Capitolo 33.

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«Significava questo "distruggere i programmi"?» Domandai d'un tratto, puntando i talloni sull'asfalto. Luke si voltò nella mia direzione, fermandosi a sua volta.

«Camminare per la periferia di Silver Spring come se non ci conoscessimo? » 

Il biondo alzò le sopracciglia.

«Cosa dovrei fare? Portarti in braccio? » 

Strinsi le mani in due pugni: non ero la sua sigaretta da cinque minuti, non poteva accendermi e spegnermi a suo piacimento. Ero sempre stata testarda: dovevo sbattere la testa fino a farmi veramente male per capire la lezione. Avrei dovuto aspettare di rimanere gravemente emotivamente ferita, per dare un taglio a quella pagliacciata.

Mi guardai alle spalle: il Capannone era ancora visibile ed io ero ancora in tempo per fare marcia indietro.

«Smettila di giocare con me Luke. Cosa vuoi da me? Dimmelo una volta per tutte perchè io sono stanca! »

Anche nel buio della notte, squarciato dalle luci della città un po' morta, notai la sua mascella irrigidirsi. Mi stropicciai il volto con una mano.

«Prima mi baci, poi dici che non significa niente, poi urli che hai bisogno di me e poi ti fai vedere con altre persone. Non riesco a salvare me stessa, come posso salvare anche te se non sai nemmeno cosa vuoi? »

Il suo silenzio era irritante, perchè Luke sembrava in grado di sfogarsi solo sotto l'effetto della droga. Schiusi le labbra per concludere il mio monologo ma le richiusi un attimo dopo: era inutile, non avrei più sprecato fiato con lui. Gli rivolsi un veloce cenno prima di girare i tacchi e incamminarmi verso il Capannone, verso Dylan, verso Ashton.

Le sue braccia si avvolsero con possessività intorno al mio ventre, pressando la mia schiena contro il suo petto e impedendomi di proseguire.

Il suo naso vagava tra i miei capelli senza sembrarne infastidito.

«Non scappare di nuovo.» Mi pregò.

«Non lo so cosa voglio, merda, non lo so proprio. L'unica cosa che riesco a pensare è che se te ne vai io avrò bisogno di sniffare qualcosa, e non voglio dipendere così tanto da una sostanza.» 

Rimasi in silenzio, era il mio turno.

«Ma non voglio dipendere nemmeno così tanto da una persona. »

Il fiato mi si fermò in gola quando affiorì l'idea che quella persona potessi essere io. Lentamente le sue braccia abbandonarono il mio ventre e la sua mano scivolò lungo il mio braccio, per cercare la mia. Le sue dita si incastrarono con le mie, e mi tirò delicatamente nella direzione opposta.

Camminammo per molto tempo, spesso in silenzio, ma in maniera più complice, più presente; alzai lo sguardo dalla strada solo quando riconobbi il terriccio sotto le mie scarpe. Osservai il ragazzo al mio fianco e lui mi fece cenno di seguirlo, tirandomi ancora.

Era tarda notte e il parco vicino casa risultava silenzioso, morto e inquietante, ma c'era Luke;

il pericolo non ti può far paura se ti affianca, no? 

La sua mano abbandonò la mia e quando quel contatto venne a mancare boccheggiai alla ricerca di aria. Si avvicinò al murales. 

«So di aver ascoltato una storia che probabilmente non avrei dovuto scoprire » Cominciò spezzando il silenzio notturno e le sue dita tracciarono attentamente la grande M ricalcata in nero.

«Quindi ho deciso di ricambiare. Una storia per una storia »

Si accomodò sul terreno, con la schiena contro il muro e la scritta "Follow your inner moonlight. Don't hide the madness. " sulla testa. Mi dannai per essermi lasciata convincere ad indossare un tubino così scomodo proprio quella sera, così rimasi in piedi nonostante i continui cenni di Luke.

Madness || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora