Insicurezze

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Quando entrai in studio, mi sentivo già nervosa. Avevano chiamato tutti i cantanti, tranne Vybes, che era a lezione, e il fatto che ci fosse una lettera ad attenderci non prometteva nulla di rilassante. Guardai intorno, cercando conforto negli sguardi degli altri, ma tutti sembravano un po' tesi. C'era una lavagna sul palco, ancora coperta.

Senza Cri andò a prendere la lettera e la lesse. Dovevamo giudicare noi stessi e tutti gli altri cantanti, dando voti su tre criteri: interpretazione, scrittura e presenza scenica. I numeri sarebbero stati scritti su quella lavagna, in bella vista.

Non mi aspettavo una prova così diretta, così esplicita. Giudicare me stessa era già abbastanza difficile, ma pensare di mettere un numero accanto ai nomi dei miei compagni mi metteva un'ansia tremenda. Sapevo che quei numeri non sarebbero stati solo dei voti: sarebbero stati etichette, simboli che avrebbero segnato il nostro valore agli occhi degli altri, ma anche ai nostri stessi occhi.

La prima persona che andò a scrivere sulla lavagna fu Cristiana. Cercò di mantenere la calma, ma si vedeva che era tesa anche lei. Guardai la sua mano mentre tracciava i numeri, uno per uno, accanto ai nomi. La sua espressione era concentrata, come se stesse misurando ogni cifra con estrema attenzione.

Quando fu il mio turno, sentii il cuore battere all'impazzata.

Cominciai da me stessa, fissando il mio nome. Cercai di essere onesta. Interpretazione... scrittura... presenza scenica... Scrissi i numeri che sentivo mi rappresentassero davvero, ma sapevo che ogni cifra portava con sé il peso della mia stessa autocritica.

Tornai al mio posto con il cuore ancora in gola, sperando che nessuno prendesse quei numeri come un attacco. Ma sapevo che, volente o nolente, ci sarebbero state reazioni.

Ma ecco che, mentre Angela era ancora alla lavagna a scrivere i suoi voti, la porta dello studio si aprì all'improvviso e Rudy entrò con passo deciso.

Fece un cenno ad Angela per fermarsi, e tutti ci girammo verso di lui, improvvisamente tesi. «Allora, siete davvero dei finti buonisti» disse con un tono che non lasciava spazio a interpretazioni «Qui vedo voti altissimi, voti generosi, e nemmeno un'insufficienza. Siete falsi o vi manca proprio il coraggio di essere sinceri?»

Sentii lo stomaco stringersi mentre cercavo di interpretare quello sguardo severo. Ci stava accusando di essere ipocriti, come se i voti che avevamo scritto non avessero alcun significato reale. Non sapevo come reagire; da una parte mi sentivo mortificata, dall'altra anche leggermente irritata per quelle accuse.

Rudy continuò senza alcuna esitazione «Visto che non siete capaci di giudicarvi tra voi con onestà, adesso farò io da giudice. Chiamerò tutti uno a uno per ascoltare un pezzo, e sarò io a dare un voto su interpretazione, scrittura e presenza scenica»

Non avevo mai sentito un peso così grande su di me. Ci aveva appena detto che avrebbe valutato la nostra esibizione con la massima severità. Non si sarebbe fermato alla voce, ma avrebbe guardato tutto, ogni più piccolo dettaglio.

𝐒𝐎𝐔𝐋𝐒 | Nicolò FilippucciDove le storie prendono vita. Scoprilo ora