Il ragazzo si accomodò sul divano e con gli occhi chiari mi pregò di fare la stessa cosa; non avevo idea del perchè fosse là, sentivo solo di dover pensare a qualcosa che non fosse Luke.
«Ascolta Breath, sono passato da casa tua perchè volevo chiederti una cosa importante» Le unghie raschiavano superficialmente il dorso della sua stessa mano.
Gli feci cenno di continuare, di esprimere i suoi dubbi e persino il suo respiro più profondo riecheggiò nel salone. Alcune vene spiccarono sulle sue braccia chiare ma non troppo.
«Va tutto bene con Hemmings?»
Mi morsi con forza l'interno della guancia: perchè gli interessava? Perchè doveva farmi ancora più male?
«Non vedo perchè debba dirlo a te» Ammisi, cercando di apparire il più velenosa possibile; avevo paura che Ashton riuscisse nuovamente a infiltrarsi nella mia vita, a rubarsi un'altra parte di me che mi serviva in quel momento più che mai. Mi stavo perdendo e nemmeno me ne rendevo conto.
Si passò una mano tra i ricci.
«Hai ragione, ma sono preoccupato per te, Breath. Luke mi sembra strano in questi giorni»
Assottigliai gli occhi, non riuscendo a nascondere la forte curiosità che aveva attirato in me.
«Strano del tipo?»
«E' sempre per strada e spesso litiga con la gente. Lo hanno cacciato dallo Speed l'ultima volta» Si morse il labbro inferiore prima di continuare.
«So di averti fatto male Breath, me ne pento ogni giorno e non smetterò mai di chiederti scusa, ma non ce la faccio a vederti con lui, non ce la faccio a lasciare che ti distrugga»I suoi occhi ricchi di sfaccettature chiesero pietà, di lui, di me, e io fui costretta ad abbassare lo sguardo sulle mie ginocchia. Ashton allungò una mano verso la mia coscia ma la ritrasse subito dopo.
«Perchè tu lo sai che ti sta distruggendo, vero?» Domandò con voce più flebile e infantile, come se al suo fianco non ci fosse più una diciassettenne ma un'innocente bambina di cinque anni.
Certo che lo sapevo: mi ero resa conto fin dal principio che la pazzia di Luke stesse lentamente consumando la mia persona. Ero consapevole di essere diventata qualcun altro restando al suo fianco, qualcuno di peggiore, ma la cosa più brutta era che tutto ciò non mi metteva a disagio, non più. Luke era stata la distruzione più bella della mia vita.
«Sto bene così» Decisi quindi di rispondere, optando per una mezza verità.Il ragazzo si tirò i ricci e scuotette con vigore la testa, contrariato dalla mia risposta.
«Qualunque cosa ci sia tra di voi, Breath, ti fa male. Te l'ho detto: in questi giorni è perennemente ricoperto di lividi e voglio che tu ne rimanga fuori prima che sia troppo tardi.»
Tutto di Ashton mi voleva spingere a scappare via, molto probabilmente con lui: lo sguardo spaventato, il suo gesticolare nervoso, la mascella serrata, i vestiti ancora zuppi di pioggia pur di avvisarmi. Tutto, però, mi riportava contemporaneamente a Luke: lui che gli occhi di un cerbiatto spaventato non li mostrava mai; lui che invece di gesticolare si limitava ad affondare le mani nelle tasche e a respirare affondo; lui che se ne sbatteva degli altri e correva sotto la pioggia solo per se stesso. L'unica cosa in grado di accomunarli, forse, era la mascella serrata nei momenti peggiori e la vena sul collo fin troppo evidente.
«Se hai finito adesso puoi andartene» Dissi poco convinta. Il rumore della pioggia che batteva sui vetri riecheggiava per il salone silenzioso, ma l'idea di farlo tornare sotto la pioggia non mi dispiaceva. Ashton sospirò e si alzò dal divano, aggiustando i cuscini precedentemente schiacciati dal suo peso; ero a un passo dal dirgli che non importava, che poteva lasciarli così, ma poi mi ritrovai a notare quanto fosse adorabile con quel cipiglio sul volto mentre, con le mani grandi, cercava di sistemare tutto e di non lasciare traccia del suo passaggio.