30. Demetrio (rev)

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Un'altra giornata, chissà che sia quella buona per chiarire questo equivoco. I raggi del sole mi riscaldano le spalle dopo avermi svegliato. Mi sento molto stanco nonostante la dormita...

No! Mi sono addormentato mentre facevo la guardia. Mi alzo e vado a vedere nell'altra camera. Rudy ed Eva dormono ancora. Siamo dei soldati perfetti, accidenti!

Scendo le scale per andare in cucina, non ho particolarmente fame, ma ho in bocca un saporaccio, e un sorso di latte gioverebbe. Non capisco come mai tutto mi sembri diverso da come l'ho lasciato ieri sera. La casa sembra sporca, trascurata. Eppure ieri sera era a posto. È come se del marciume, dello sporco strisciante si fosse insinuato da ogni apertura.

E qui cos'è successo? Alcuni dei pali che abbiamo fissato io e Rudy sono schiantati. Passo le mani sul legno, ci sono delle profonde incisure. Questa la devono vedere anche gli altri. Risalgo di corsa le scale e vado nella camera dove dormono gli altri due.

"Rudy, Eva, forza svegliatevi."
"Uffa, che ore sono?"

"Boh, l'alba, presto. Dai Rudy, tirati in piedi."

"Perché rompi le palle, zio? Stavo dormendo."

"Okay, vi aspetto di sotto."

Quando scendono, pochi minuti dopo, mostro loro lo sbarramento di fortuna.

"Ecco, vedete, questi pali sono stati spezzati come fuscelli. Qui, e qui ci sono questi graffi, queste incisioni profonde. Vi dicono niente?"

"E noi di nuovo a dormire come sassi... Chiunque sia stato, poteva ammazzarci."

Eva commenta con sguardo angosciato.

"Io non ne sono sicuro. Eravamo addormentati come bambini, eppure siamo ancora vivi. I segni sono tutti all'interno, i pali sono piegati in fuori. Io credo che..."

"Quindi tu ancora pensi...?"

La paura e la disperazione si dipingono ancora più intensamente sul bel viso di Eva. Quasi mi sento in colpa di averle scaricato addosso i miei dubbi in questo modo. Mi avvicino per abbracciarla, ma mi scosta infastidita e si allontana verso la cucina con le braccia conserte scuotendo la testa. Rudy seduto sugli ultimi scalini guarda a terra.

"Bella storia, zio, ce l'abbiamo nel culo."

"Non è ancora detto. Oggi proviamo a parlare con quelli. Magari c'è una soluzione, una cura..."

"Si, e allora perché le crocerossine non sono ancora arrivate?"

Andiamo in cucina, loro sbocconcellano qualcosa in silenzio, persi nei loro pensieri. Io non riesco a toccare nulla. So che è cibo buono in teoria, ma l'odore mi risulta ripugnante. Anche il loro grufolare mi sembra immondo. La nausea per quello spettacolo mi costringe a distogliere lo sguardo. Riesco a pensare solo ai microorganismi che ricoprono tutto, che infettano ogni cosa intorno a noi.

Quando usciamo all'aperto il sole è già alto. Montiamo sul pick-up, con i nostri ormai inseparabili fucili appoggiati sui sedili. Prendo in mano il volante cercando di ignorare quanto tutto sia sozzo e infetto nell'abitacolo e mi dirigo verso la città. Voglio trovare una soluzione per guardare al di la del muro.

"Ehi, ehi, zio, frena! Ragazzi, guardate la dietro, sulla strada. C'è un uomo!"

"Un uomo?"

"Si, sulla strada, gìrati e andiamogli incontro."

Faccio come dice Rudy. E' un uomo e cammina verso di noi. Mentre ci avviciniamo non fa neppure un cenno, continua a camminare ondeggiando un po' a ogni passo. Ora distinguo i vestiti, è un militare in mimetica, un fucile pende dal suo braccio sinistro, la manica destra invece è bianca.

Mi fermo a una ventina di metri, apro lo sportello e mi ci appoggio con il fucile puntato. Lo stesso fa Eva.

"Ehi tu, getta le armi e avvicinati lentamente!"

Il soldato allarga le braccia e fa cadere il fucile sull'erba a bordo strada.

"Tranquilli, non sono qui per ammazzarvi. Io sono... sono ferito, non mi sento tanto bene. Io..."

Cade in ginocchio. Non è un trucco, la manica bianca è una fasciatura macchiata di sangue. Eva corre verso di lui e lo aiuta a sdraiarsi a terra, io mi avvicino ma tengo il fucile puntato, Rudy scende e porta correndo la sacca con le cose prelevate in pronto soccorso.

Il soldato è un omone di almeno un metro e novanta, biondo, con la carnagione molto chiara resa quasi spettrale dal pallore e dalle efelidi grigiastre sul naso e sulle guancie. Eva non perde tempo, guarda la targhetta sulla divisa: Sgt. Jack 'Hellboy' Porter.

"Soldato, mi senti? Come ti chiami?"

"Jack... Porter."

Mormora l'uomo e pare assopirsi. A Eva pare bastare, le sue mani iniziano a muoversi velocemente, si vede che sa il fatto suo. Prende dalla sacca una confezione di garze e le porge a Rudy.

"Premi, lì, sulla ferita."

Sente il polso, poi estrae un ago, dei tubi e una bottiglia, mette l'ago in una vena del braccio, collega i tubi e mi passa la bottiglia.

"To', tienila alta."

Sente ancora un po' il polso, poi scosta Rudy, e con una forbice apre la fasciatura. Le garze sono spesse e hanno assorbito parecchio sangue. Il braccio del soldato ha una fila regolare di buchi profondi con la pelle intorno di un colore livido, quasi violetto. C'è del sangue scuro, coagulato, ma non sanguina più. Eva pulisce e disinfetta con delle garze e del liquido marrone, poi fa una nuova fasciatura.

"Jack, mi senti? Ora ti faccio un'iniezione, ti calmerà il dolore."

Il soldato apre gli occhi, la fissa e annuisce. Eva inietta nella flebo un liquido trasparente prelevato da due o tre fiale.

"Ora dovete aiutarmi, lo tiriamo su sul cassone e lo portiamo a casa."

Io e Rudy lo tiriamo su per la casacca, Eva prende le gambe. Accidenti, peserà almeno un quintale. Traballando, in qualche modo ci avviciniamo al pick-up, appoggiamo le sue spalle sulla sponda, poi salgo sul cassone e tirandolo per le spalle riusciamo a trascinarlo sul piano di carico. Gli sistemo il sacco di una tenda sotto la testa. Eva sale anche lei sulla sponda e mi fa cenno di togliermi di mezzo.

"Io sto qui nel cassone con lui. Andiamo, portaci a casa."

Io scendo, vado al posto di guida e parto, Rudy al mio fianco. Fa strano sentir parlare di quella villetta come 'casa', ma Eva è stata un drago, controllo totale della situazione, ordini chiari e secchi. Il leader che io non sarò mai.

"Forte la ragazza, eh?"

Rudy mi strizza l'occhio, io annuisco pensieroso.

Arrivati alla villetta io e Rudy scendiamo. Portare di nuovo a strappo il soldato fino alla casa non sembra un'idea praticabile. Decidiamo di inventarci una barella con due pali presi dal capanno e un lenzuolo.

Tornati al pick-up passiamo il lenzuolo sotto il corpo, leghiamo gli angoli, ci passiamo dentro i pali e proviamo a sollevarlo. Sotto il peso .

"Speriamo che regga, più che infermieri con la barella sembriamo dei cannibali che portano l'uomo bianco nel pentolone."

"Rudy, vorrei tanto che la tua fosse solo una battuta."

"Ah, già... stanotte..."

Il militare mugola qualcosa di incomprensibile. Con le estremità dei pali sulle spalle, ed Eva che regge la flebo, portiamo l'uomo in casa e poi su per le scale fino a un letto, dove finalmente lo scarichiamo.

 Con le estremità dei pali sulle spalle, ed Eva che regge la flebo, portiamo l'uomo in casa e poi su per le scale fino a un letto, dove finalmente lo scarichiamo

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