesse guardando me.
<<Adele...?- riprovai -mi stai ascoltando...?>> Ancora una volta, nessuna reazione. Perché...?
Mi precipitai verso di lei ed iniziai a scuoterla <<Capisco che ce l'hai con me, ma sto provando a risolvere la situazione!>> Ancora niente <<Ti prego Adele, Ray Dark mi ha abbandonato, non puoi lasciarmi anche tu! Se solo mamma fosse qui...>> Borbottai l'ultima parte.
Ero stanca del suo atteggiamento distaccato, non era da lei! <<Adele ti prego! Io...>> Non riuscii a finire la frase: Adele divenne carbone nelle mie mani.

Mi svegliai di soprassalto: era solo un sogno, bruttissimo, per la precisione.
Non credo di aver mai dormito così tanto nella mia vita, sarà per colpa dell'insonnia...
La mia pelle era ancora pallida, per lo sforzo di prima e lo shock di adesso.
Andai in bagno a pulirmi la faccia, pregai che Adelaide appaia dall'altra parte dello specchio, ma non accadde. Io ODIO i sensi di colpa!
Vomitai nel lavandino, non sono riuscita a trattenermi, ah e ho dimenticato di menzionare che sono in un ospedale, sarà perché prima ero svenuta, per tentare di fermare Dark... Oh mio Dio, Ray Dark! È stato arrestato! E io non solo riuscita a fare niente per impedirlo...
Mi sedetti sul lettino per i pazienti, e accesi la TV per distrarmi.
C'erano varie notizie noiose, ma una attirò la mia attenzione: "Mister D, allentore dell'Orfeo, è morto in un incidente d'auto..." Le mie orecchie si tapparono, impedendomi di sentire altro.
HO PERSO TUTTA LA MIA FAMIGLIA...
(Daisy's POV)
Mi fermai davanti all’entrata dell’ospedale, il cuore in tumulto. L’aria era carica di un silenzio denso, come se le pareti stesse avessero assorbito il dolore di chi vi entrava. Mi morsi il labbro, cercando di ricacciare indietro la paura e l’ansia. Non ero mai stata brava con le parole, ma sapevo  che oggi avrei dovuto trovare quelle giuste.
Daphne. Il solo pensiero del suo nome mi fece tremare. La ragazza che avevo sempre desiderato proteggere, non era in ottime condizioni. E, devo dirlo, mi sentivo un po’ in colpa.
Entrai nel corridoio, il profumo di disinfettante mi riempì le narici. I muri erano bianchi, freddi, e le luci brillanti sembravano amplificare la tristezza. Ogni passo verso la stanza di Daphne era un atto di coraggio, come se stessi scalando una montagna. Eppure, sapevo di dover essere lì per lei.
Quando arrivai davanti alla porta, un attimo di esitazione mi colse. Le mie mani tremavano mentre mi preparai a bussare. "Daisy, sei qui per lei" mi ripetei nella testa per l’ennesima volta. Sapevo cosa voleva dire non avere un genitore, i miei non li ho mai conosciuti. Con un respiro profondo, bussai delicatamente.
La voce di Daphne, debole ma riconoscibile, mi arrivò dall’interno.
Aprii la porta e la vista mi strinse il cuore. Daphne era seduta sul letto, gli occhi arrossati, le mani che stringevano un fazzoletto. Sentii pugno allo stomaco. Dovevo essere forte, per entrambe.
«Hey -dissi, avvicinandomi con cautela - come stai? Grazie al cielo ti sei svegliata…»
Daphne sollevò lo sguardo, una scintilla di sorpresa mescolata a un'incredulità che mi fece rabbrividire. «Non sapevo saresti venuta»
«Non ti lascerei mai sola» risposi, cercando di trasmettere sicurezza. Mi sedetti sul bordo del letto, incrociando le gambe per non sembrare troppo invadente. A volte capita.
Daphne annuì, ma la sua espressione era ancora carica di tristezza. «Beh insomma…»
Percepii una fitta al petto. «So che è difficile» mormorai, cercando di avvicinarmi. «Ma sono qui per te. Vuoi parlarne?»
Daphne scosse la testa, le lacrime che minacciavano di fuoriuscire. «Non so nemmeno da dove cominciare.»
Allungai una mano, toccando delicatamente quella di Daphne. Era calda e tremante. «Iniziamo da qui» dissi, la mia voce un po’ più ferma. «Parliamo di ciò che ti pesa di più. Non sei sola, Daphne. Io ci sono.»
Daphne guardò le nostre mani unite, e per un attimo il mondo esterno scomparve. Capii che il nostro legame poteva diventare una fonte di forza, nonostante tutto. E mentre Daphne cercava di trovare le parole giuste, sapevo che insieme avremmo affrontato il buio, passo dopo passo.

D & D (Inazuma Eleven Fanfiction)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora