12. Alfa (rev)

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Stiamo correndo da troppo, troppo tempo. Sento la stanchezza, le mie zampe non sono più quella di una volta: ci vogliono metri e metri di corsa prima che le mie articolazioni si sblocchino, prima che smettano di dolere. Per loro non è così, i loro corpi snelli e scattanti, le loro pellicce lucide possono essere la mia invidia, ma io ho qualcosa che a loro manca: l'esperienza. E la prudenza, soprattutto. Per questo mi seguono, sanno che senza di me durerebbero poco.

Ogni tanto mi fermo e annuso ogni alito di vento. Anche la femmina e il cucciolo si bloccano e mi imitano. Ci guardiamo negli occhi. Niente.

Ci hanno tolto tutte le fonti di nutrimento, ci stanno prendendo per fame. Forse pensano che finiremo per fare qualche mossa stupida e la faremo di sicuro se non troviamo presto delle prede.

La sete di sangue ti ottenebra la mente, offusca la vista e restringe il campo visivo fino a che vedi solo il tuo bersaglio. La fame ti rende disperato, ti fa perdere il senno e ti fa fare cose stupide. Ne ho visti di sciocchi lanciarsi contro le prede e venire falciati dai loro terribili bastoni tonanti.

Continuare a cercare, possiamo solo continuare a cercare ossessivamente nella speranza di far tacere questo languore che ci tortura. La nostra è una fame che non si sazia facilmente, ti dà tregua per un attimo ma si fa subito sentire anche dopo un buon pasto abbondante.

Il rumore che uccide!

Mi alzo sulle zampe posteriori cercando di capire da dove viene, ma l'eco mi confonde. Sono stati pochi colpi che ancora riecheggiano nel silenzio. Dove c'è il rumore ci sono le prede, ma c'è anche il pericolo. Forse non tutto è perduto, forse riusciremo a mettere i denti su qualcosa di succoso, dopo tutto.

Il cucciolo punta verso la città. Anche la femmina sembra fidarsi della direzione che ci dà il cucciolo e parte di corsa. È veloce nel decidere e veloce nel correre, ed è una buona cacciatrice. Diventerà un buon capo. Io non posso fare altro che rincorrerli, anche se comando io questa è una decisone che si prende da sé. Corriamo fuori dal bosco fra i campi, saltiamo cespugli e staccionate, nulla ci può fermare. Avere uno scopo fa sentire meno la fatica.

Il fiuto della femmina ci conduce in un campo, dritti a una mucca stesa sull'erba. La circondiamo e ci mettiamo ad annusarla: è ancora calda, ma è morta e il suo prezioso sangue ormai impregna il terreno.

Il cucciolo scopre le zanne per la delusione. Noi non mangiamo carogne. È il sangue che ci dà la vita, il sangue caldo che zampilla ancora spinto da un cuore che sta emettendo gli ultimi suoi battiti.

Ci guardiamo, lo stesso pensiero è nella mente di ciascuno di noi: non ci rimane che la preda con il rumore che uccide. E' pericoloso, ma il solo immaginare il sapore del suo sangue ci inonda le fauci di saliva.

Sono io che devo prendere la decisione, gli altri due mi stanno fissando con aria famelica. Non possiamo farne a meno, l'uomo è la preda più gustosa, il suo sangue placa la sete. Mugolo verso la femmina, la decisione è presa. Partiamo in una corsa lenta e silenziosa. L'uomo con il rumore che uccide starà all'erta, non si farà prendere di sorpresa come quelli che dormono.

In poco tempo vediamo le piccole luci rosse. Ci dividiamo, io e la femmina ai lati, il cucciolo al centro, circondiamo il carro in movimento. Procede lento, non sa che noi siamo qui. L'uomo con il rumore che uccide spunta da sopra e si guarda intorno. Protetti come siamo dall'oscurità non ci vede. Fortunatamente non ha la luce che brucia o almeno non la accende. Vicini come siamo ci beccherebbe subito, ma dobbiamo avvicinarci ancora un poco, silenziosamente. L'attacco tocca a me, nessun dubbio. Attendo che l'uomo guardi in un'altra direzione, che sembri rilassato. Devo scegliere il momento giusto, non avrò un secondo tentativo.

Ecco, è girato verso la femmina, si appoggia, crolla il capo. È il mio momento! Pianto gli artigli ben saldi nella terra morbida e spicco il balzo, le fauci spalancate.

I denti toccano qualcosa di duro ma non fanno presa, pianto gli artigli della zampa anteriore nel metallo del carro, sento lo stridore nelle ossa ma non riesco a frenare il mio slancio. Rotolo a terra in modo scomposto mentre il mio bersaglio continua a procedere con lentezza, come se nulla fosse successo. L'uomo scompare nel carro e si chiude dietro un portello. Così è irraggiungibile, lo sapevo, non avremo una seconda occasione.

La femmina mi si avvicina e mi spinge col muso per aiutarmi. Vedo che freme, vorrebbe continuare la caccia. Anche il giovane trotterella avanti a indietro in preda all'impazienza, ma non c'è nulla da fare, ci siamo giocati il fattore sorpresa. Rimanendo qui rischiamo solo che ci vengano a prendere, che ci attacchino con le loro armi e ci facciano fuori. Cerco di farlo capire loro, indico la direzione con tutta l'autorità che riesco ad esprimere, sconfitto e inzaccherato come sono. Loro capiscono e si rassegnano. Scappiamo da dove siamo venuti correndo velocemente nella notte.

Tra poco arriva l'alba, è andata male ma ci riproveremo. Ora sappiamo che per prendere quella preda dobbiamo escogitare qualcosa di meglio, un attacco più organizzato, un diversivo, ma per questa notte non ci rimane che ritornare nella grotta.


 Ora sappiamo che per prendere quella preda dobbiamo escogitare qualcosa di meglio, un attacco più organizzato, un diversivo, ma per questa notte non ci rimane che ritornare nella grotta

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