Capitolo 46.

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Quella notte Luke e Dylan si sfidarono fino all'ultimo metro di tracciato, correndo per il primo e il secondo posto. Fu il primo di loro due a tagliare il traguardo rendendosi, ancora una volta, il protagonista di quella serata. Ciò non fece altro che peggiorare l'umore di Dylan.

Luke avvolse le braccia intorno alla mia vita prima di premere con forza i nostri petti l'uno contro l'altro. Gemetti in maniera infantile, tirandogli uno schiaffo sul braccio.

«Mi fai male!»

«Così tuo fratello impara a dare fastidio alla mia bambina. Le cose mie non si toccano» Spiegò con nonchalance, lasciandomi un bacio sul naso rosso a causa dal freddo. Le mie guance assunsero con molta probabilità il suo stesso colorito nell'arco di qualche secondo. 

Ero indecisa sullo stato d'animo giusto che mi avrebbe dovuta travolgere in quell'istante: non ero una"cosa" sebbene Luke mi avesse definita come tale, ma per quanto mi sforzassi di metter su un'espressione di disappunto, mi risultava impossibile non pensare a quanto felice fossi di sapere, e avere la conferma, che fossi sua e soltanto sua. Calum si allontanò in maniera riluttante da Kate, stampandole una serie di piccoli e veloci baci su tutto il viso prima di incamminarsi verso di noi.

«Luke ho bisogno di parlarti un attimo. Stasera hai rovinato alcuni pezzi del motore e ho bisogno che tu li veda subito. Ho bisogno di lavorare l'intera settimana se voglio che sia tutto pronto per sabato prossimo.»

 Il biondo si passò una mano tra i capelli e con quella libera accarezzò con quanta lentezza possibile il mio fianco, come a voler ricordare le curve del mio corpo perfettamente anche dopo essersi allontanato. Il ragazzo dai tratti asiatici strinse le labbra carnose in una linea sottile e mi osservò.

«Scusa Breath, te lo riporto il prima possibile» Abbozzò un sorriso e io scossi la testa, come a volergli dire "Non ti preoccupare".

Seguii le loro figure eccessivamente alte allontanarsi verso la postazione di Luke lasciata momentaneamente scoperta. Mi voltai verso Kate, con l'intenzione di raggiungerla, ma la trovai intenta a consolare Michael. Decisi di lasciarli parlare un po' in privato, di lasciare che lui si sfogasse con lei per tornare a fidarsi un po' di più.


Camminai a tentoni nella folla che si era riversata nel Capannone dopo la fine del girone e, con lo sguardo, scovai Dylan con Wendy. I loro corpi erano tremendamente vicini e sebbene non ci fosse alcun contatto fisico giurai di vedere gli occhi di entrambi brillare sotto le luci tungstene della struttura per qualcosa di molto più forte di un riflesso. Mi ravvivai i capelli e assottigliai gli occhi per mettere maggiormente a fuoco la scena: Wendy e mio fratello, era quasi strano osservarli; li avevo sempre visti come due mondi troppo distanti per potersi incrociare, forse a causa del pessimo rapporto dell'ultimo periodo tra Ashton e Dylan.

«Quindi tu sei la famosa Breathily Raise» Ghignò una voce alle mie spalle. Tentai di collegarla a qualcuno di mia conoscenza, senza risultati. Mi voltai nella direzione dell'individuo a pochi centimetri da me e dovetti alzare lo sguardo per osservargli il volto: viso spigoloso, capelli castani in tinta con gli occhi coperti dalle palpebre pesanti, occhiaie eccessivamente calcate sulla pelle non troppo chiara.

«E tu sei...?» Domandai, incitandolo a presentarsi. Speravo vivamente di non averlo già incontrato in precedenza, e di non aver fatto un'enorme figura di merda. Ridacchiò e si scompigliò i capelli.

«Mi chiamo Finn dolcezza, sono il manager di Luke»

Quel viso così poco familiare, in quel momento, riuscì a riportare a galla alcune immagini sfocate: ricordavo di averlo visto numerose volte nei pressi della postazione del biondo, spesso impegnato in discussioni più o meno accese con numerosa gente. Mi aveva sempre incutito una sorta di timore: la figura alta e trasandata, l'andamento stanco e trascinato, la schiena ricurva e lo sguardo mai vispo.

Madness || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora